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Visualizzazione dei post da febbraio, 2016

Se i poeti fossero meno stupidi

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Se i poeti fossero meno stupidi, se fossero meno pigri, renderebbero tutti felici per potersi occupare in pace delle loro sofferenze letterarie. Costruirebbero case gialle con grandi giardini davanti e alberi pieni di uccelli di zufoletti e grandi gigli di cinciatristi e capinere allegre di pennacchi, sbafatori e piccoli corvi rossi che direbbero la buona ventura Ci sarebbero grandi stagni con luci all’interno e duecento pesci, dai crostacei al topo d’acqua, dalla piccola moneta al “pepamule” dall’aguglia al passero-scranno dalla navicella all’asinello Ci sarebbe aria nuova profumata dell’odore delle foglie, si mangerebbe a sensazione e si lavorerebbe senza fretta, a costruire scale di forme mai viste con legni venati di malva lisci come lei sotto le dita Ma i poeti sono molto stupidi. Per cominciare, scrivono invece di mettersi a lavorare e ciò dà loro dei rimorsi che conservano fino alla morte, felici di aver così sofferto Si compensa

Signora Aquilone

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C’era una donna, l’unica che ho avuto, aveva i seni piccoli e il cuore muto, nè in cielo nè in terra una casa possedeva, sotto un albero verde dolcemente viveva. Legato ai suoi fianchi con un filo d’argento, un vecchio aquilone la portava nel vento e lei lo seguiva senza fare domande perchè il vento era amico e il cielo era grande. Io le dissi ridendo “ma Signora Aquilone, non le sembra un pò idiota questa sua occupazione?”. Lei mi prese la mano e mi disse “chissà, forse in fondo a quel filo c’è la mia libertà”. E così me ne andai che ero un poco più saggio con tre soldi di dubbio e due di coraggio e incontrai un ubriacone travestito da santo che ogni sera si ubriacava bevendo il proprio pianto.   E mi feci vicino e gli chiesi perdono ma volevo sapere se il suo pianto era buono. Lui mi disse “fratello, è antico come Dio, ma è più dolce del vino perchè l'ho fatto io”. E prima che le stelle diventassero lacrime e prima che le lacrime diventassero ste

Già detto

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Distanze tra il vero e il vuoto tra frasi e cadute di ritmo. Nulla che possa veramente spaventare i nostri occhi infrangibili. Eppure qualcosa si è spento qualcuno si è venduto - svanendo - gli scatti, i rimbalzi dell’anima. Sia, facciamone pure una questione di anni. Che passano, che addomesticano. (taroz)

Libri

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Libi Nò quei ca vedo chì, missi a paède, issà pe i muri, ma quei fati de strade site e ciàe, de òci, man, frescùe dré ae cane, de fòge ‘nter libio d’ço del’aia Libri Non quelli che vedo qui, / messi a filari, alzati lungo i muri, / ma quelli fatti di strade silenziose e chiare, / di occhi, mani, frescure dietro le canne; / di foglie nel libro d’oro dell’aria. Paolo Bertolani  

Irlanda, graffiti

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Sempre la stessa cosa, ripartire da Dublino. Addosso quella strana malinconia che mi prende quando l’aereo decolla e stacca le ruote dalla terra irlandese. Mai riuscito a spiegare, a spiegarmi. Mai come vorrei o avrei voluto. Succede da quella prima volta, diciotto anni fa, in cui esplorai “l’isola verde” battendola a tappeto, 4800 chilometri in tutto, il che significa anche passare e ripassare, zigzagare, perdersi e ritrovarsi, ascoltare i profumi, incantarsi ai colori. Questa volta sono stati 2700, nemmeno pochi, sfiorando appena l’entroterra e costruendo il viaggio con l’oceano quasi sempre a vista. Perché è del mare che ho bisogno, sempre, e questo ormai mi è chiaro.   Eppure, anche stavolta è stata una scoperta. Di luoghi e memorie, di nomi e storie. Magari appena coperte da un velo sottile di polvere, quello che fa perdere di vista e mai veramente dimenticare. Cose nuove: un passaggio veloce da Ballyshannon, dove la gente del Donegal ha dedicato una statua