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Visualizzazione dei post da febbraio, 2010

Una Casa Rossa per il futuro degli Inuit

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"Ogni volta che vedo un Inukshuk nell'Artico, so che gli Inuit sono stati qui prima di me per molte, molte migliaia di anni, e sono sopravvissuti cacciando e pescando". Bella lotta. La ricorda, con queste parole, Peter Irniq , professore di cultura Inuit a Ottawa. Lotta difficile per la sopravvivenza, che oggi si è fatta ancora più in salita. Un Inukshuk, figura composta con i sassi che alle popolazioni del Canada artico serviva come pietra miliare, o per segnalare una direzione, è diventata popolare in queste Olimpiadi invernali, che l'hanno scelta come simbolo. Sono le stesse Olimpiadi in cui un ragazzo di ventun'anni è morto scendendo da uno slittino, e il giorno dopo lo hanno battezzato "colpevole" perché lo show andasse avanti, dopo i necessari aggiustamenti ad una pista che era un pericolo soltanto a guardarla. Altra storia, brutta storia. Gli Inuit. Anche loro hanno una brutta storia. Di alcol, disperazione, mancanza di futuro. A Tasillaq, sull

Scontrosa arte o mestiere

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Nella mia arte scontrosa o mestiere praticata nel silenzio notturno quando soltanto la luna infuria e gli amanti giacciono nel letto con tutti i loro affanni tra le braccia, io mi affatico a una luce che canta non per pane o ambizione o per pavoneggiarmi e vender fascino sui palcoscenici d’avorio, ma per il comune salario del loro più intimo cuore. Non per il superbo che s’apparta dalla luna che infuria io scrivo su queste pagine di spuma né per i morti che torreggiano con i loro usignoli e i loro salmi, ma per gli amanti, le braccia attorno alle angosce dei secoli, che non pagano lodi né salario e non si curano del mio mestiere o arte Dylan Marlais Thomas 1914-1953

Un anno senza Bulgaro

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di Marco Tarozzi Aveva diciassette anni, e un talento da Serie A. E Civ, al secolo Gianfranco Civolani, che ha visto passare tutto il calcio rossoblù del dopoguerra, lo notò subito quel ragazzo “così bravino e così fighino”. Uno che di strada avrebbe anche potuto farne, se solo avesse fatto in fretta a capire il mondo. Giacomo Bulgarelli fece in frettissima. Lo svezzamento durò un amen, e il resto fu storia. Nessuno come il Civ avrebbe potuto raccontarla meglio in questi giorni, un anno esatto dopo l'addio al mondo di questa immensa bandiera del Bologna di ieri, di oggi, di sempre. Sì, è un anno esatto che Bulgaro ci ha lasciati, in punta di piedi, nel dolore e nella fierezza, alla sua maniera. Dire che ci manca è poco. Ci manca quello che è stato prima e dopo i campi di calcio, ci manca il simbolo dell'epopea rossoblù dell'ultimo scudetto e la voce garbata e ironica che commentava il calcio in tv con una conoscenza senza eguali. Ci manca l'uomo, perché il campione è co

Addio, Ballero

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Una di quelle notizie che ti tagliano le gambe. Che non ti aspetti, che non vorresti mai sentire. Che ti fanno capire quanto sia sottile quel filo che ti tiene legato alle cose terrene, e quanto sia beffardo il destino. Franco Ballerini se ne è andato di mattina presto, in un giorno senza impegni in cui si stava divertendo a coltivare una delle sue grandi passioni. Il rally, che l'ha tradito dietro una curva maledetta. E' stato un talento, in corsa, e un uomo intelligente fuori. Appena appoggiata la bici, con il ricordo ancora fresco di due Roubaix vinte nella leggenda, si è immerso nel mestiere di Ct della Nazionale con trasporto, e con capacità fuori della norma. I numeri, in questi casi, parlano chiaro: dal 2001 al 2009, sotto la sua guida, sono arrivati quattro titoli mondiali e uno olimpico. In tre occasioni (Mondiali 2006 e 2007, Olimpiadi di Atene 2004) firmati da Paolo Bettini . Una solidale complicità, supportata da una profonda amicizia. Aveva, Ballerini, una grande

Le nostre cento storie rossoblù

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Pubblicità per me stesso, d'accordo. E in verità anche per due amici, prima ancora che colleghi, con i quali ho lavorato con entusiasmo all'ennesima pubblicazione per Minerva Edizioni. Accidenti, è la quarta ormai, e aggiungendo il libro su Steve "Pre" Prefontaine, pubblicato con Bradipo, sono a quota cinque. Devo darmi una calmata. I due amici, allora: sono Giuliano Musi , accanto a cui ho lavorato per anni nella redazione di Stadio-Corriere dello Sport, tra l'85 e il '98, prima da segretario di redazione poi da free-lance in attesa di articolo 1 (arrivato, poi, grazie a Europress di Marco Montanari e Carlo Chiesa: altra storia...), e Michael Lazzari , con cui lavoro fianco a fianco oggi, nella redazione de L'Informazione di Bologna. Insieme, e spinti dall'entusiasmo di Roberto Mugavero , il nostro editore, abbiamo pensato a un libro sul secolo di vita del Bologna. Ci hanno pensato in tanti, è vero, e nell'anno del centenario sono uscite opere es