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Visualizzazione dei post da marzo, 2019

Non sono un uomo. Sono Cantona

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Devi fidarti dei tuoi compagni. In ogni caso. Altrimenti tutto è perduto. Il mio amico Eric (Ken Loach)

Si dice bene, i coglioni...

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Si dice bene i coglioni, ma loro, io ne conosco più d’uno, si credono d’essere, non lo sanno che sono dei coglioni, e si sposano, hanno figli, e i figli sono figli di coglioni, che io non dico mica, il babbo è il babbo, tu non abbia da voler bene al tuo babbo, portargli rispetto, però questi figli, non lo so, io, non se n’accorgono? quando parlano con il loro babbo, non lo vedono, non lo sentono? o sono coglioni anche loro? che lì allora è fatica, fra coglioni – ecco, sì, no, c’è delle volte che gli scappa detto: il mio babbo è un coglione ma in un altro senso, nel senso che è buono, che è un galantuomo… Che questo però è un discorso, come sarebbe allora? i galantuomini sono dei poveri coglioni? Intendiamoci, può essere che un coglione sia un galantuomo, può essere che sia buono, ma può essere anche cattivo, ci sono i buoni e i cattivi anche tra i coglioni, coglione vuol mica dire, uno è un coglione, ma può andare vestito bene, portare gli occhiali,

Versi d'autunno

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Quando va il mio pensiero verso te, si profuma; così dolce il tuo sguardo che diviene profondo. Sotto i tuoi piedi nudi il bianco della spuma, sulle tue labbra ride l’allegria del mondo. L’amore fuggitivo effonde incanto breve, offre lo stesso termine alla gioia e alla pena. Un nome un’ora fa ho inciso sulla neve, è un minuto che ho inciso l’amore sull’arena. Le foglie che appassiscono cadono nel viale per il quale si aggirano tante coppie in amore. Nel calice d’autunno vago rimane un vino dove si sfoglieranno, Primavera, le tue rose. Rubèn Darìo

Il peggior sordo

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E così c’era quest’uomo. Stava piantato in mezzo alla stanza ed era impossibile passare di lì senza farsi notare, senza che lui non se ne accorgesse. Era sordo e cieco, pensavano tutti. In realtà, la faccenda era un po’ diversa. Perché lui era sordo per non voler sentire, e cieco perché gli interessava non vedere le cose intorno. Così non chiedeva aiuto, né cercava di capire il mondo. Delle persone non gli interessava capire il cuore, andare a fondo nei sentimenti. Erano lì e dovevano restarci, punto e basta. Stava inchiodato in mezzo alla stanza. E tutti si davano un gran daffare, per non fargli capire che era sordo e cieco. E tutti vivevano in funzione della sua cecità, del suo non sentire. Che era altro. Roba più semplice. Era non ascoltare. Così, muovendosi poco o niente, lui si mantenne integro. Non aveva problemi, perché non cercava verità. Aveva la sua, gli bastava. Gli altri intorno continuarono ad invecchiare. Si logorarono, cercando di adattare

Ottorino Vincenzi

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Si sentì vicino, molto vicino a questa gente in piedi, stanca come lui, sudata come lui, vecchia di centomila anni come lui. Solo che Ottorino Vincenzi   conosceva bene il suo lavoro, “tira giù una leva e lasala andà”, voleva bene alla moglie e ai figli, sentì di voler bene anche al tram e siccome era più forte di lui volle dirlo, sì insomma, farlo capire agli altri come era emozionato. Ottorino Vincenzi sapeva molte cose, compreso metà del funzionamento degli alzavalvole, ma non conosceva la gente, compresa quella che da 38 anni va sempre in tram e suda e soffre. Così alla frase: "Signore, ha visto che meraviglia quando piove in tram sembra l'arcobaleno anche se si capisce che è il neon..." , si beccò un "vaffanculo" , appunto lungo come un tram. Ottorino Vincenzi era un oriundo pugliese e con una chiave inglese in mano faceva scappare un paese intero, ma questa roba qui non se l'aspettava, gli arrivò come una martellata in mezzo agli occhi. Co

La rivincita di Zecca

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Ah, io tuo padre me lo ricordo bene, sai. Entrava nel bar poco dopo cena, sparava un paio delle sue cazzate e si metteva lì a guardare se qualcuno lo stava ad ascoltare. Lo chiamavano tutti Zecca, e io credevo fosse il cognome, finché non ho capito che era per via del fatto che le sparava grosse. Io a un certo punto, quando tutti si erano rimessi a giocare a boccette e lui sembrava un po’ triste, perché nessuno stava più ad ascoltarlo, mi alzavo e andavo lì, non lo seguivo nei suoi deliri, ma almeno gli offrivo un bianchino. Te, adesso, ti vedo. Esci incazzato dall’ufficio, ti hanno trattato come al solito di merda. E non han mica tutti i torti, devo dire. Ti infili in tangenziale e ciao, coda, che stavolta non era neppure orario, ma qui non si capisce più quando si formano, le code. Arrivi a casa e butti un occhio su Facebook. C’è qualcosa da dire, finalmente. Ti carichi a molla, spari cazzate come tuo padre, ma come per incanto ti becchi una manciata di likes che ti senti

Cose perdute

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"E' questo il modo in cui il mondo finisce Non già con uno schianto, ma con un piagnisteo" T.S. Eliot Ci sono scaffali in questa libreria che non raggiungo più perché sono troppo in alto perché sono dannatamente pigro o semplicemente perché invecchio Per dire, bene che vada certe poesie scivolano veloci se appena riesco ad agguantarle con la punta di quelle dita con cui volevo conquistare il mondo E non è che non vorrei volare come mi avevano insegnato ma ad ogni passo, ad ogni movimento la schiena si inchioda le mani iniziano a tremare la testa si perde i sogni di un tempo si spezzano E così lassù è il regno della polvere e senza poesie smarrisco la strada - perché era lì l’equilibrio proprio dove sembra che regni l’effimero - e magari dimentico anche gli insegnamenti di una vita come per esempio la questione degli uomini vuoti, benedetto Eliot, che mi avevi avvertito che il mondo non sarà distrutto da uno schianto ma

Maschere

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“Come stai?” “Così. Come ad ogni Carnevale..” “Cosa c’è che non va, nel Carnevale?” “Niente. Non lo so. E’ una festa che mi mette tristezza”. “E’ piena di colori. Di maschere…” “Appunto” “Non ti sono sempre piaciuti, i colori?” “Non tutti. E comunque, odio le maschere” “Perché non riesci a vederci dentro, vero?” “Perché azzerano. Livellano. Lo vedi? Tutte la stessa espressione. E non trasmette felicità” “Se guardi in giro, oggi sono tutti così. E’ il giorno in cui si sta in maschera”. “Allora è sempre Carnevale. Questo mi mette tristezza” “Tutti i giorni in maschera?” “Sì. Tutti i giorni a camminare nell’apparenza. Verso dove, poi? Guarda lì, guarda… li vedi? Dietro la maschera, fingono tutti di essere felici” “Qualcuno la mette perché non può fare diversamente, credo…” “Sì. E qualcuno perché togliersela sarebbe troppo impegnativo. Toccherebbe stare di fronte ai propri errori, alle proprie debolezze. Alla vita” “Tu che predichi, ci sai stare senza maschera?”