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Chicco Ravaglia per sempre

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Ogni tanto, nel mio mestiere, può capitare di fare qualcosa di bello. O quanto meno, qualcosa che dà davvero soddisfazione. E non parlo di cosiddetti "buchi", di notizie azzeccate o mancate, di quotidiano inventare e costruire. Parlo di cose che ti fanno sentire meglio. Come se quello che fai avesse un senso, come se una pagina di giornale valesse più di quello che effettivamente vale. Ogni tanto, la cronaca quotidiana segna il passo. Come adesso, durante le ferie. Meno campionati, meno partite la domenica, idee da farsi venire per riempire comunque le pagine. Forse questa volta me ne è venuta una meno banale di altre. Oggi ho dedicato una pagina al ricordo di un amico, di un talento, di un ragazzo che sembrava baciato dalla buona sorte e invece una notte di nove anni fa si è trovato di fronte il destino, venuto a riprendersi tutto in un attimo. Ho pensato a Chicco Ravaglia , al vuoto che ha lasciato dentro e fuori i parquet, al suo sorriso che nessuno di quelli che l’hanno i

Have yourself a Merry Little Christmas

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Have yourself a merry little Christmas Let your heart be light From now on our troubles will be out of sight Have yourself a merry little Christmas Make the Yule-tide gay From now on, our troubles will be miles away Here we are as in olden days Happy golden days of yore Faithful friends who are dear to us Gather near to us once more. Through the years We all will be together If the Fates allow Hang a shining star upon the highest bough. And have yourself A merry little Christmas now

I "dimenticati" di Steinbeck

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Un ricordo di John Steinbeck , che se ne andò esattamente quarant'anni fa, il 20 dicembre 1968. Intenso, dal punto di vista personale, perché è stato il classico autore “di formazione”, come si dice, e senz'altro il primo di cui io conservi memoria piena. La lettura, breve e intensa, de “La Perla”, affrontata in seconda media grazie a un'insegnante di lettere che sapeva davvero alimentare la voglia di leggere, di approfondire, di capire (Marcella Caudarella, una delle guide insostituibili della mia vita), fu la scoperta di un mondo, di una letteratura, di una strada da seguire. Nella storia tragica di Kino, del suo tesoro sfavillante e inutile, c'era molto più di una storia. C'era un sentiero che mi indicava su quale via proseguire, da che parte stare. John Steinbeck. Dimenticato, e per molti superato. Profondo, etico, intenso. Cantore degli spiantati, dei derelitti di “Vicolo Cannery” e dei picari senzafuturo di “Pian della Tortilla” . Il dolore dei poveri, le fe

Un mondo pieno di nuvole

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Vanno vengono ogni tanto si fermano e quando si fermano sono nere come il corvo sembra che ti guardano con malocchio Certe volte sono bianche e corrono e prendono la forma dell’airone o della pecora o di qualche altra bestia ma questo lo vedono meglio i bambini che giocano a corrergli dietro per tanti metri Certe volte ti avvisano con rumore prima di arrivare e la terra si trema e gli animali si stanno zitti certe volte ti avvisano con rumore Vanno vengono ritornano e magari si fermano tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai Vanno vengono per una vera mille sono finte e si mettono li tra noi e il cielo per lasciarci soltanto una voglia di pioggia Fabrizio De Andrè

L'Italia del 12 dicembre

"Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre L'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre" Francesco De Gregori Trentanove anni fa. Ne avevo nove, e quel 12 dicembre, con le immagini in bianconero che uscivano dal televisore sempre acceso a un ritmo insolito per gli occhi e la mente di un bimbo, per me fu la perdita dell'innocenza. Capii che accanto al bene, agli affetti, ai sentimenti, c'erano anche il male, il dolore, il buio. Quella sera, e per molte sere dopo, faticai ad addormentarmi. L'Italia smarrì la rotta a Piazza Fontana. Che ci fosse il male i grandi lo sapevano, ma il male venne nascosto anche a loro. Per anni. Oggi molto si sa (mandanti, ideologie, esecutori), ma restano le zone d'ombra. In questa e in tutte le tragedie collettive della nostra storia. E in questa come nelle altre, prima (Vajont) e dopo, la sensazione che il male sia riuscito in un modo o nell'altro a farla franca. Che i buoni non abbiano vinto, e siano anzi

Una serata coi campioni

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Fare un libro può essere anche un'occasione per rivedere tanti amici. Mi è successo ieri sera alla Libreria Irnerio, alla presentazione de “la Voce del Campione”, la mia strenna natalizia. Una settantina di persone, a occhio. Tanti che hanno risposto al mio invito, e mi hanno scaldato il cuore. Bello, davvero. E c'erano anche loro. I campioni. Hanno raccontato scampoli di quelle vite da atleti che ho voluto nel libro, perché quando incrocio qualcosa di bello mi viene sempre voglia di fissarlo nella memoria e nelle parole, sperando che non vada perduto. Ringraziamenti, allora. A tutti quelli che c'erano, amici di corsa, di vita, di lavoro, di famiglia. A Gianfranco Civolani e Alberto Bortolotti, che mi hanno aperto la strada rendendola lieve. A Marino Bartoletti,che da direttore mi ha insegnato molto e ieri ha parlato da amico vero. A Giorgio “Matitaccia” Serra per quella allegrissima copertina. A Renato Rizzoli, per la presentazione, la presenza, l'amicizia. A Sergio,

I miei campioni alla libreria Irnerio

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Questa sera presento i "miei" campioni alla libreria Irnerio, in via Irnerio 27. Si inizia alle 18, senza troppo ritardo accademico. Ci saranno il mitico Civ, al secolo Gianfranco Civolani che mi ha regalato una bella prefazione (" Venticinque storie di sogni accarezzati e realizzati. Venticinque storie che ci fanno sentire tutti più giovani, storie di vecchi fusti che hanno allietato le mie, le nostre e le vostre giovinezze"... bello, no?) e Alberto Bortolotti. E alcuni di quei venticinque: certamente Mauro Checcoli, Giordano Turrini, Giorgio Longhi, Achille Canna, don Arturo Bergamaschi, Federico Girasole, se potranno Renato Villalta, Gigi Serafini, Ennio Mattarelli, Venuste Niyongabo e staremo a vedere chi altri. Aspetto gli amici, quelli che non sono partiti per il ponte dell'Immacolata. E chi avrà voglia di ascoltare belle storie dalla voce dei loro protagonisti.

Basta chiudere gli occhi

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Stanotte ho sentito un grande boato sembrava una bomba chissà... mi ha fatto paura, la casa ha tremato e ha tremato l’intera città La gente per strada, la gente scappava… Non era una bomba quel grande boato ma un tuono lontano laggiù tu questo hai sentito di certo hai sbagliato sono grande, ne so un po’ di più La gente per strada, la gente ballava… Certe volte Miguel certe volte Miguel questo mondo può farti paura per fortuna, Miguel non è il solo che c’è basta chiudere gli occhi Stanotte li ho visti gli aerei nel cielo sfrecciare più in alto e più su non so se era un gioco, oppure era vero ma vorrei non tornassero più La gente per strada, la gente scappava… Stanotte non c’erano aerei nel cielo ma sciami di stelle lassù è questo che hai visto, che hai visto davvero tante stelle giocare nel blu La gente per strada, la gente danzava… Certe volte Miguel certe volte Miguel questo mondo può farti paura per fortuna, Miguel non è il solo che c’è basta chiudere gli occhi Piero Marras

Confessioni di un poeta

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CONFESSO Io confesso che non ho fatto la guerra ed ho parlato alla gente come se fossi un eroe. Confesso: ho parlato per anni perché qualcuno capisse quello che sento. Stasera ti confesso che sono entrato in un porto ed ho cercato una nave che mi portasse lontano. Non voglio più vedere le cose che mi hanno fatto sentire questo silenzio. E sappi che per me passerai la vita così ad aspettare. Stasera ti confesso: non ci capisco più niente, io voglio solo dormire per non vedere nessuno. È tardi per pensare all'amore e per andare sui monti a parlare col sole di noi due e per svegliarsi al mattino con la pace nel cuore. Piero Ciampi

Vi racconto i miei campioni

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Quest'anno ho esagerato. Tre uscite. A maggio “Semplicemente Magnifico”, biografia di Walter Magnifico. Era nel cassetto da anni, un tributo a un amico vero che andava solo rispolverato un po'. Poi, l'instant book sulla promozione del Bologna, assemblato in due giorni e uscito in sette. Un record, e per di più direi un bel libro: merito degli scatti dei fotografi bolognesi (Rebeschini, Sgamelotti, Schicchi, Giuliani, Puggioli) e del lavoro dei colleghi che mi hanno messo a disposizione i loro testi. Ora, finalmente, i miei campioni. Lunghe interviste nate sulle pagine del quotidiano per cui lavoro, a cui ho aggiunto quelle raccolte in questi mesi, con un'idea che il mio editore ha subito raccolto e condiviso. Ringraziamenti: a Giorgio "Matitaccia" Serra per lo splendido disegno di copertina, a Civ per la prefazione alla sua maniera, a Renato Rizzoli per le parole d'amicizia, alla passione che guida la comunità di Minerva. Così, diventa il quinto libro. Il

Cristo, secondo Piero Ciampi

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CRISTO TRA I CHITARRISTI È un uomo che vive di foreste d'aria piena di voli d'aquile, conquista vette e tocca il sole, lui beve neve, parla alle stelle e spazia il tempo. Corre, anela, sta. Devia i ruscelli, veglia e sonno è tutto un sogno è un uomo solo e senza armi. Un pomeriggio su una salita perse la vita. Più niente in quel lungo silenzio turbava la mia anima esperta. Un coro di chitarre infelici cantava per disperdere l'odio. Sopra una collina era il più alto, il più bello, irraggiungibile. Ai suoi piedi c'era il deserto, ormai la folla si era saziata con le preghiere. Là c'è sempre un Uomo in verticale che non tocca mai la terra, talvolta scende da una croce ma dopo poco su una salita sconosciuta perde la vita. Un concerto di chitarre arriva e suona molto amaro. Anche stasera da qualche parte c'è qualche Cristo che sale stanco e senza scampo una salita. Piero Ciampi

Canto per Zatopek

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Un corridore deve correre con i sogni nel cuore, non con i soldi nel portafogli Emil Zatopek Zatopek. Quella corsa senza grazia, di fatica. Perché la corsa è fatica, è struggimento, è il dolore della soglia da superare. E chi dice che si diverte e basta, mente. Zatopek. Lavorava in fabbrica, da ragazzo. Mai stato interessato alla corsa. Lo iscrissero a una gara sociale. Si interessò. A modo suo. Con la cultura del lavoro, che è l'unica che paga nell'atletica. Perché nell'atletica non si incanta: lo dicono i numeri, i tempi, se hai le gambe buone. A meno che, certo, uno non scelga scorciatoie. Lui no. Sceglieva i chilometri. Tanti, tutti i giorni. Zatopek. Uscì alla ribalta internazionale nel 1948, ai Giochi Olimpici di Londra. Primo nei 10.000, secondo nei 5.000 dietro a Gaston Reiff. Quattro anni dopo, a Helsinki, il capolavoro. Oro nei 5.000, oro nei 10.000. E oro, qualche giorno dopo, nella maratona. La sua prima maratona. Aveva deciso di correrla all'ultimo momento

Angelo, che ci ha insegnato a volare

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Bisognerebbe evitare che la polvere del tempo coprisse la memoria di uomini come Angelo D’Arrigo . Uno della mia generazione, che era riuscito a trasformare in realtà il grande sogno della mia generazione. Volare. Non per sentirsi libero: per esserlo. Proprio così, se devo pensare a un uomo veramente libero, penso ad Angelo. Alle sue avventure, ai suoi record che non erano mai vittorie contro gli altri, ma per gli altri. Sfide personali che diventavano patrimonio di tutti. E penso a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo davvero, al grande vuoto e insieme alla grande ricchezza che ha lasciato. Volatore, sognatore. Atleta, scienziato, viaggiatore, navigatore dei cieli, poeta. Laureato all’Università dello Sport di Parigi, istruttore di volo libero, deltaplano e parapendio, maestro di sci e guida alpina, scelse di vivere delle sue passioni. Una vita in movimento, a cielo aperto, a contatto con la natura. Intorno ai trent’anni era già stato campione del mondo di volo libero, ma i trionf

Se un poeta chiama

Ancora Paolo Bertolani , poeta. Mai come ora lo sento vicino all'anima. Comincio a cadere dentro gli anni che sono tanti e pieni di falle di troppi fatti sulle spalle. Cominciano ad arrivare delle paure, delle cose sbieche, mi tremano negli occhi, non ci dormo. Ma almeno voi, amici, me la darete una mano A scendere le scale A attraversare? (Paolo Bertolani)

Gli ottant'anni del "prete-alpinista"

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Don Arturo Bergamaschi è un personaggio unico. Occhi di un azzurro intenso, da ragazzino curioso della vita. E lo è, un ragazzino, perché le ottanta primavere che si carica ogni giorno sulle spalle sembrano leggerissime, portate da lui. Attraversa Bologna in bicicletta pianificando il prossimo viaggio, la prossima avventura che lo porterà una volta di più verso Oriente, verso mondi e popoli che restano lontani, anche in tempi di comunità cosiddetta globale, verso le sue montagne. L'8 novembre don Arturo ha festeggiato il traguardo degli "ottanta" tra gli amici con una storia in più da raccontare. Il viaggio dello scorso ottobre, 32 giorni tra Cina, Tibet e Nepal. Il mio regalo di compleanno è stato questo articolo sul "Domani". Poca cosa, buona appena per ringraziarlo dell'esempio che dà a chi gli sta intorno. OTTANT'ANNI AD ALTA QUOTA di Marco Tarozzi Guarda sempre verso l’alto, verso le sue montagne infinite, don Arturo Bergamaschi . Anche adesso che

Forse possiamo davvero

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Buonasera Chicago! Se c’è ancora qualcuno là fuori che dubita del fatto che l’America sia il posto dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Padri sia vivo oggi, che ancora si interroga sul potere della nostra democrazia, stasera ecco la risposta. E’ la risposta che hanno dato le file davanti le scuole e le chiese, mai così lunghe nella storia di questo paese, fatte da gente che ha atteso tre ore, quattro ore, molti per la prima volta nella loro vita, perché credevano che questa volta poteva essere diverso, e che la loro voce poteva essere quella differenza. E’ la risposta data da giovani e vecchi, ricchi e poveri, Democratici e Repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili. Americani, che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati solo un insieme di individui o un insieme di stati rossi e stati blu. Noi siamo, e sempre saremo, gli Stati Uniti d’America. E’ la risposta che ha guidato

Candidato Sindaco, sono un "Over 40"

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A Bologna ci saranno le primarie del Pd per decidere chi dovrà correre alla carica di Sindaco della città. Democratico, appunto. Proprio ieri, uno dei quattro candidati ha fatto sapere che se toccherà a lui, per prima cosa farà piazza pulita dei vecchi assessori. Legittimo. E ha aggiunto che la sua giunta sarà composta da “Under 40”. Giovanilistico. Un po' di conti. Allora: rischio il posto di lavoro per scelte altrui, non sto ora a discutere sul perché e per chi. Certo, non a causa mia, questo me lo concedo. Ho quarantotto (48) anni, una certa esperienza del lavoro che faccio, la curiosità che occorre per guardare ancora avanti e non fare bilanci. Ma evidentemente sono nato nel momento sbagliato. Faccio parte della generazione sbagliata. Non abbastanza vecchio per essere riconosciuto “senatore” della società, non abbastanza giovane per fare l'assessore, e chissà cos'altro, nella vita. Mi turbano queste “barriere” ideologiche. Ho nostalgia di una società che riconosceva nei

Irish aspetta sempre la sua bici

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SIGNORE, GUARDAMI, IO SONO IRISH (Riccardo Mannerini) Signore, sono qui, io sono Irish quello che non ha la bicicletta. Tu lo sai che lavoro dai Lancaster e che, a sera, le mie reni non cantano. Mi hai date tante cose belle e il mio cuore le ha viste volentieri: i boschi, le rose, la fratta, i piccoli stagni dei cieli e la notte le labbra di Ester i suoi seni quei suoi impossibili occhi il sonno, il risveglio, il rumore del fiume, l’odore dei legni duri O mio Signore, purtroppo c’è qualcosa che non va! Io che lavoro dai Lancaster dormo e mangio a trenta miglia dalla chiesa di padre Enrico Come posso, o Signore, santificare il tuo giorno? I camion sono fermi, le auto non passano ed io nel tuo giorno sono stanco, Signore. Trenta miglia più trenta sono troppe a piedi ed Irish, tu ricordi Signore, non ha la bicicletta. I passeri, gli scoiattoli, le lepri gioiscono nel tuo giorno, io no Non so più se io sono tuo figlio: in quel giorno non vengo alla tua casa, io non ti onoro; come posso fa

Ho bisogno delle mie scarpe volanti...

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Days full of rain Skys comin' down again I get so tired Of these same old blues Same old song Baby, it won't be long 'fore I be tyin' on My flyin' shoes Flyin' shoes Till I be tyin' on My flyin' shoes Spring only sighed Summer had to be satisfied Fall is a feelin' that I just can't lose. I'd like to stay Maybe watch a winter day Turn the green water To white and blue Flyin' shoes Flyin' shoes Till I be tyin' on My flyin' shoes The mountain moon Forever sets too soon Bein' alone is all the hills can do Alone and then Her silver sails again And they will follow In their flyin' shoes Flyin' shoes They will follow in their Flyin' shoes Days full of rain Skys comin' down again I get so tired Of the same old blues Same old song Baby, it won't be long Till I be tyin' on My flyin' shoes Flyin' shoes Till I be tyin' on My flyin' shoes (Townes Van Zandt)

Kammerlander, il mito tranquillo

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Ultimamente, mi è capitato per mestiere (le poche cose belle rimaste del mestiere) di avere a che fare con uomini un po' fuori del comune. Parliamo di sport, naturale, ma lungo il cammino si finisce sempre con lo spostare l'angolo visuale. Meglio: allargare. E' successo con Hans Kammerlander , incontrato per un guizzo (ancora, raramente, mi succede) a Campo Tures. In vacanza, mi è sembrato potesse uscirne un buon pezzo sul suo rapporto con la corsa, da proporre a Runner's World. Contatto, appuntamento, intervista. Andata. Ma è rimasto qualcosa dentro, come succede quando ti trovi di fronte un tipo tranquillo che con semplicità ti racconta la sua filosofia di vita. Uno che ha scalato tredici dei quattordici Ottomila della terra, rinunciando all'ultimo per una questione etica. La corsa è il pretesto. Ma si parla anche di paura, di fatica della conquista, di senso della perdita. Di cime himalaiane, alzando gli occhi sulle cime incantate che avvolgono la Val di Tures e

Ricordando Malinowski

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Avanti così, allora, se il mio amico Abu Seba mi colpisce dritto al cuore commentando la foto del Pre italiano, con Fava e Dixon, e dandomi l'assist con la citazione di Malinowski. Altra storia finita drammaticamente, purtroppo, e con un epilogo simile a quello di Steve Prefontaine. Bronislaw Malinowski era uno di quelli che amavo, prima di tutto perché quando correvo avevo un fisico molto simile al suo. Cioè, costituzione notevole e gambe che erano il doppo di quelle di un keniano. No, non come adesso: ero magro (67 chili, accidenti...), ma di muscolatura robusta. E per questo mi appassionavo di mezzofondisti così, come Malinowski e De Castella. Che davano un'impressione di potenza. Polacco di Nowe, classe 1951 proprio come Pre, specialista dei 3000 siepi. A Monaco '72 stupì il mondo con un quarto posto in quella gara: altra straordinaria coincidenza, anche Prefontaine fu quarto nei 5000 metri. Quattro anni più tardi, a Montreal (Pre non c'era più, purtroppo) andò a p

Aspettare l'alba dalla parte sbagliata...

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Dovevo nascere cent'anni fa, nel 1848. Le barricate a Lipsia, a ventidue anni avevo già fatto la comune di Parigi. Adesso, impiegato parastatale. Con tutti i colleghi che passano tutte le ferie a seguire tutti i festival dell’Unità con i balletti della Moldavia e le ciocie importate dall’Ungheria. Gino Paoli, Pinocchio, Mike Bongiorno, Marylin Monroe, Altafini, Gianni Morandi, Gianni Rivera hanno avuto una funzione negli anni 60. Ma che stiamo facendo? Ma che sta succedendo? Ma quando vedremo il sole? Sto male. C’ho pure freddo. (Ecce Bombo)

Acido Lattico a Melbooks

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Domani a Bologna sbarca "Acido Lattico". Ore 18, libreria Melbook di via Rizzoli. Pubblicità non per me stesso (vero, sono in pista con Saverio Fattori , l'autore, e Mario Lega, ma non è motivo di interesse), quanto per il romanzo di Saverio, e per la sua vena intensa e innovativa. E' un "noir" sull'atletica, e dunque chi vive, ama, in qualche modo sfiora le cose d'atletica dovrebbe esserci. Ma sarebbe riduttivo "fare casta": è una storia avvincente (vincente), scritta da uno che le storie le sa tenere per mano. Da leggere tutti, anche chi sta alla larga da piste e pedane.

God save Drugo

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Volevo farlo, prima o poi. Senza particolari motivi. Allora, un giorno vale l'altro. Lunga vita al vecchio Drugo , ovunque sia... Nel lontano ovest conoscevo un tipo, un tipo di cui voglio parlarvi. Si chiamava Jeffrey Lebowski, o almeno cosi l'avevano chiamato gli amorevoli genitori, ma lui non se ne serviva più di tanto. Jeffrey Lebowski si faceva chiamare "il Drugo". Già, Drugo! Dalle mie parti nessuno si farebbe chiamare cosi. Del resto, con Drugo, erano parecchie le cose che non mi quadravano, e lo stesso vale per la città in cui viveva... Però forse è proprio per questo che trovavo tanto interessante quel posto. La chiamavano "Los Angeles", la città degli angeli. A me non sembrava che il nome le si addicesse molto, anche se devo ammettere che c'era parecchia gente simpatica. Certo, non ho mai visto Londra, e non sono mai stato in Francia, e non ho neanche mai visto la regina in mutande, come dicono alcuni, però posso dirvi una cosa: dopo aver visto

Hold on, Jackson!

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Non è che mi fossi scordato, ma non c'è stato il tempo. Però è successo. Il 9 ottobre, Jackson Browne ne ha fatti sessanta. Festeggerà passando anche per Bologna, e ci sarò perché mi ha dato delle emozioni. E' uno che non molla. Entra tra i vecchiacci durascorza come Neil Young, come Van Morrison. Per dire, scrive ancora cose così (che dalle sue parti non piacciono a chi guida la baracca...) Lives In The Balance I've been waiting for something to happen For a week or a month or a year With the blood in the ink of the headlines And the sound of the crowd in my ear You might ask what it takes to remember When you know that you've seen it before Where a government lies to a people And a country is drifting to war And there's a shadow on the faces Of the men who send the guns To the wars that are fought in places Where their business interest runs On the radio talk shows and the T.V. You hear one thing again and again How the U.S.A. stands for freedom And we come to th

Happy Days (?)

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Sunday, Monday, Happy Days. Tuesday, Wednesday, Happy Days. Thursday, Friday, Happy Days. The weekend comes, my cycle hums, ready to race to you. These days are ours. Happy and free. (Oh Happy Days). These days are ours. Share them with me. (Oh Baby). Goodbye gray skies, Hello Blue 'cause nothing can hold me when I hold you. Feels so right, it can't be wrong. Rockin' and rollin' all week long.

L'Italia di Prefontaine

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Ed ecco, come promesso, la “chicca” sul Prefontaine italiano, E' un regalo personale di Franco Fava , grande collega e prima ancora grande “pioniere” del mezzofondo e della maratona azzurra. Uno di quei “moschettieri” baffuti e dai lunghi capelli di cui parla Saverio Fattori nel suo post, e che sono l'icona del nostro mezzofondo negli anni Settanta. Immagini a cui si sono ispirati i ragazzi dell'atletica della mia generazione. Dunque, la foto. Doveva finire sul libro “La leggenda del re corridore”, che poi è diventato pura biografia, senza iconografia a parte la copertina. E' rimasta nel mio archivio, ed è una splendida testimonianza del viaggio di Pre in Italia, l'anno prima della tragica fine. Milano, meeting internazionale all'Arena, 2 luglio 1974. Nella foto, da sinistra, ecco Steve Prefontaine con la canotta “Norditalia”, regalatagli dai ragazzi della mitica Pro Patria di Beppe Mastropasqua. Al centro, canotta Phila, c'è proprio Franco Fava. Sulla de

"Acido Lattico" incontra Steve Prefontaine

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Grazie (in ritardo) a Saverio Fattori , talento di scrittore che neppure le brume della Bassa bolognese riescono a nascondere. Ci ha regalato tre gemme preziose ("Alienazioni Padane" , "Chi ha ucciso i Talk Talk" e il recente "Acido Lattico" ), grazie anche al coraggio e alla lungimiranza della sua casa editrice, Gaffi Editore. Ammiro quello che scrive, e dunque mi fa felice sapere che ha apprezzato "La leggenda del re corridore" , la mia biografia su Steve Prefontaine . Di più: mi dà gioia l’idea di aver conquistato un nuovo adepto alla causa del Pre. Quando ho scritto quel libro, l’ho fatto per coronare un lungo sogno personale. Non immaginavo neppure che il "popolo di Pre" fosse così numeroso anche in Italia. Prima o poi, dovremmo fondare un club intitolato a quel ragazzo, e al suo modo sempre coerente e mai arrendevole di vivere. Con Marco Marchei , direttore di "Runner's World Italia" e carissimo amico, ne parliamo

Ma dove è finito Thom Jones?

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Mi manca Thom Jones . Vorrei chiedere a Minimum Fax, suo editore italiano, che fine ha fatto lo scrittore che nel ’93, a quarantotto anni, realizzò il suo personalissimo sogno americano, e il sogno di chiunque abbia racconti o storie nel cassetto. In tre ore, nello stesso giorno, la sua agente lo avvertì che aveva venduto altrettanti racconti. Non a clienti qualsiasi. Uno al "New Yorker", uno ad "Harper’s" e uno a "Esquire". E lui, per rispondere al telefono una, due, tre volte, finì con l’arrivare tardi sul posto di lavoro. Thom Jones faceva il bidello, e ha continuato a farlo. "Candida Donadio, che era la mia agente, ha scelto un mio racconto che le piaceva e l’ha mandato al "New Yorker". Una settimana dopo stavo per andare al lavoro – facevo il turno di pomeriggio, stavo pranzando – quando ha squillato il telefono. Era Candida. Aveva una voce splendida, Candida: bassa e profonda. Mi ha detto che "Harper’s" aveva comprato "

Paul, ciao e grazie

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Addio Paul. E addio Rocky Graziano, Ben Quick, Brick, Ari Ben Coonan, Eddie Felson (lo Svelto), Chance Wayne, Hud Bannon (il Selvaggio), Nick "Manofredda" Jackson, Butch Cassidy, Hank Stamper, Henry Gondorff, William Cody (Buffalo Bill), Reggie Dunlop, judge Roy Bean, Essex, Frank Galvin, Walter Bridge, Sidney Mussburger, Sully Sulliv, John Rooney. Eri l'America che ho amato

Bolognesi nel deserto

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Sono entrato in tema di atletica, e figurarsi se non ci resto. Un amico mi ha proposto di raccontare qualche storia di mezzofondo bolognese anni Ottanta e l'idea mi piace. Cercherò prima qualche foto d'archivio, e la collaborazione della community trasversale Cus-Acquadèla che è più che mai viva e vegeta, anche se gli anni passano inesorabili... Oggi, piuttosto, parlo di maratona. Anzi, la voce esatta sarebbe: “Maratona, bolognesi innamorati di...”. Ma non sono quelli di cui si parla una volta all'anno, in partenza per New York con una missione da compiere, un decennio in più da festeggiare o un messaggio da lanciare al mondo. Non sono vip conquistati dalla corsa. Questi sono maratoneti che si infilano nel deserto per portare sollievo e aiuto concreto a chi nel deserto ci vive. E non vivono quella realtà solo per il tempo di una gara. Gente come il mio amico Leo Rambaldi , che l'atletica la pratica da tempi non sospetti (ah, Leo, chi ci ridarà quei fondi medi consumati