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Visualizzazione dei post da 2010

Mestieri

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"Allora... che mestiere fai? Oh no, aspetta, fammi indovinare: io ho un sesto senso per indovinare i mestieri... Vendi tappeti?". "Quasi, faccio il giornalista sportivo". (Mighty Aphrodite, Woody Allen, 1995)

La gioventù

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Così, mentre camminava lungo la strada, il suo stolido rimuginare lo condusse fino alla Gioventù, la gloriosa Gioventù che si alzava esultante e invincibile, con muscoli flessuosi e pelle di seta, con cuore e polmoni mai stanchi nè agitati. La Gioventù che irride il limite e lo sforzo. Sì, la Gioventù è la Nemesi. Distrugge i vecchi senza accorgersi che così facendo distrugge sè stessa. Slarga le sue arterie e frantuma le sue nocche. Per poi essere distrutta, a sua volta, dalla Gioventù. Perché la Gioventù è sempre giovane. E' solo l'Età che invecchia. Jack London, "Una bistecca", 1909

Anniversario

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A quel tempo danzavano per le strade come pazzi e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno “Oooooh!” SULLA STRADA Jack Kerouac, 12 marzo 1922 - 21 ottobre 1969 Rest in peace, Holy writer

Accetta il consiglio...

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Goditi potere e bellezza della tua gioventù Non ci pensare Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite Ma credimi, tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto e in un modo che non puoi immaginare adesso. Quante possibilità avevi di fronte... e che aspetto magnifico avevi! Non eri per niente grasso come ti sembrava Non preoccuparti del futuro Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non t'erano mai passate per la mente Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio Fa una cosa, ogni giorno che sei spaventato: canta Non esser crudele col cuore degli altri Non tollerare la gente che è crudele col tuo Lavati i denti Non perder tempo con l'invidia A volte sei in testa, a volte resti indietro La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso Ricorda i complimenti che ricevi, scord

Cinquantenario

Quasi due mesi. Assente. Forse è stata la botta dello scollinamento dei “cinquanta”, roba comunque da metabolizzare. Forse è stata soltanto la necessità di scrivere altro, non sempre al meglio ma sempre al massimo. Ogni dieci righe un sorpasso. Forse questo periodo di dubbi, sulla strada e sul futuro, su un mestiere che non è quasi più un mestiere, sui grandi comunicatori che ti dicono che la gente vuole altro, due frasi veloci e via, chissenefrega se sconnesse, e te lo dicono perché non hanno la forza di provare a cambiare le cose, perché non sanno che la gente la puoi anche riabituare a capire, ad approfondire. Ci puoi provare. Forse solo la voglia di essere altrove, a finire quei famosi racconti, molto meno di quarantanove e molto meno importanti, dove vorrei ci fosse qualcosa di quello che di Jones, Cheever, Lansdale, Fante, Carver, Ti Jean, Luciano, Miller, London, Steinbeck, Faulkner ho capito e rubato. Forse la pigrizia. Nonostante l'insonnia. Riparto. Perché un blog ormai,

Cuore di Pablito...

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Numero uno: onde alla cala di sotto... Piccole Numero due: onde grandi Numero tre: vento della scogliera Numero quattro: vento dei cespugli Numero cinque: reti tristi di mio padre Numero sei: campane dell'Addolorata, con prete Numero sette: cielo stellato dell'isola. Bello però, non me n'ero mai accorto che era così bello Numero otto..cuore di Pablito Mario Ruoppolo, postino di Neruda (Il Postino)

Americana

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Nostalgie itineranti (e assortite): la route polverosa a Glenrio, le dune sull'oceano a Coos Bay, l'azzurro nella neve del Crater Lake, City Lights&Ferlinghetti a San Francisco, le vecchie pescherie di Monterey, la strada ferrata a San Luis Obispo, i covered bridge del Vermont, il ranger nevrotico a Yellowstone, la torta di burro d'arachidi di Adrian, Texas, Zabriskie Point chiuso per... neve, Hayward Field "casa" di Pre a Eugene, l'essenza di Drugo a Venice, i surfisti nel tramonto a La Holla, l'anima di Miky "Da Cat" Dora a Malibu, il barber shop di Angel Delgadillo a Seligman, i pensionati in ozio a Bar Harbor, i boscaioli dell'Oregon, la quiete di Cape Cod, la casetta da guardaboschi sopra il Grand Canyon, la casa di Jack a Lowell, il vento a Pismo Beach, il Grand Teton e la frenesia di Gary Hemmings, i vecchi "vinile" a Salem, il matrimonio triste nel parco pubblico di Sacramento, i rapper di Austin, il mercato indiano a Sa

E se non puoi la vita che desideri

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E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla nel troppo commercio con la gente con troppe parole in un viavai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea. Konstantinos Kafavis

Bonatti, ottant'anni a testa alta

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Walter Bonatti ha ottant’anni. La sua vita è stata un viaggio avventuroso fatto di coerenza, di scelte a schiena dritta, guardando in faccia chi spesso è stato costretto ad abbassare lo sguardo, incontrandolo. Walter Bonatti è un italiano atipico, ed è l’italiano che ognuno dovrebbe essere. Ragazzo ai tempi dolorosi della guerra, ha colorato i suoi sogni sulla sponda del Po, guardando al fiume come fosse l’oceano. E guardando oltre, sempre. Per quindici anni ha scritto pagine leggendarie dell’alpinismo. E nel dramma si è fortificato. Nel 1954, a ventiquattro anni non ancora compiuti, fu scelto per la grande corsa italiana alla vetta del K2 da Ardito Desio. E in quella che è passata alla storia come la più grande impresa alpinistica della nostra storia, visse una delle esperienze più drammatiche. Fu lui, insieme allo sherpa Mahdi, a mettere le fondamenta del “grande trionfo italiano”; insieme rischiarono la vita in un drammatico bivacco oltre quota ottomila. Senza ossigeno, senza ripa

Fado del dilettante

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C’è odor di caldarroste Le caldarroste dov’è che sono Odor di caldarroste Le caldarroste qui non ci sono Ma son le cose nascoste che si preparano come un tuono Son le cose nascoste Hanno il profumo del tempo buono. Me l’ha ordinato il medico Un fado ad ogni cambio di stagione Me l’ha ordinato il medico Un fado ad ogni cambio di esperienza È un rimedio omeopatico contro la nostalgia È un farmaco simpatico anche se può causare dipendenza. Io sono nato a Genova Funicolari ascensori e creuze Io sono nato a Genova Città viva di troppe attese Non sono di Lisbona, non è Coimbra il mio paese Nemmeno più sugli autobus Mi sento l’animo portoghese. Genova città ripida Buone gambe per camminare Flipper messo in bilico Dove rotola un temporale Città da cantautori Per i ciclisti è micidiale Se pisci sulle alture Mezzo minuto e si inquina il mare. Mio fado da dilettante Un’altra strofa e poi metto punto Ma c’è un’iride claudicante Caduta dentro una macchia d’unto E allora cantami l’amore finché c’è c

happy birthday

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Mio figlio ha due anni. Ho un elenco di regali pronto per lui. Un paese dove un ministro dice che tiferebbe per chiunque, piuttosto che per il paese che lo ha fatto ministro. La gente intorno che tifa, parte giusta o sbagliata che sia. Tifa, tifa e semplicemente tifa. Una tipa che guarda una foto di Garibaldi e dice “è un pastore”. Beh sì, magari con quel poncho ci assomiglia, magari... La gente che ride, e fa il tifo per la tipa, e Garibaldi chi? Uno che dice che qui non ci sono mai vigili quando serve, e che cazzo solo quando io mi fermo un attimo in doppia fila per prendere un caffè, e che cazzo è un attimo... Un notiziario tv che mette in fila nell'ordine: madre che butta neonato dalla finestra, approfondimento (40 secondi) sui problemi della depressione postparto, figlio che accoppa il padre per una lite, servizio sul titolo mondiale di miss bikini, e a proposito di mare quali sono i posti più trendy per le vostre vacanze? Una marea nera che si allarga. Così lontano che da qui

Apologia dei (miei, nostri) vent'anni

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La casa squinternata in via Manfredi. I capelli lunghi e il maglione largo di lana, con le trecce fatte a mano e la spilla peruviana. Le poesie di Majakovski e le visioni di Blake, ma anche Atticus Finch e tutto quel buio oltre la siepe, Ferlinghetti e naturalmente Jack. Jack. E quella mattina che davanti a casa vidi uscire Gregory Corso, pensando a un abbaglio, alle troppe letture di generazione battuta e beata. E la casa del Matto all'angolo tra Mascarella e Irnerio, proprio lì dove finì di correre Francesco Lorusso. E la corsa, la mia. Assoluta e totale, anche quattro ore al giorno al Baumann, anche di notte a tutta verso il centro con Davide, cavalli pazzi a respirare libertà. Assoluta e totale, ma chiudendo sempre il cancello appena dopo. Niente ripensamenti. Avanti, e altro da fare, da dire, da ascoltare. Ora che gira così, con queste facce livide e arroganti intorno, con questa rabbia ottusa che vuole spiegarti il mondo, o un futuro già demolito, ora penso al "nostro&qu

Lo spirito del Barone

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di Marco Tarozzi E' paradossale che tutto questo succeda adesso. Che una festa (non una qualunque: quella del mito assoluto, del campione che ha dato vita allo “spirito dell’Aquila”) sia andata in scena di questi tempi, di musi lunghi e di incertezza sul futuro. Eppure succede, ed è giusto così. In casa Fortitudo, da tempo, si guarda una partita pensando a tutto quello che le gira intorno, e restare concentrati è un’impresa (per questo, Finelli e la sua truppa meritano una standing ovation a prescindere, per come stanno cercando di isolarsi dal "tutto intorno" che incombe). Ma stavolta, dopo la sirena, è arrivato il tempo degli applausi. Per il “Barone”, per il leggendario Gary Schull , la cui canotta numero 13 è diventata “intoccabile”, davanti agli occhi della moglie Debbie e del figlio Garrett Walter, che hanno attraversato apposta l'oceano per esserci. E a quelli di tanti che ne hanno condiviso i giorni magici di un altro basket. Lino Bruni , che tanto si è speso

La sera che partì mio padre

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La sera che partì mio padre noi s'era alla finestra a guardare; guardare per vederlo andare neanche tanto lontano, e non muovere neanche una mano La sera che partì mio padre non c'erano canzoni da ascoltare perché la radio continuava a parlare e mio padre andava per non tornare più La sera che partì soldato gli dissero di non sparare che era solo roba di leva militare bastava soltanto dire: "altolà!" La sera che arrivò mia madre che lo vide bianco senza più respirare aveva in mano il telegramma: "medaglia d'oro per l'altolà" La sera che partirò anche io io spero solo che sia Natale perché a Natale stanno tutti a casa a mangiare, bere, ascoltarsi, parlare La sera che me ne andrò via diranno che me ne dovevo andare diranno che non vado poi a star male ma io so già che non si sta così Enzo Jannacci

Vitto, l'uomo che sussurra alle moto

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Riparte la stagione del Mondiale MotoGP. Vigilia di previsioni, supposizioni, celebrazioni. Mi piace l'idea di annotarmi l'appuntamento raccontando di qualcuno che, dietro le quinte, ha fatto un cambiamento epocale. Da collaudatore a team manager. Mica in un team satellite. Alla Ducati. Dove ci sono attese, speranze, anche pressioni. Praticamente, tirato giù dalla moto. Se ce la faranno, con uno come Vittoriano Guareschi . Lui va dritto per la sua strada, si porta anche dietro scarpe da running e bici sui circuiti, "perché non hanno un metro in piano, sai che allenamento..." Uno sincero, genuino. Uno che sorride sempre. Spero che inizi una stagione felice anche per lui. Ecco quel che mi ha raccontato qualche giorno fa, quando l'ho intervistato per il quotidiano in cui lavoro. L'UOMO CHE SUSSURRA ALLE MOTO di Marco Tarozzi Vittoriano Guareschi, da collaudatore di punta a team manager Ducati in MotoGP. Un bel cambio di prospettive. "L’ho presa con molta se

I baccelloni, gli ultracorpi, gli ectoplasmi

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... No, è brutto concludere così, ma vedere gente non serve a nulla e anzi è una perdita di tempo. E poi mi sono accorto che andando in centro trovi sì qualche conoscenza, ma ti accorgi subito che la tua conoscenza è un fatto puramente ottico. Non trovi le persone, ma soltanto la loro immagine, il loro spettro, trovi i baccelloni, gli ultracorpi, gli ectoplasmi. Nei primi mesi dal loro arrivo in città forse no, forse resistono e hanno ancora una consistenza fisica, ma basta un mezzo anno perché si vuotino dentro, perdano linfa e sangue, diventino gusci. Scivolano sul marciapiede rapidi e senza rumore, si fermano appena al saluto, con un sorriso scialbo (e anche all'esterno, se guardi bene, sono già un poco diversi, cioè impinguati e sbiancati). Dicono: "Scusa ho premura, ho una commissione, scappo" e subito scappano, davvero riscivolando taciti sul marciapiede. Al massimo arriveranno a dirti, stringendoti la mano perché tu gliela porgi, proprio per sentire se ci sono in c

Postelettorale (post elettorale?)

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Martedì sera, sulla trasversale di pianura. Sotto un acquazzone di primavera. Nuvole nere e squarci di sole lontano, verso Modena. Radio accesa nella giornata dei bilanci. Uno incolpa l'altro per non guardarsi dentro. L'altro reagisce attaccando, urlando, sfanculando secondo copione. Quello ha vinto, questo ha vinto, loro hanno vinto. Hanno vinto tutti. Finché vivono in questo loro mondo altro, vincono. Il mondo vero è un'altra cosa. Si sgretola, stesso destino delle idee, che non ci sono più. Il cielo si spalanca, perché la primavera il suo mestiere lo conosce. Esce l'arcobaleno più grande che abbia mai visto. Completo, da qui a laggiù, nitidissimo anche nelle divisioni dei colori, che non hanno niente a che fare con quelle divisioni là. Accosto. Spengo la radio. Sto in silenzio e ascolto il silenzio, finalmente. E guardo. Se mai fosse un segnale, beh, grazie.

Un oscar per Drugo

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... and the Oscar goes to Jeff Bridges L'ultimo spettacolo, 1971, di Peter Bogdanovich Città amara, 1972, di John Huston Una calibro 20 per lo specialista, 1974, Michael Cimino Il gigante della strada, 1976, di Bob Rafelson I cancelli del cielo, 1982, di Michael Cimino Starman, 1984, di John Carpenter Il mattino dopo, 1986, di Sidney Lumet Ci penseremo domani, 1989, di Alan Pakula I favolosi Baker, 1989, di Steven Kloves La leggenda del re pescatore, 1991, di Terry Gilliam Fearless, 1993, di Peter Weir Il grande Lebowski, 1998, di Joel ed Ethan Coen Inganni pericolosi, 1999, di Matthew Warchus Seabiscuit, 2003, di Gary Ross Crazy Heart, 2009, di Scott Cooper Insomma, era ora. Complimenti, Drugo.

Una Casa Rossa per il futuro degli Inuit

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"Ogni volta che vedo un Inukshuk nell'Artico, so che gli Inuit sono stati qui prima di me per molte, molte migliaia di anni, e sono sopravvissuti cacciando e pescando". Bella lotta. La ricorda, con queste parole, Peter Irniq , professore di cultura Inuit a Ottawa. Lotta difficile per la sopravvivenza, che oggi si è fatta ancora più in salita. Un Inukshuk, figura composta con i sassi che alle popolazioni del Canada artico serviva come pietra miliare, o per segnalare una direzione, è diventata popolare in queste Olimpiadi invernali, che l'hanno scelta come simbolo. Sono le stesse Olimpiadi in cui un ragazzo di ventun'anni è morto scendendo da uno slittino, e il giorno dopo lo hanno battezzato "colpevole" perché lo show andasse avanti, dopo i necessari aggiustamenti ad una pista che era un pericolo soltanto a guardarla. Altra storia, brutta storia. Gli Inuit. Anche loro hanno una brutta storia. Di alcol, disperazione, mancanza di futuro. A Tasillaq, sull

Scontrosa arte o mestiere

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Nella mia arte scontrosa o mestiere praticata nel silenzio notturno quando soltanto la luna infuria e gli amanti giacciono nel letto con tutti i loro affanni tra le braccia, io mi affatico a una luce che canta non per pane o ambizione o per pavoneggiarmi e vender fascino sui palcoscenici d’avorio, ma per il comune salario del loro più intimo cuore. Non per il superbo che s’apparta dalla luna che infuria io scrivo su queste pagine di spuma né per i morti che torreggiano con i loro usignoli e i loro salmi, ma per gli amanti, le braccia attorno alle angosce dei secoli, che non pagano lodi né salario e non si curano del mio mestiere o arte Dylan Marlais Thomas 1914-1953

Un anno senza Bulgaro

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di Marco Tarozzi Aveva diciassette anni, e un talento da Serie A. E Civ, al secolo Gianfranco Civolani, che ha visto passare tutto il calcio rossoblù del dopoguerra, lo notò subito quel ragazzo “così bravino e così fighino”. Uno che di strada avrebbe anche potuto farne, se solo avesse fatto in fretta a capire il mondo. Giacomo Bulgarelli fece in frettissima. Lo svezzamento durò un amen, e il resto fu storia. Nessuno come il Civ avrebbe potuto raccontarla meglio in questi giorni, un anno esatto dopo l'addio al mondo di questa immensa bandiera del Bologna di ieri, di oggi, di sempre. Sì, è un anno esatto che Bulgaro ci ha lasciati, in punta di piedi, nel dolore e nella fierezza, alla sua maniera. Dire che ci manca è poco. Ci manca quello che è stato prima e dopo i campi di calcio, ci manca il simbolo dell'epopea rossoblù dell'ultimo scudetto e la voce garbata e ironica che commentava il calcio in tv con una conoscenza senza eguali. Ci manca l'uomo, perché il campione è co

Addio, Ballero

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Una di quelle notizie che ti tagliano le gambe. Che non ti aspetti, che non vorresti mai sentire. Che ti fanno capire quanto sia sottile quel filo che ti tiene legato alle cose terrene, e quanto sia beffardo il destino. Franco Ballerini se ne è andato di mattina presto, in un giorno senza impegni in cui si stava divertendo a coltivare una delle sue grandi passioni. Il rally, che l'ha tradito dietro una curva maledetta. E' stato un talento, in corsa, e un uomo intelligente fuori. Appena appoggiata la bici, con il ricordo ancora fresco di due Roubaix vinte nella leggenda, si è immerso nel mestiere di Ct della Nazionale con trasporto, e con capacità fuori della norma. I numeri, in questi casi, parlano chiaro: dal 2001 al 2009, sotto la sua guida, sono arrivati quattro titoli mondiali e uno olimpico. In tre occasioni (Mondiali 2006 e 2007, Olimpiadi di Atene 2004) firmati da Paolo Bettini . Una solidale complicità, supportata da una profonda amicizia. Aveva, Ballerini, una grande

Le nostre cento storie rossoblù

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Pubblicità per me stesso, d'accordo. E in verità anche per due amici, prima ancora che colleghi, con i quali ho lavorato con entusiasmo all'ennesima pubblicazione per Minerva Edizioni. Accidenti, è la quarta ormai, e aggiungendo il libro su Steve "Pre" Prefontaine, pubblicato con Bradipo, sono a quota cinque. Devo darmi una calmata. I due amici, allora: sono Giuliano Musi , accanto a cui ho lavorato per anni nella redazione di Stadio-Corriere dello Sport, tra l'85 e il '98, prima da segretario di redazione poi da free-lance in attesa di articolo 1 (arrivato, poi, grazie a Europress di Marco Montanari e Carlo Chiesa: altra storia...), e Michael Lazzari , con cui lavoro fianco a fianco oggi, nella redazione de L'Informazione di Bologna. Insieme, e spinti dall'entusiasmo di Roberto Mugavero , il nostro editore, abbiamo pensato a un libro sul secolo di vita del Bologna. Ci hanno pensato in tanti, è vero, e nell'anno del centenario sono uscite opere es

Bianciardi, mezzo secolo in anticipo

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E' aumentata la produzione lorda e netta, il reddito nazionale e cumulativo e procapite, l'occupazione assoluta e relativa, il numero delle auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze-squillo, la paga oraria, il biglietto del tram e il totale dei circolanti su detto mezzo, il consumo del pollame, il tasso di sconto, l'età media, la statura media, la valetudinarietà media, la produttività media e la media oraria al Giro d'Italia. Tutto quello che c'è di medio è aumentato, dicono contenti. E quelli che lo negano propongono però anche loro di fare aumentare, e non a chiacchiere, le medie. Il prelievo fiscale medio, la scuola media e i ceti medi. Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l'automobile l'avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilanc

Il talento cancellato 2 - Mickey "da Cat" Dora

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"Vivere sulla spiaggia non è la risposta. La gente che vive sulla spiaggia si annacqua il cervello. Io vengo qui soltanto per le onde e nient'altro" Mickey Da Cat Dora, 1934-2002 "Dora lives". La scritta che periodicamente appare (per essere cancellata da solerti imprese di pulizia, e ancora riapparire) sul muro di fronte allo spot di Malibu Beach. Dora, al secolo Miklos Sandor Dora , per tutti Mickey e "da Cat" per il popolo dei surfers, in effetti non vive più dal 3 gennaio 2002, quando un male incurabile se l’è portato via a Santa Barbara, a sessantotto anni. Non una morte giovane, ma comunque leggenda. Anche perché dalle scene "da Cat" era sparito da una vita. Più o meno dal 1967, quando all’apice della gloria surfistica aveva affrontato la semifinale del Malibu Invitational Contest, uno degli eventi più importanti del circuito professionale degli States, calandosi i boxer e mostrando il posteriore alla giuria. Scendendo poi dalla tavo

Il talento cancellato - 1. Filippo Paita

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Il talento smarrito. Svanito nel nulla, bruciato, o semplicemente abbandonato. Altre storie di sport, di uomini che avrebbero potuto farsi campioni e non ci sono riusciti, o semplicemente non hanno voluto farlo. Hanno voltato pagina, hanno girato la schiena. Spesso bruscamente. Talvolta senza un motivo apparente. Sono i coni d'ombra che esistono tra le luci sfavillanti che illuminano racconti di gloria, di conquista, di successi. Sono storie perdenti, a volte. Più spesso di disincanto, di rinuncia. Coltivi il tuo talento passo dopo passo, poi all'improvviso arrivi a un bivio e infili un'altra strada. Coscientemente o no. Non sei più un campione, o non lo sarai mai. E avresti potuto esserlo. Senza cercare di dare o darmi spiegazioni, sono storie che ogni tanto mi piace rileggere. Dentro c'è una fiamma che arde, anche se non ha portato nella direzione che si immaginava. Dentro c'è molta umanità. La prima la prendo a prestito. L'ha raccontata Giorgio Specchia su u

E Coppi parla ancora

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Coppi è un ricordo in bianco e nero. Un libro, e un arrivo del Giro dell'Emilia visto col nonno. Nonno Mario. E l'autografo del mio primo campione da figurina. Coppi non l'ho nemmeno incrociato, da ragazzino. Se ne è andato a gennaio, nello stesso anno in cui sono nato ad agosto. Ma come tanti l'ho vissuto nei racconti di chi c'era, ancora più colorati perché c'era da lavorare di immaginazione, con quei pochi filmati della tv dei due canali, e basta. Avevo quasi dodici anni quando Mario mi portò a vedere l'arrivo del Giro dell'Emilia. Quell'anno era in via Stalingrado, alla Fiera. Fu quando Eddy Merckx arrivò insieme allo spagnolo Santiago Lazcano, e non ebbe pietà. Perché Merckx era così, correva per vincere e la sua filosofia non prevedeva sconti, per nessuno. Gimondi regolò gli inseguitori, arrivando sul traguardo poco più di un minuto dopo. E io andai a casa felice, perché ovviamente Merckx era uno dei miei idoli di ragazzino. Che c'entra Cop