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Visualizzazione dei post da novembre, 2008

Vi racconto i miei campioni

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Quest'anno ho esagerato. Tre uscite. A maggio “Semplicemente Magnifico”, biografia di Walter Magnifico. Era nel cassetto da anni, un tributo a un amico vero che andava solo rispolverato un po'. Poi, l'instant book sulla promozione del Bologna, assemblato in due giorni e uscito in sette. Un record, e per di più direi un bel libro: merito degli scatti dei fotografi bolognesi (Rebeschini, Sgamelotti, Schicchi, Giuliani, Puggioli) e del lavoro dei colleghi che mi hanno messo a disposizione i loro testi. Ora, finalmente, i miei campioni. Lunghe interviste nate sulle pagine del quotidiano per cui lavoro, a cui ho aggiunto quelle raccolte in questi mesi, con un'idea che il mio editore ha subito raccolto e condiviso. Ringraziamenti: a Giorgio "Matitaccia" Serra per lo splendido disegno di copertina, a Civ per la prefazione alla sua maniera, a Renato Rizzoli per le parole d'amicizia, alla passione che guida la comunità di Minerva. Così, diventa il quinto libro. Il

Cristo, secondo Piero Ciampi

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CRISTO TRA I CHITARRISTI È un uomo che vive di foreste d'aria piena di voli d'aquile, conquista vette e tocca il sole, lui beve neve, parla alle stelle e spazia il tempo. Corre, anela, sta. Devia i ruscelli, veglia e sonno è tutto un sogno è un uomo solo e senza armi. Un pomeriggio su una salita perse la vita. Più niente in quel lungo silenzio turbava la mia anima esperta. Un coro di chitarre infelici cantava per disperdere l'odio. Sopra una collina era il più alto, il più bello, irraggiungibile. Ai suoi piedi c'era il deserto, ormai la folla si era saziata con le preghiere. Là c'è sempre un Uomo in verticale che non tocca mai la terra, talvolta scende da una croce ma dopo poco su una salita sconosciuta perde la vita. Un concerto di chitarre arriva e suona molto amaro. Anche stasera da qualche parte c'è qualche Cristo che sale stanco e senza scampo una salita. Piero Ciampi

Canto per Zatopek

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Un corridore deve correre con i sogni nel cuore, non con i soldi nel portafogli Emil Zatopek Zatopek. Quella corsa senza grazia, di fatica. Perché la corsa è fatica, è struggimento, è il dolore della soglia da superare. E chi dice che si diverte e basta, mente. Zatopek. Lavorava in fabbrica, da ragazzo. Mai stato interessato alla corsa. Lo iscrissero a una gara sociale. Si interessò. A modo suo. Con la cultura del lavoro, che è l'unica che paga nell'atletica. Perché nell'atletica non si incanta: lo dicono i numeri, i tempi, se hai le gambe buone. A meno che, certo, uno non scelga scorciatoie. Lui no. Sceglieva i chilometri. Tanti, tutti i giorni. Zatopek. Uscì alla ribalta internazionale nel 1948, ai Giochi Olimpici di Londra. Primo nei 10.000, secondo nei 5.000 dietro a Gaston Reiff. Quattro anni dopo, a Helsinki, il capolavoro. Oro nei 5.000, oro nei 10.000. E oro, qualche giorno dopo, nella maratona. La sua prima maratona. Aveva deciso di correrla all'ultimo momento

Angelo, che ci ha insegnato a volare

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Bisognerebbe evitare che la polvere del tempo coprisse la memoria di uomini come Angelo D’Arrigo . Uno della mia generazione, che era riuscito a trasformare in realtà il grande sogno della mia generazione. Volare. Non per sentirsi libero: per esserlo. Proprio così, se devo pensare a un uomo veramente libero, penso ad Angelo. Alle sue avventure, ai suoi record che non erano mai vittorie contro gli altri, ma per gli altri. Sfide personali che diventavano patrimonio di tutti. E penso a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo davvero, al grande vuoto e insieme alla grande ricchezza che ha lasciato. Volatore, sognatore. Atleta, scienziato, viaggiatore, navigatore dei cieli, poeta. Laureato all’Università dello Sport di Parigi, istruttore di volo libero, deltaplano e parapendio, maestro di sci e guida alpina, scelse di vivere delle sue passioni. Una vita in movimento, a cielo aperto, a contatto con la natura. Intorno ai trent’anni era già stato campione del mondo di volo libero, ma i trionf

Se un poeta chiama

Ancora Paolo Bertolani , poeta. Mai come ora lo sento vicino all'anima. Comincio a cadere dentro gli anni che sono tanti e pieni di falle di troppi fatti sulle spalle. Cominciano ad arrivare delle paure, delle cose sbieche, mi tremano negli occhi, non ci dormo. Ma almeno voi, amici, me la darete una mano A scendere le scale A attraversare? (Paolo Bertolani)

Gli ottant'anni del "prete-alpinista"

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Don Arturo Bergamaschi è un personaggio unico. Occhi di un azzurro intenso, da ragazzino curioso della vita. E lo è, un ragazzino, perché le ottanta primavere che si carica ogni giorno sulle spalle sembrano leggerissime, portate da lui. Attraversa Bologna in bicicletta pianificando il prossimo viaggio, la prossima avventura che lo porterà una volta di più verso Oriente, verso mondi e popoli che restano lontani, anche in tempi di comunità cosiddetta globale, verso le sue montagne. L'8 novembre don Arturo ha festeggiato il traguardo degli "ottanta" tra gli amici con una storia in più da raccontare. Il viaggio dello scorso ottobre, 32 giorni tra Cina, Tibet e Nepal. Il mio regalo di compleanno è stato questo articolo sul "Domani". Poca cosa, buona appena per ringraziarlo dell'esempio che dà a chi gli sta intorno. OTTANT'ANNI AD ALTA QUOTA di Marco Tarozzi Guarda sempre verso l’alto, verso le sue montagne infinite, don Arturo Bergamaschi . Anche adesso che

Forse possiamo davvero

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Buonasera Chicago! Se c’è ancora qualcuno là fuori che dubita del fatto che l’America sia il posto dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Padri sia vivo oggi, che ancora si interroga sul potere della nostra democrazia, stasera ecco la risposta. E’ la risposta che hanno dato le file davanti le scuole e le chiese, mai così lunghe nella storia di questo paese, fatte da gente che ha atteso tre ore, quattro ore, molti per la prima volta nella loro vita, perché credevano che questa volta poteva essere diverso, e che la loro voce poteva essere quella differenza. E’ la risposta data da giovani e vecchi, ricchi e poveri, Democratici e Repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili. Americani, che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati solo un insieme di individui o un insieme di stati rossi e stati blu. Noi siamo, e sempre saremo, gli Stati Uniti d’America. E’ la risposta che ha guidato

Candidato Sindaco, sono un "Over 40"

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A Bologna ci saranno le primarie del Pd per decidere chi dovrà correre alla carica di Sindaco della città. Democratico, appunto. Proprio ieri, uno dei quattro candidati ha fatto sapere che se toccherà a lui, per prima cosa farà piazza pulita dei vecchi assessori. Legittimo. E ha aggiunto che la sua giunta sarà composta da “Under 40”. Giovanilistico. Un po' di conti. Allora: rischio il posto di lavoro per scelte altrui, non sto ora a discutere sul perché e per chi. Certo, non a causa mia, questo me lo concedo. Ho quarantotto (48) anni, una certa esperienza del lavoro che faccio, la curiosità che occorre per guardare ancora avanti e non fare bilanci. Ma evidentemente sono nato nel momento sbagliato. Faccio parte della generazione sbagliata. Non abbastanza vecchio per essere riconosciuto “senatore” della società, non abbastanza giovane per fare l'assessore, e chissà cos'altro, nella vita. Mi turbano queste “barriere” ideologiche. Ho nostalgia di una società che riconosceva nei