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Visualizzazione dei post da 2012

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Pà, è passata una macchina sotto casa che dovevi vedere... Stesso modello, stesso colore, stessa ammaccatura, più o meno nello stesso punto. Per un momento ho pensato che fossi passato a prendermi per il nostro pranzo settimanale volante nel ristorante al neon dei compagni dell'Arci. Poche parole non abbastanza per capirci ma sufficienti per tenere in qualche modo a galla le nostre vite. Ma è impossibile rifare la realtà, dicono. Hai una sola corsa e ti registrano in diretta. Pà, semplicemente chissà se ne riparleremo un giorno. Ci sta se hai una fede, un astro in cui credere, qualche certezza. Vedi di star bene, dove stai.  

Godersi la gita

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Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati.  (Philip Roth, "Pastorale americana")

Sentirsi Truman

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Ormai è uno show. Un Grande Fratello globale. Cantanti impegnati che indicano la via, cantanti disimpegnati che ci strimpellano sopra. Gente che si incazza e dà la colpa al mondo per il proprio fallimento, non avendo spessore né carattere. Tutti contro tutti, e più nessuna voglia di ascoltare, di dialogare. “La misura è colma”, sì. Ma “la misura è colma” è anche una giustificazione alla nostra incapacità di essere vivi, veri, alla nostra vanità. Potremmo cambiare davvero le cose, se solo uscissimo tra la gente e non affidassimo le nostre invettive alla tastiera di un computer, a facebook o a 140 stupidi caratteri di twitter, restando comodi di là dallo schermo. Potremmo cambiare prima dentro noi stessi, poi tutti insieme. Migliaia di mondi che si incontrano e fanno un mondo. Ma ormai siamo soli anche dentro noi stessi. E cerchiamo qualcuno che pensi anche per noi. Con la sua testa, purché ci risparmi il problema o faccia finta che il suo pensiero sia anche il nostro. Non ho b

Chiedo scusa a mio figlio

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    Chiedo scusa a mio figlio. Per averlo messo al mondo in un paese che non sa più dove andare e non sa più essere un Paese. Spero sia abbastanza intelligente e sveglio da sopportare il mio malessere culturale e professionale, e da capirlo. E che sappia andare avanti con le sue gambe, su idee solide, di libertà, convincendo senza urlare, provando a cambiare col suo cervello, proprio il suo, e con l’esempio. Spero che possa ripulire una palude dove il passato è barbaro, il presente volgare, il futuro malato. Dove i “salvatori” estirpano senza riconoscere l’erba buona da quella avvelenata. Chiedo scusa a mio figlio se non sono più attrezzato per spiegargli tutto questo niente che lo circonda.

Non insegnate ai bambini...

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Non insegnate ai bambini non insegnate la vostra morale è così stanca e malata potrebbe far male forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza. Non elogiate il pensiero che è sempre più raro non indicate per loro una via conosciuta ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo. Non insegnate ai bambini non divulgate illusioni sociali non gli riempite il futuro di vecchi ideali l'unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Non esaltate il talento che è sempre più spento non li avviate al bel canto, al teatro alla danza ma se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente stategli sempre vicini date fiducia all'amore il resto è niente. Giro giro tondo cambia il mondo. Giro giro tondo cambia il mondo. (Giorgio Gaber, 2003)

Quello che vale (per quello che vale...)

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Vedi, il bello di aver fatto questo mestiere è aver potuto avvicinare quelli che erano i tuoi idoli di ragazzino, capire il loro lato umano, farsi raccontare da loro storie, e raccontarle. In qualche caso, aver stretto amicizie vere. Non c'è amministratore delegato o direttore commerciale che potrebbe capirlo. Del resto, perché spiegarglielo? (in morte di Helmut Haller, artista del calcio)

Se un poeta se ne va...

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Quando se ne va un poeta diventiamo più poveri. In questo mondo che crede di non averne bisogno. Non è questo che voglio: ricordare. No ritornare a quei lontani anni, a quei tempi lontani. I cani erano più felici degli uomini. I miei versi sono fogli gettati sopra la terra dei morti. E' oggi che dobbiamo contrastare. Roberto Roversi (tratto da "Dopo Campoformio")

Futura

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  Truman : Chi sei tu? Christof : Sono il creatore... di uno show televisivo che dà speranza, gioia ed esalta milioni di persone. Truman : E io chi sono? Christof : Tu sei la star! Truman : Non c'era niente di vero? Christof : Tu eri vero! Per questo era cosi bello guardarti. Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te... le stesse ipocrisie, gli stessi inganni; ma nel mio mondo tu non hai niente da temere... Io ti conosco meglio di te stesso! Truman : Non ho una telecamera nella testa! Christof : Tu hai paura... per questo non puoi andare via. Stai tranquillo... ti capisco. Ho seguito ogni istante della tua vita. Ti ho seguito quando sei nato. Ti ho seguito quando hai mosso i tuoi primi passi. Ti ho seguito nel tuo primo giorno di scuola. Il momento in cui hai perso il tuo primo dentino... come fai ad andartene? Il tuo posto è qui, con me! Dai... dì qualcosa... accidenti Truman, vuoi parlare?, siamo in tele

Fratelli

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E io so ancora aspettare?...

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LO STRANIERO: Ehilà, Drugo. DRUGO: Mi chiedevo se t'avrei rivisto. LO STRANIERO: Non potevo perdermi le semifinali. DRUGO: Ah, sì. LO STRANIERO: Come ti vanno le cose? DRUGO: Beh, sai, qualche strike e qualche palla persa. LO STRANIERO: Come ti capisco. DRUGO: Ah. Grazie, Gary. Beh, tu stammi bene. Io torno alla partita. LO STRANIERO: Certo. Prendila come viene. DRUGO: Sì, sì. LO STRANIERO: So che lo farai. DRUGO: Sicuro, Drugo sa aspettare. LO STRANIERO: Eh, eh, eh! DRUGO: Walter! LO STRANIERO: Drugo sa aspettare. Non so voi, ma personalmente la cosa mi conforta. È bello sapere che lui è in giro, "il drugo", che la prende come viene, per noi peccatori. Accidenti! Spero proprio che la vinca, la finale. Con questo direi che abbiamo concluso, è praticamente tutto. Le cose sembrano essersi messe bene per Drugo e Walter. È stata una bella storia, pulita. Non vi sembra? Mi ha fatto proprio ridere. Almeno in certi punti. Mi è dispiaciuto che Donny se ne sia andato. Ma, d

Trentadue anni...

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Pensammo alla vecchia polveriera. A un aereo. Mia mamma, dopo, aveva la faccia di chi non avrebbe mai pensato di ritrovare i rumori e gli umori cupi della guerra. Dopo, quando ci dissero. Prima di contare i morti, le ferite fuori e dentro. Hanno dimenticato in tanti. Io non posso, scusate. Ero qui, in questa città che si smarrì in un silenzio irreale. Sembrava colpita a morte, e in qualche modo non è stata più la stessa. La mia città. I miei, i nostri morti. No, io non dimentico.

Vorrei farti vedere la mia vita

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Vorrei farti vedere la mia vita e gli oggetti che le girano intorno e le luci che la rendono impaurita fino dall'alba e fino al nuovo giorno. Vorrei farti vedere la mia vita, le bottiglie, i piatti sporchi, le canzoni, raccontarti che mi bastano due dita per dire alt, ok, contraddizioni. Vorrei farti vedere il passaporto un po' ingiallito che ho dentro il portafogli Vorrei dirti che non sono ancora morto, anche se il mio tempo è schiavo dagli imbrogli. Vorrei fare tutto questo ma ti guardo e capisco che tu forse non lo vuoi; siamo gente, noi, lontana dal traguardo, siamo lontani dagli errori e dagli eroi. Poi c'è un bimbo che mi chiama con la mano. Begli occhi neri. Tocca il mondo con le dita, l'avrei fatto anch'io soltanto ieri, e oggi vorrei regalarti la mia vita. Vorrei farti vedere la mia vita. Un film sbagliato in cui non succede niente, con degli attori che non sanno recitare, non sono attori, e non sono neanche gente, com

Io mi oppongo

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È aumentata la produzione lorda e netta, il reddito nazionale cumulativo e pro capite, l'occupazione assoluta e relativa, il numero dello auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze squillo, la paga oraria, il biglietto del tram e il totale dei circolanti su detto mezzo, il consumo del pollame, il tasso di sconto, l'età media, la statura media, la valetudinarietà media, la produttività media e la media oraria al giro d'Italia. Tutto quello che c'è di medio è aumentato, dicono contenti. E quelli che lo negano propongono però anche loro di fare aumentare, e non a chiacchiere, le medie; il prelievo fiscale medio, la scuola media e i ceti medi. Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l'automobile l'avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancin

I giustizieri della valle derelitta

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Hanno visto troppi film western. Solo che non li hanno capiti. Non hanno capito che quelli raccontano (dovrebbero raccontare) un passato di polvere e frontiera. Loro invocano la pena. Sono giustizialisti a tempo pieno. Per carità, di spunti ne hanno, ce ne sono di cose che non girano come dovrebbero, o che non girano affatto. Ma è quel gridare all’untore, quel fare di ogni erba un fascio che mi mette a disagio. Per dire: se la “casta” è degenerata, non è colpa di qualche centinaio di persone, ma di un’intera generazione. Che non solo ha convissuto e accettato, ma ha anche invidiato. Colpa dei loro padri, delle loro famiglie, di quelli che hanno vissuto un tempo vuoto, cercando di sottrarsi alle regole e prendendo esempio da pessimi maestri. Colpa dei loro padri, e anche loro. Che assomigliano a quelli di ieri (di sempre). Zitti quando il potente è sulla cresta dell’onda, incattiviti quando il potente è al muro. Io, poi, non riesco nemmeno a pensare in termini di “casta”. Penso all’

Free, at last

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"....E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali. Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza. Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per l

Buon viaggio, Poeta...

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DMANDA U n'è ch'a voi fè di paragheun ma quant che mè a so casch in biciclètta a m sò fat mèl tal còsti tal mèni e sòtta i pi. La dmanda ch'a v faz la è quèsta Chi sòia me? Al mi feroidi al s'assarmèia ma quèlli de Signòur? Insòmma comè ch'a pos sfruté ste dòun d'natura? Pòsi fe di mirècal? A pòsi vend dal madunòini in zòir? Domanda Non è che abbia voglia/ di fare paragoni/ ma quando son cascato in bicicletta/ mi sono rovinato le costole/nelle mani e anche sotto i piedi La mia domanda è questa:/ chi sono io?/ Somigliano le mie ferite/ a quelle del Signore? / Insomma, come posso far fruttare/ questo dono di natura?/ Posso fare miracoli?/ Posso vendere in giro madonnine? Tonino Guerra

Vuoti d'aria

Abbiamo avuto giorni frasi sorrisi molto migliori di questi Abbiamo avuto tempo e pazienza e voglia (bisogno) di capirci E pensa, di tutto questo ora ci restano una chiassosa solitudine e questa assurda paura della solitudine che ci fanno alzare la voce ridere senza senso ad ogni frase anche alle più straniere al nostro cuore Che ci spezzano il ritmo, l'entusiasmo. Che ci riportano qui (solita storia) appoggiati al solito davanzale di silenzio

Grazie per la collaborazione...

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Ora sarò (sembrerò) cattivo. Una collega mi dice: okay, stai fermo un turno, ma a chi non capita? Guardati intorno, tu che scrivi di sport: succede anche agli allenatori di calcio, pensa a quello che l’altra sera era in tribuna d’onore a vedere la partita. A piedi a metà stagione, e quanti lo hanno preceduto? Eppure era lì, a rimettersi in vetrina. Segue la serie dei non mollare, eccetera eccetera. Gentile, sincera. Grazie del pensiero, non era scontato. Tutto vero, quello che dice. Ma sono storie diverse. Prendiamo pure l’allenatore di calcio. Quello da Serie A. Uno: se non è un fesso (lo conosco, non lo è) ha già messo qualcosa da parte per una serena vecchiaia. Due: nel suo mestiere le possibilità di tornare in pista sono cento volte tante rispetto al mio. Anche se ha più anni di me, s’intende. Poi (tre) c’è la questione della lettera. Quella della società, quando ti mette da parte. Ma sì: “Ringraziamo il mister per il lavoro svolto….” Ipocrisia, dite? Ipocrisia, certo, della più e

I novant'anni del Maestro Lodi

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Magari avete voglia di pensare, di credere, di far sapere che l’Italia è anche altro, che ci sono italiani diversi da quelli che ci raccontano attraverso programmi televisivi beceri, messaggi sbagliati, esempi decadenti e corrotti. Magari vorreste cambiare senza affidarvi al santone salvacoscienze di turno, alle certezze urlate, ai manichei del “sei con noi o sei contro?”. Magari immaginate un percorso pulito: correre dritti lungo la vostra strada anche se ad ogni bivio c’è qualcuno che vi indica una scorciatoia. Ecco, se avete voglia di non sentirvi semplicemente dei sognatori, guardate in faccia Mario Lodi . Specchiatevi nei suoi occhi, nelle sue parole ancora così lucide. Ha novant’anni oggi, il Maestro. Ha costruito su macerie nel dopoguerra, ha immaginato un modo nuovo, diverso, democratico, coinvolgente di educare le nuove generazioni. Immaginate i bambini cresciuti da uno come lui, o dai suoi amici del Movimento di Cooperazione Educativa, legati dalla stessa passione e dagli ste

Lavoro

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L'amore per il lavoro. Il sangue che canta nel farlo. La sottile esaltazione che prova nel lavoro. Un uomo dice, sto lavorando. Oppure, oggi ho lavorato. O sto lavorando per farlo funzionare. Lui che lavora sette giorni a settimana. E viene svegliato la mattina dalla giovane moglie, la testa sulla macchina da scrivere. La pienezza prima del lavoro. La stupita comprensione del dopo. Si allaccia il casco. Sale sulla moto e pensa a casa sua. E al lavoro. Sì, il lavoro. L'attrazione verso ciò che dura. Ray Carver

Prima di voltar pagina...

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Insieme abbiamo scritto pagine e pagine di sport, raccontato storie, riempito sommari e boxini nella buona e nella cattiva (ma sempre troppo, troppo dipendente dai colpi di genio altrui…) sorte. Vincenzo Barreca e Marco Merlini , i grandi ufficiali in campo. Diversi soprattutto in una cosa. Uno non lo senti mai, l’altro lo senti sempre. Come me, del resto. Tratto comune: grandi professionisti, gente che sa di sport, “belle penne” si direbbe. Gente viva, intelligente. E certo, all’inizio fu Vinnie Di Schiavi, che accettò di dividere la fatica con me quando non mollai subito Calcio 2000: finì che ci sentivamo al telefono e ci davamo il cambio, a sera. E in quei tempi per me gli orari erano 9-13 e 14-19 alla Cicogna, 19.30-chiusura in via Lame. Bel delirio, e che bella febbre avevo addosso. I luogotenenti, nel tempo: l’aristocratico Luca Muleo , che arrivò dicendo “mi piacerebbe fare questo mestiere” e non lo salvai, e il proletario urbano inglese Michael John Lazzari , che iniziò raccon

Ufficio aggiornamento antichi proverbi

Chi muore giace, chi vive si dà pace. E nel caso - distrattamente - clicca un "mi piace"

Scacciamestieri

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“E che sai fare, sentiamo…” “Scrivere” “Cioè?..” “Cioè, scrivere” “Che altro?” “Beh, al momento non saprei. Tutto si impara. Anche a scrivere ho imparato” “Ah sì? E come?” “Leggendo” “Leggendo?” “Sì. Leggendo molto” “Cosa in particolare?” “Niente in particolare. Tutto. Voracemente. Un po' disordinatamente” “E dunque sapresti scrivere…” “Sì” “Che sicurezza…” “Di poche cose sono sicuro. Di questa e basta, forse…” “Beh, mi dispiace” “Cosa?” “Non sappiamo che farcene di uno che scrive” “Un tempo sarebbe tornato utile” “Forse. Oggi ne abbiamo già un paio così. Si leggono veloci, vendono centinaia di migliaia di libri. Ci bastano” “Dunque che faccio, ripasso?” “Sì, un’altra volta magari” “Ci pensi, comunque. So fare anche lettere d’amore. Con kuore e tvb. Tutto il repertorio” “Gli sms li scrivi veloce?” “Abbastanza… Dipende dal modello… Allora che fa, ci pensa?” “Vedremo, magari più avanti. Mi sono segnato il nome, hai visto?” “Sarebbe con la z in fondo, non s…” “Vabbè. Mi ricordo la fac

Mestieri

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Certo ero un bambino strano. Non solo perché me ne stavo pomeriggi interi a contare le macchine sulla terrazza della casa al mare. Settantacinque a settantatrè per quelle che vanno verso destra. Poi non mi bastava più. E allora torneo, a eliminazione diretta: Fiat batte Opel 10-6, Peugeot batte Simca (eh sì, ne aveva una anche papà) 10-3, e via andare. Ero strano perché non pensavo a fare l’aviatore o l’esploratore o il calciatore, da grande. Volevo vendere la frutta per strada. Mi ero anche disegnato un carretto su misura, con ribaltine a vetri e cassetti rientranti. Coloratissimo. Avevo un obiettivo, si direbbe oggi. E quel carretto era proprio una figata. Questa del giornalismo, accidenti, mi è uscita fuori a vent’anni. Alle spalle già i temi del liceo che piacevano tanto alla professoressa Naldi, che li leggeva in classe ad alta voce imbarazzandomi. E raccolte di poesie scritte sopra l’Underwood del nonno, che è ancora qui funzionante. Che poi, quando seppi che il primo scritto di

In un modo o nell'altro...

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E Gene del Mississippi cominciò a cantare una canzone. La cantò con voce melodiosa, tranquilla, con l’accento della sua terra, ed era semplice, solo così: “La mia ragazza ha solo sedici anni – è dolce e piccolina – per quanto tu t’affanni – non puoi trovarne una più carina” , ripetendolo insieme ad altre strofe messe a caso, tutte che dicevano quanto fosse andato lontano e come desiderasse tornare da colei che aveva perduta. Io dissi: “Gene, non ho mai sentito una canzone più bella”. “E’ la più dolce che conosca”, rispose con un sorriso. “Spero che lei arrivi dove sta andando, e che sia felice quando arriverà”. “Io me la cavo sempre e tiro avanti in un modo o nell’altro”. Jack Kerouac, sulla strada

Dolce far nulla

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Un attimo fa ho dato un'occhiata nella stanza ed ecco quel che ho visto: la mia sedia al suo posto, accanto alla finestra, il libro appoggiato faccia in giù sul tavolo. E sul davanzale, la sigaretta lasciata accesa nel posacenere. Lavativo!, mi urlava sempre dietro mio zio, tanto tempo fa. Aveva proprio ragione. Anche oggi, come ogni giorno, ho messo da parte un po' di tempo per fare un bel niente. Raymond Carver