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Visualizzazione dei post da dicembre, 2022

Periferia

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  La ragazza della via del Grande Fiume non ha specchi sul cammino. Una fortuna. Ho sempre un po’ invidiato chi sa rimuovere senza rimorsi. Funziona così: ti fai rimettere in piedi quando stai soffocando, o almeno così dici; poi ti scrolli la polvere di dosso, giochi ad avere le ali, un calcio nelle palle a chi è diventato di troppo. E poi via, verso una nuova vita felice - indicativamente - La ragazza che anestetizza i ricordi cammina con passo veloce, senza distogliere lo sguardo, sempre dritto, niente vetrine in cui incrociare - dentro un'immagine - la miseria dell’anima. Davvero, una fortuna abitare in periferia.

Percorso

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  Come al solito, sto leggendo un libro a cazzo. Qualche pagina all’inizio, qualcosa poco oltre metà, due capitoli prima della fine. E torno indietro, e poi freno su una frase, e poi accelero. Come al solito, non riesco a seguire una trama, un messaggio. Disordinato e libero. Cerco intuizioni nascoste, macchie di colore, rimbalzi del cuore, sputi e lingue attorcigliate, a volte addirittura biforcute. Alla fine non resterà una storia, ma poche immagini precise. Quelle che dentro c’è il mio vivere, quelle che non andranno più via dalla mente, finché rimango qui. E questo è il senso di tutto. Credo. (mt)

Calcolando

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  “Dovremo dire che è successo tutto dopo”. Il tuo stile, da sempre. Ma adesso a chi dirai che invece era successo tutto prima?  

Migliori

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Balle. Non ci si riesce, ad essere migliori. Meno che mai a comando, un preciso giorno dell’anno, tirando su un carrozzone nel quale nessuno crede più davvero. Sei migliore se hai un’anima, se il cuore spinge ancora nel petto per un’emozione, uno sguardo, anche solo per un ricordo. Sei migliore se fai tesoro di tutta la tua memoria, se la coltivi, se certi momenti che hai vissuto non li fai a brandelli. Davvero, non serve parlare di leggerezza, sentirti capace di planare dall’alto sulle cose. Non sai volare, fattene una ragione, e i macigni che ti togli di dosso li usi per schiacciare la vita intorno. Balle. Non sarà un giorno di festa a salvarti, a renderti migliore. Quello che sei lo mostri a Natale, ad ogni festa comandata, ogni giorno che bruci o sopravvivi. Trova gente che ti assomigli, i tuoi sorrisi sembreranno sinceri nel vostro club esclusivo. E vedrete un sorriso rassicurante stampato sul vostro Natale senza volto. (mt)

Te la smetti?

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  Paradosso. Controlli il dolore per mestiere, diffondi dolore per vocazione. Ti si accende qualcosa dentro e allora prendi la macchina e corri verso qualcosa o qualcuno senza pensare, senza nemmeno capire. Poi smetti di andare e aspetti che a correre siano gli altri. Poi si spegne quella fiamma, come si è spenta, come si spegnerà, e cambi obiettivo come cambieresti un vestito, un paesaggio. Così non c’è un momento per pensare a tutto il male che hai lasciato dietro, a tutto il male che sei. Non c’è un momento per sentirsi soli. Non è ancora arrivato, buon per te. Chissà che faccia, quando ti presenteranno il conto. (mt)

Nuovo indirizzo

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  Devi sempre cambiare tutto. Affetti. Amori. Persino zone della città. Per non farti riconoscere. Per lasciare di te soltanto l’apparenza. Perché nessuno riesca a capire nel profondo il vuoto che hai nell’anima. Ma prima o poi, ricordalo, le maschere indossate così, troppo di fretta, cadono. E resta il poco che hai dentro, il male che sarai.

Un secolo, oggi

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  Cento anni oggi. Ti avevo già letto da ragazzo e non lo sapevo. Perché tutto quello Steinbeck, il primo che mi aveva fatto innamorare della letteratura americana e delle giornate perse dentro ai libri, lo avevi tradotto tu. E poi Miller, Faulkner, tante cose che già avevo in casa, grazie a mio padre. Più tradi, è arrivata la tempesta perfetta: “La vita agra”. L’ho riletto in questi giorni, per la “esima ed esima volta”, e non invecchierà mai. Perché tu eri arrivato prima, molto prima. Avevi capito in anticipo in che baratro ci saremmo andati a buttare, ballando dietro ai pifferai magici. Che anno, il 1922. Pieno di gente che amo. Ti Jean Kerouac, che ho addosso da sempre. Pasolini, Fenoglio, Manganelli. E poi Gassman e Tognazzi. E poi Enrico. E Luciano Bianciardi, oggi un secolo esatto. Che ha portato addosso tutta la fatica del mestiere. E lo ha raccontato lucidamente, meravigliosamente.   “ Nel nostro mestiere invece occorre staccarli bene da terra, i piedi, bisogna muoversi

Incantesimi. Pof

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  Accidenti, che vita movimentata. Hai distrutto un marito. Pof. Hai stecchito un compagno. Pof. Hai cancellato un amante. O chissà quanti, prima. Pof. Sai, c’è modo e modo di voltare pagina. Ma non può capirlo chi cerca solo la prossima emozione, la prossima autoassoluzione. Per la miseria, che professionista. Niente spiegazioni. Pof. Niente saluti. Pof. Niente occhi negli occhi, che sarebbe un bel problema. Pof. Ti resta il tempo di invecchiare dentro una nuova felicità, per quanto possa durare. Ti resta il tempo di stancarti di un altro indirizzo di casa. . Che poi, sarà il tempo che resta. Perché la vita, sai mai, a volte si diverte a comportarsi come te. Da un giorno all’altro. Pof.

Semplice

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  Non credete alla balla che il dolore rende migliori. Il dolore che arriva a tradimento svuota, consuma, lacera, non lascia spazi che a se stesso, divora, ti uccide. Vivere la felicità sapendola riconoscere anche nella fatica è l’unico modo per trasmetterla. Non sprecate la vita.

Il vecchio

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  Non chiedetemi, hai fatto nulla, dove sei stato, hai incontrato qualcuno per strada. Sono vecchio: Ho perso i miei compagni vado avanti pianino come una lumaca. Se tuona mi metto un berretto, vado nell’orto, sulla terrazza, mi succhio un’arancia. A mia moglie ho lasciato i soldi sulla tavola, è fatica a campare ragazzi, e morire adesso che ho gli occhiali nuovi, mi rincresce. Nino Pedretti

Amnesie

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  C’è una nuova crepa nel muro. Devi fare attenzione per vederla, devi conoscere il posto, conoscere quel muro da una vita. Sono piccoli segnali: hai presente che ero un mago a parlare al contrario, quasi un fenomeno da fiera? Beh, adesso sono diventato basico: cuore erouc, sogni ingos, paura aruap, poco altro. Sulle parole complicate mi inceppo. Poi l’altro ieri parlavo di un amico e non riuscivo a ricordarne il nome. Per non dire dello scooter parcheggiato in un angolo smarrito della mente, in questa cazzo di città. Ci ho messo mezz’ora buona a ritrovarlo. Che fine farà “memory babe”, potrà più vantarsi di quel cervello che fruga veloce nei ricordi, potrà dire orgoglioso che la curiosità lo divora? Diventerà un ingranaggio perfetto di questo mondo nuovo che ride senza motivo, che calpesta tutto il bello che attraversa senza capirlo? C’è una nuova crepa nel muro. Roba da niente, dici, non c’è da preoccuparsi. Ma sì, ci sarebbe da sorridere, non fosse

Strategie

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  Adesso sì, che puoi dire che “è successo tutto dopo”. Sei stata perfetta. Mosse chirurgiche. Peccato per quei tre anni. Quando succedeva tutto prima. In cui non è successo niente, a sentirti raccontare. Tutto resettato. Almeno hai salvato la faccia. Se non hai specchi in casa.

Mamma corre

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  Mamma ha un nuovo fidanzato, chissà dove l’ha trovato. Mamma non sa darsi pace, ma sa darsi a chi le piace. Solo che ne ammazza tanti tra passioni e disincanti, solo che non è normale saper far soltanto male. Mamma scrive la sua storia, la ripete un po’ a memoria: si nasconde ad ogni sbaglio e il dolore altrui è un dettaglio Manda un altro cuoricino - non impegna, il messaggino - finge di essere profonda e più libera di un’onda Ma nell’anima c’è un vuoto e un copione a lei ben noto. Non le piace ricordare chi l’ha fatta respirare. Mamma corre verso il niente con lo sguardo indifferente. Io la vedo sempre meno, il suo giorno è troppo pieno. Dice che son la sua vita, forse non l’ho ben capita, o è una splendida bugiarda. Anche adesso, vedi? Tarda.