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Visualizzazione dei post da gennaio, 2009

Per non dimenticare Weisz

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Per non dimenticare. Nel giorno della memoria, Bologna ha rispolverato tra tanti drammi quello di un uomo di sport che era in anticipo sui tempi. Un grande maestro di calcio che sparì, insieme a tutta la sua famiglia, ad Auschwitz. E, quel che peggio, che per decenni nessuno si preoccupò di ritrovare, se non altro per sapere che fine avesse fatto. Oggi la città ha reso giustizia ad Arpad Weisz, allenatore a cui il calcio italiano e il Bologna devono tanto. Almeno, consegnandolo alla nostra memoria e a quella futura. Nei giorni scorsi ho raccontato chi era stato questo grande dello sport sul giornale per cui lavoro. Provo a considerarlo il mio modesto contributo a una giornata come questa. Marco Tarozzi Martedì mattina il Comune di Bologna sistemerà una targa sotto il portico dello stadio Dall’Ara, in piazza della Pace. E chiuderà un conto aperto, da più di sessant’anni, con la memoria. Su quel pezzo di marmo ci sarà il nome di Arpad Weisz , uno dei più grandi e vincenti tecnici di cal

Piero, mi manchi

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E' l'ora della memoria, evidentemente. Di uomini che vestivano di musica la loro poesia, e che se ne sono andati troppo presto. Dieci anni che non incrociamo più le strade splendide e tortuose di Fabrizio De Andrè. Ventotto, giusto oggi, che se ne è andato quel livornese dolce e arrabbiato di Piero Ciampi . Dopo aver vissuto quarantasei primavere. Intense, profonde, troppo breve. Piero, cresciuto in via Pelletier, nel quartiere Pontino, gente di porto e di piccoli commerci. Piero, ingegnere mancato che molto presto infilò la strada delle osterie. Piero, contrabbassista inquieto che un giorno partì per Parigi per poter scambiare parole in libertà con gente che si chiamava Celine, o Brassens. Piero che entrò nel mondo discografico, e dalla porta primncipale, ma capì in fretta che gli stava troppo stretto. Un vestito sbagliato. Piero che lasciò la Ricordi, e poi la Cgd, e diresse una piccola casa discografica, la Ariel, altro insuccesso annunciato. Piero che scriveva cose orecchia

Da Riccardo a Faber, con amicizia

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Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall'alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all'alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima. Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle

Cassin, splendido centenario

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Arrivo in ritardo (il giorno del compleanno era il 2 gennaio), ma ogni tanto succede che il mondo giri per il verso giusto, e vale la pena ricordarlo. Ha fatto il suo dovere facendo arrivare al traguardo dei cent'anni Riccardo Cassin , e permettendogli di scollinare questa montagna di vita ed esperienza guardando ancora avanti. Perché Cassin è un uomo vero, che ha insegnato e continua a insegnare. Un ragazzo nell'anima, che ha instradato centinaia di ragazzi innamorati della montagna, della natura, della vita, e migliaia e migliaia che anche senza salire verso l'alto hanno imparato tanto dal suo modo di vivere e rapportarsi al prossimo. Maestro, padre, guida insostituibile. Di quelli che non ti fanno pesare il loro ruolo, che ti proteggono quasi nascondendoti il loro valore immenso e assoluto. Riccardo Cassin è stato un signore della montagna. Negli anni Trenta rivoluzionò il mondo dell'alpinismo con le sue grandi “prime”. Il “traverso” della Nord della Cima di Lavaredo