Ma dove è finito Thom Jones?



Mi manca Thom Jones. Vorrei chiedere a Minimum Fax, suo editore italiano, che fine ha fatto lo scrittore che nel ’93, a quarantotto anni, realizzò il suo personalissimo sogno americano, e il sogno di chiunque abbia racconti o storie nel cassetto. In tre ore, nello stesso giorno, la sua agente lo avvertì che aveva venduto altrettanti racconti. Non a clienti qualsiasi. Uno al "New Yorker", uno ad "Harper’s" e uno a "Esquire". E lui, per rispondere al telefono una, due, tre volte, finì con l’arrivare tardi sul posto di lavoro. Thom Jones faceva il bidello, e ha continuato a farlo.



"Candida Donadio, che era la mia agente, ha scelto un mio racconto che le piaceva e l’ha mandato al "New Yorker". Una settimana dopo stavo per andare al lavoro – facevo il turno di pomeriggio, stavo pranzando – quando ha squillato il telefono. Era Candida. Aveva una voce splendida, Candida: bassa e profonda. Mi ha detto che "Harper’s" aveva comprato "Voglio vivere!" Abbiamo parlato per una mezz’oretta, poi ho detto che dovevo andare, sennò facevo tardi. Proprio mentre finivo di mangiare mi richiama. Il "New Yorker" aveva comprato "Un cavallo bianco"! Niente male, no? Ci facciamo due risate, e mentre sto uscendo dalla porta squilla il telefono un’altra volta. Era Candida. Mi fa: "Sono trent’anni che faccio questo lavoro ed è la prima volta che vedo una cosa del genere". "Esquire" aveva comprato "Wipeout". Tre in un giorno. Un’ora dopo ero al lavoro che passavo la lucidatrice nelle classi. E mi fecero anche un culo così perché ero arrivato tardi".




Questo è Thom Jones. Cresciuto ad Aurora, piccola città nei dintorni di Chicago, ex marine, ex pugile dilettante. Una rara forma di epilessia gli ha fatto conoscere i reparti psichiatrici degli ospedali. Ha seguito corsi di scrittura creativa alla Iowa University, dove ha conosciuto Ray Carver. E’ diventato un caso letterario in America, ma ha continuato a fare il bidello perché "è il miglior lavoro possibile, se vuoi fare lo scrittore". Ha scritto di disperati della vita, di uomini e donne alla deriva, di ex pugili poco combattivi ed ex soldati pieni di paranoie, di medici imbottiti di psicofarmaci. Ha pubblicato tre raccolte di "shorts stories": "Il pugile a riposo", "Sonny Liston era mio amico", "Ondata di freddo". Ha scritto un racconto, "Voglio vivere", che da solo basta a riservargli un posto tra i grandi. Mi ha fatto sognare e adesso tace da cinque lunghi anni. Spero li abbia passati a scrivere.





"Sono sempre stato un gran lettore. Ma leggevo troppo in fretta. Mi finivo i libri in un giorno o due. C’erano libri che mi davano informazioni generali su un sacco di cose che mi interessavano, e c’erano quei libri meravigliosi che ti salvano la vita, o te la cambiano. Libri che mi trasportavano lontano da Aurora, la cittadina dell’Illinois dove abitavo. Pensavo che fosse una cosa stupenda e mi chiedevo che prezzo pagavano i vari scrittori per riuscire a fare una cosa del genere. Speravo che un giorno sarei stato capace di fare lo stesso anch’io. Le più belle lettere di complimenti che ricevo sono quelle che dicono: "Grazie, quello che scrivi mi ha toccato il cuore, è bellissimo". Fra parentesi, ho anche notato che un sacco di lettere me le scrivono dagli ospedali psichiatrici... ma io mi chiedo, possibile che i manicomi abbiano l’abbonamento al "New Yorker"? Ad ogni modo, sì, ho sempre desiderato di fare lo scrittore. Ciascuno di noi ha un dono. Certi sanno riparare le macchine, certi hanno il pollice verde, certi sanno scrivere".

Commenti

marco sangiacomo ha detto…
Anch'io stasera mi ponevo ancora una volta la stessa domanda. Perché sarebbe bello avere tra le mani una nuova raccolta di storie di Thom Jones per cominciare bene l'anno. Va beh

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