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Visualizzazione dei post da marzo, 2020

Ultime dal mondo segregato

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Il giaccone stazzonato, come questa notte senza luna e senza sogni. La faccia, dai, non la voglio neanche vedere, ma la immagino, come dopo una notte di vino cattivo e paure. Invece niente, qui non c’è neanche un bar aperto, non c’è nemmeno una luce, girano spettri peggiori di quelli che fanno baldoria nella mia mente. La coperta è una sciarpa arrotolata male, la finestra non serve, qui è tutto un vetro, e domattina almeno avrò un’alba gratis. E avrò tempo per pensare a te chiusa, blindata, bendata, annichilita dalle consuetudini, che non puoi nemmeno allungarmi una mano, sposteresti i mobili, gli usi, i costumi. Ma almeno ti penso addormentata, senza sogni è meglio, serve a riprendere fiato. Tutto semplicemente vuoto. Qui di sera i fari illuminavano il diamante, si sentiva il colpo secco della mazza e la gente del baseball che ritmava la corsa a casabase. Smetterò di pensare ogni occasione come unica, e a quelle perse come uniche e perse. Verrà al

Odiatori

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Avete già un nuovo nemico. Mica solo quegli incoscienti che festeggiano, bevono, ballano incuranti dei tempi neri, poveri immortali di risulta. Anche uno che se ne sta solo sul muretto del cortile di casa, lontano dal mondo, piegato da questo nuovo dolore, atterrito e timoroso anche di respirare aria aperta, merita il vostro disprezzo, la vostra rabbia. E quella di chi ha scritto tutto e il contrario di tutto in un decreto, incapace come lo siamo tutti di fronte a un male ignoto. Mica è colpa sua, mica è colpa nostra. Ma eccovi a cercare la colpa. Domani ci sarà qualcuno che si suicida per questa oppressione, mentale prima che fisica. Gli darete dello stronzo, perché se fa tanto di non tirare subito le cuoia è stato un egoista, ha occupato un letto che oggi serve. Non vi importa se oggi, proprio oggi, quello stronzo non ce l’ha più fatta, si è sentito soffocare, si è smarrito e non aveva nessuno a cui appoggiarsi. Fosse per voi, dareste calci nel culo anche agli ho

Quando tutto sarà finito

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Quando tutto sarà finito la prima cosa che voglio fare è andare al mare, ma mica quando ci va il mondo, no, quando si accendono le luci del giorno, uno spettacolo che ci eravamo un po’ dimenticati, ammettiamolo. Stare lì, senza muovere un muscolo, lasciare che l’aria fresca del mattino mi prenda a schiaffi, respirare tutto quel profumo di sale e vita, ascoltare il rumore delle onde, tirare su un pugno di sabbia giusto per sentirla tra le dita, vedere qualcuno in lontananza e godere del fatto che si sta facendo i cazzi suoi, così felice, come me, da non aver nemmeno bisogno di spiegarlo al prossimo. Quando tutto sarà finito voglio semplicemente vivere tutto quel tempo che mi sembrava perso. E poi tornare indietro, tornare da chi abita il mio mondo con uno sguardo diverso. (mt)

Urla nel silenzio

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Quello che non sopporto sono i post urlati. Caratteri "tutto alto". Sono quelli dei portatori di verità. Che di mestiere non fanno né i virologi, né gli infettivologi, qualcuno non fa un cazzo di niente ma è già arrivato alla fase successiva, quella in cui bisogna trovare colpevoli, dare giudizi, decidere quello che è giusto e quello che è sbagliato. E ho notato che una buona parte degli urlatori, appena dieci giorni fa, urlava che tutto questo allarmismo pe r un'influenza era fuori luogo. Vi prego. E' già abbastanza pesante così. Se proprio dovete parlare, sparlare, straparlare, usate almeno le minuscole. Se invece decidete di fare un po' di silenzio, ascolteremo il rumore del vento. E' tanto tempo che non lo facevamo. Siamo barche in mezzo all'oceano. Non si urla, in barca. Si fa ognuno il suo, cercando di non farsi travolgere. Cercando, nei limiti delle proprie possibilità e nel rispetto degli altri, di capire quello che ci è così m

Notte bretone

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Chissà che sguardi hanno gli islandesi, e se ci stanno aspettando, lassù Chissà se questo mare ci riporterà indietro domani o poi Gli islandesi sono là in fondo, oltre la notte che ha inghiottito da tempo le luci di Cancale, eccoli, dentro un vento secco che racconta storie - le solite storie di terre lontane distrattamente appoggiate all’oceano – C’è un angolo, dicono, in fondo a questo buio, e dietro l’angolo un porto - un porto qualunque d’Islanda - dove all’improvviso il vento smetterà di urlare, un porto che ci sembrerà irripetibile, che ci sembrerà quasi casa. (mt)

L'ora del riposo

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Ma io non combatto più i mulini a vento. Sono troppo stanco per farlo, ho attraversato troppe città, ho camminato il mondo. Adesso cerco il mio porto. E prendo quello che viene, quello che mi è dato. Ho speso tutto me stesso, credo di meritarlo. Un angolo nascosto, senza vento, o meglio con una brezza leggera che non mi porterà da nessuna parte, ma mi darà il gusto di essere lì. Un sorriso, occhi dentro cui leggere, il rumore di un’onda che finalmente è libera. Io non combatto più i mulini a vento. La scommessa è non invecchiare, essere sempre nuovo e curioso, anche in mezzo a questa pace.