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Visualizzazione dei post da 2013

Forestiero

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Quante strade senza passi Quanti rosari di sasso Quante preghiere nella notte Senza nemmeno farsi il segno della croce E un chiodo nella scarpa   Quanta terra ho calpestato Senza volerle fare del male Terra che mai ho rinnegato E neanche mai ricordato E ne ho perfino mangiata   Forestiero... anche qui Nella via che sa tutto di me Nella piazza che mi riconosce E si chiede perché   Forestiero... da solo Con la mia ombra che non riesce a seguirmi Con il cuore che rimbalza in testa Per finir sotto i piedi Nel bussare alla tua porta Testo trovato su http://www.testitradotti.it   Quanti volti senza occhi Quanti pensieri bacati Per non rimpiangere il mio tempo Ho nascosto l'orologio In fondo alla borsa.   Quanti letti senza sogni Quanta memoria di legno Dura come questa porta Che pare un disegno Coi colori messi male.   Forestiero... anche qui Nella via che sa tutto di te Nella piazza che parla che ride

Non detto

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Giornate di tanto tempo fa, quando avrei potuto semplicemente salire al piano di sopra e baciare mia madre o mio padre e dire «Mi piacete perché un giorno sarò un vecchio vagabondo nella desolazione, e sarò solo e triste». JK

Stagioni

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Oggi io sono qui un tale col tempo tra le mani Tu mi sei nel cuore durante le quattro stagioni che sono 1 – la primavera 2 – la prima notte e così via (Ted Berrigan)

Note a margine

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Tristi fisarmoniche prenatalizie suonano My Way. Via D’Azeglio, luci, passi di fretta. Malinconia. Pensieri. Volti di striscio. Te. Te. Qualcos’altro. Poco altro. Suono che fa soffrire, per quanto è povero disarmato improvvisato. Non fa nemmeno freddo. Fuori. Fa freddo dentro, come sempre. Brutta storia, continuare a piangere per i dolori del mondo

Coordinate

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L'inverno (l'inferno) la fragilità della neve masticata divorata dal sole Quel tanto di nebbia che aiuta il mistero a non sciogliersi a non rivelare di sé che le ombre Lì sotto deve pur esserci una strada che butta dritto dentro ai tuoi occhi - i tuoi occhi, hai presente com'è difficile catturarli incatenarli a un'idea? -

Che cosa vuoi fare di me?

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You poisoned my sweet water. You cut down my green trees. The food you fed my children Was the cause of their disease. My world is slowly fallin' down And the air's not good to breathe. And those of us who care enough, We have to do something... Oh... oh What you gonna do about me? Oh... oh What you gonna do about me? Your newspapers, They just put you on. They never tell you The whole story. They just put your Young ideas down. I was wonderin' could this be the end Of your pride and glory? I work in your factory. I study in your schools. I fill your penitentiaries. And your military too. And I feel the future trembling, As the word is passed around. “If you stand up for what you do believe, Be prepared to be shot down”. And I feel like a stranger In the land where I was born And I live like an outlaw. And I'm always on the run... And I'm always getting busted And I got to take a stand... I believe the revolution Must be mi

These foolish things

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La notte che non porta in nessun posto L’anima si è inchiodata proprio qui, sopra lo stomaco un pugnale freddo nel petto - da non credere – Sono stato all’ospedale pronto prontissimo soccorso niente non era pronto a soccorrermi e io non proprio pronto a crepare e c’era troppa gente occhi liquidi nella notte odore di vomito e muffa colori troppo accesi Così eccomi qui piccola mia aspetto che il cuore vada a pezzi si frantumi se crede in questa notte fetida diversamente lasciamo che sia vedrò di organizzare il prossimo risveglio Ho voglia di qualcosa di fresco qualcosa di pulito che lavi via lo sporco della notte della vita succo d’arancia o vino dolce vedi tu ho voglia di sapori buoni niente plastica niente neon niente puttane stanche sui marciapiedi né pioggia fredda sul collo niente sigarette al veleno Ho voglia di scopare bene ho voglia di uscire di qui da questa notte da questo buio da tutto questo dannato dolore  

Viviamo per desiderare

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  "Viviamo per desiderare, e cosi farò anch'io, e balzerò giù da questa montagna sapendo tutto alla perfezione, o non sapendo nulla alla perfezione, pieno di splendida ignoranza in cerca di una scintilla altrove". JK

Masterpieces

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Zio Marvin, fammi compagnia. Tu che ancora mi commuovi, liberami da tutta questa malinconia d’autunno.

Bringing it all back home

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Succede che poi queste vite fanno giri inattesi svirgolano, sbordano viaggiano il mondo -il mondo intero - prima di tornare là dove erano partite Che poi il mondo - così si dice - è piccolo. Stessi angoli, stessa via stretta, il portico e quel taglio di luce nella sera e la casa, il portone come allora, e tutto - tutto - messo lì apposta per farti ricordare. Solo che quello era un mondo da attraversare in bici, col vento nei capelli, il cuore leggero. Succede che adesso riparti da lì, provi a riprendere il filo dalla rabbia di allora per un bacio non dato, e manca un niente - insomma - per chiudere il cerchio. Così semplicemente lo chiudi e dentro senti salire un riso sommesso e non sai se è per gioia per divertimento e poi non ti importa nemmeno saperlo basta che sia vero mai banale che sia pieno di vita che sia tu ed io e tutte le frasi che volevamo spendere stasera. Pensavi di innamorarti dei ricordi frugando in quel cer

Winter memories

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Showeller gal in a mornin’ whisper where are ‘u goin’ with your silver showel? The snow chilled my heart last night Please, can you help me to heat it up right?

To a refund friend

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IN ISTANTI (dietro la chiesa di Calamosco) C’è il respiro affannato, e c’è sempre il solito cielo tra gli alberi, immutato, incantato ai tuoi discorsi, e questo sole d'inverno che si affaccia appena tra le pause. Adesso il cemento si aggrappa anche a questo silenzio, avvolge nasconde avvilisce ma noi ci raccontiamo che almeno non può cancellare Solo un salto indietro negli anni e – ricordi? - eccoli tutti in fila i nostri passi di corsa, i miei sguardi infilati di striscio dentro ai tuoi. Un guizzo, oplà, un incrocio di vite. La città dimenticata a due passi che non ha niente di nuovo da dirci più niente di vivo da darci. Ora ascolta. Ascolta bene, ogni cosa diventa proprio come te presente e sfuggente fragile e inattaccabile. Nel nulla, tutto. Come se l’attimo fosse lì, in quel punto esatto, da sempre.
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  SES TUE (SEI TU) Fiaccola nei giorni più neri, splendida come un'alba chiara. Rugiada sulla terra bruciata sei tu, sei tu. Primavera che infiora la campagna, stella nella nebbia fredda, desiderio di dolcezze nascoste sei tu, sei tu Mettimi una mano sulle spalle e scaldami il cuore ed il corpo. Persino le ore più brutte mi sembreranno una pioggia leggera Carezza di arcani sentimenti, regalo di fiori di monte, augurio di stagioni incantate sei tu, sei tu Posami una mano... (Piero Marras)

Compleanno

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Babbo, qui non è cambiato niente e a volte mi domando se tu e mà dovevate proprio farmi così. Ma vabbè, vi somiglio nel bene e nel male, che poi è un male che non fa così male agli altri. Tanto dovrebbe bastarmi, no? Tanto, per ora, mi basta. Buon compleanno, là dove sei, e dì all’Anna che ogni tanto si schiodi dalla sedia in cucina e si faccia un giretto tra le nuvole…

Aspettando

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  Ma che ore sono? Mancano cinque alle dieci e mezza e ancora non l’annunciano cazzo sempre così aspettare aspettare almeno dicessero qualcosa e maledetto me e ‘sto caldo e questa sala d’aspetto piena di gente non so neppure perché ci sono venuto che si sta stretti e non si vede il sole dai che là fuori c’è il sole dai che si parte arriverà prima o poi e ci scordiamo tutto il caldo il sudore la voglia di scappare via dai che adesso mi alzo e vado a fare un giro fino ai binari vado a guardare i treni come quand’ero bambino e lo annunceranno ‘sto treno prima o poi che mancano cinque alla mezza dai, mi alzo. Adesso. 2 agosto 2013

Uno sconosciuto

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  Mi svegliai che il sole stava diventando rosso, e quello fu l'unico preciso istante della mia vita, il più assurdo, in cui dimenticai chi ero - lontano da casa, stanco e stordito per il viaggio, in una povera stanza d'albergo che non avevo mai visto, col sibilo del vapore fuori, lo scricchiolio del legno vecchio degli impianti, i passi al piano di sopra  e altri rumori tristi - e guardai il soffitto alto e screpolato e davvero non riuscii a ricordare chi ero per almeno quindici assurdi secondi. Non avevo paura. Ero semplicemente qualcun altro, uno sconosciuto, e tutta la mia vita era una vita segreta, la vita di un fantasma. Ero a metà strada tra una costa e l'altra dell' America, al confine tra l'Est della mia giovinezza e il West del mio futuro, e  forse è per quello che accadde proprio lì e in quel momento, in quello strano pomeriggio rosso.   Jack Kerouac  

Fiasconaro e quel record in bianco e nero

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Marcello Fiasconaro 27 giugno 1973, Arena di Milano 800 metri in 1:43:7 Nuovo record del mondo Avevo tredici anni. L’Arena era un catino in bianco e nero dentro la tv che trasmetteva il “Rischiatutto”, ma anche “Il Poeta e il Contadino” con due pazzi surreali e in anticipo sui tempi che si chiamavano Cochi e Renato. Era quella la mia tv, e l’atletica come altri sport (il pugilato di Benvenuti e Griffith appena qualche anno prima, quello del ritorno di Muhammad Ali sul ring, la pallanuoto della Pro Recco e di Eraldo Pizzo e Alberto Alberani, i documentari su Walter Bonatti) ci entravano ancora dalla porta principale. Avevo tredici anni e “March” piombò nella mia vita a grandi falcate. Il tempo di correre 800 metri più veloce di chiunque al mondo. Il tempo di far soffocare un campione come Jozef Plachy, che aveva provato a stargli dietro, fino a trovarsi con le gambe di marmo e la disperazione negli occhi. “March” veniva dal Sudafrica, aveva ovviamente una passionaccia

Alla grande!

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  Quello che ho più spesso sentito dire, sul mio nuovo lavoro, è “complimenti, sei rientrato nel giro alla grande” . Eppure, mica ero morto. Mi sento di dire, senza troppo vantare o millantare, neppure professionalmente. Ho lavorato molto da quando ha chiuso “Il Domani” (no, non mi riesce di chiamarlo con l’altro nome, I’m sorry…). Ho fatto nascere e crescere un giornale online insieme a un collega, scrivo sull’edizione italiana della più importante rivista internazionale di running, ho pubblicato due libri, dirigo una rivista di settore, ho diverse collaborazioni che mi gratificano, conduco una trasmissione radiofonica dove sono passati campioni di sport e di vita. Ma “sono rientrato nel giro alla grande” . Adesso. Non sarà che questa città è talmente chiusa in sé stessa che non sa più guardare fuori dalla finestra più piccola, quella del gabinetto? 

La tua prima luna

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Questa è la tua prima luna che vedi fuori di casa sapendo di non tornare. Oggi sei uscito e ti sei domandato ma dove sto andando e che cosa farò. Sei finito in un prato, mangiando una mela comprata passando dal centro, dove i tuoi amici parlavano di donne e di moto e tu ti fumavi la gioia di esser riuscito a fuggire di casa portandoti dietro soltanto la voglia di non tornare. Hai pochi soldi sai bene domani nessuno ti aiuta se hai voglia di chiedere aiuto vai in quella prigione dove ti hanno insegnato ad amare poche persone alla volta e non vuoi ritornare, vuoi amare più gente, vuoi vivere in mezzo alla gente. E mentre dormi su un prato, sentendo un po' freddo tu vedi passare una macchina verde della polizia, non ti vedono neanche, capisci di colpo che il loro discorso è diverso dal tuo. Claudio Rocchi 1951-2013

Note a margine

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Mio figlio. Un paio di libri che ho amato leggere più degli altri. Riletti. Un paio di libri che ho amato scrivere più degli altri. Mai riletti. Il personale sui 5000 metri. La gara dei 5000 metri, così perfetta. Le prove di poesia beat a sedici anni. La piazza bella piazza di allora. Qualche racconto inedito. Un paio di viaggi più indimenticabili di altri. Persone e sguardi che ho incontrato, fermandomi apposta. Una nuotata di chilometri in mare aperto. Poche cose da non perdere.

La casa di Roberto

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Volevo farlo da tempo. La casa di via Valeriani 39. Immaginarla animata con le voci e i rumori di allora, più di settanta anni fa. Cinque minuti soltanto, il tempo di pensare a Roberto, figlio di Arpad, e a Giovanni che ha aspettato per anni e anni di sapere dell'amico. Roberto che in quella foto era un bambino sveglio, e non è mai invecchiato. Non lo hanno lasciato invecchiare, dannati loro e quelli che dimenticano. Volevo farlo. Andava fatto. Grazie ancora, Matteo.

Buon volo, zio Richie...

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Rest in peace, great peaceful man…

Altri sguardi

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Commemorazione della liberazione di Bologna sotto casa, alla sede del Quartiere. Matteo immobile e incantato ad ascoltare l’inno. Non so più se ci sarà un domani per questo Paese, ma se fosse bisognerebbe cercarlo negli occhi puliti dei nostri figli. Ripulire il passato, far tacere demiurghi e imbonitori, rimboccarsi le maniche, ripartire. Gli ideali non sono giovani, sono bambini.

Assenze ingiustificate

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  Sono momentaneamente assente dalla mia mente. Si prega di ripassare più tardi. Che so, tipo nel 2027... Per urgenze rivolgersi al vicino di casa, che ha un doberman. Libero. Non di nome, nel senso che gira sempre senza guinzaglio. Se dovete lasciare della polvere, mettetela sotto il tappeto, vicino alla chiave. Se è d'oro è meglio. La polvere, non la chiave.

Ciao Enzo, e grazie

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IL MONUMENTO Il nemico non è, no non è oltre la tua frontiera; il nemico non è, no non è oltre la tua trincea; il nemico è qui tra noi, mangia come noi, parla come noi, dorme come noi, pensa come noi ma è diverso da noi. Il nemico è chi sfrutta il lavoro e la vita del suo fratello; il nemico è chi ruba il pane il pane e la fatica del suo compagno; il nemico è colui che vuole il monumento per le vittime da lui volute e ruba il pane per fare altri cannoni e non fa le scuole e non fa gli ospedali per pagare i generali, quei generali quei generali per un'altra guerra... Enzo Jannacci

"LISOLA", un film racconta una storia degli anni Settanta

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Lo ha girato Matteo Parisini: parla della nota comunità nella quale è nato e cresciuto L’autofinanziamento attraverso “Produzioni dal Basso”. “A fine aprile saremo pronti” di Marco Tarozzi Gli ideali dei padri raccontati dai figli. Se qualcuno pensava che quella casa in mezzo all’Appennino fosse stata soltanto una splendida utopia, e considerava la fine di quell’avventura come la sconfitta di un gruppo di sognatori, è proprio nell’amore di questi ragazzi ormai cresciuti, nella cura con cui hanno saputo rispolverare la memoria, che troviamo la risposta: loro hanno capito, hanno imparato, hanno fatto tesoro di tutta quella creatività. E ne hanno ricavato una storia piena di umanità, raccontando tanto delle pulsioni giovanili degli anni Settanta. La storia è quella di una “comune” nata a Sasso Marconi proprio in quel periodo. A raccontarla in un lungometraggio che porta semplicemente il nome di quel luogo, “Lisola” è un gruppo di ragazzi che ci sono nati e cresciuti. L’idea è venu

Colpe

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“La vita è responsabilità. E invece stiamo facendo appassire la nostra vita, il nostro futuro nell’eterna assoluzione di noi stessi. La colpa è sempre degli altri: di chi è al governo o al municipio, della dottoressa dell’Asl, del vigile urbano. La colpa è del geometra. Siamo poveri per colpa degli altri, stiamo male per colpa degli altri. Colpa loro: la scelta più agevole per un ignavo. L’indice puntato. Sono gesti che si ripetono davanti ai miei occhi e parole che risuonano come fosse un sottofondo musicale. E invece è sempre mia la responsabilità”. (Ascanio Celestini)

Ballando sul Titanic

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Andavamo in piazza pensando di cambiare il mondo. Convinti che saremmo riusciti a colorarlo con la forza delle nostre idee, della nostra gioventù. Eravamo creativi. Facevamo anche un’enormità di cazzate, ma in mezzo nasceva davvero qualche fiore. Ci hanno dato degli illusi. E va bene, ci sta. Lo siamo stati, forse. Ma ci hanno aiutato a spegnerle, le illusioni, accendendo milioni di televisori e raccontandoci sempre la stessa storia. Ci hanno lobotomizzati. Quasi tutti. Qualcuno ha ancora pensieri da spendere, e spesso sono ancora vent’anni avanti. Ma ci si sente soli, a pensare. Ci si sente male. Andavamo in piazza pensando di cambiare il mondo. Adesso su quella piazza ci organizzano l’ennesimo Harlem Shake. L’orchestra suona. Balliamo. 11 marzo 1977 – 11 marzo 2013

Metafore

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Oggi sarebbero sessant'anni. Invece sono quasi venti che mi manchi. Il cielo piange. Metafore.

Con destrezza

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Amico mio. Ti dico la verità: mi sarebbe piaciuto che avessi ricordato che quelle righe virgolettate che hai citato sono roba mia. Non è presunzione, solo che io ho questo da darti. La scrittura. Se le hai prese, ho idea che ti siano piaciute, quelle righe. E le hai prese, appunto. Ma sono vecchio, è tutto qui. Invece, scrivere ormai è questo. Non si paga un'idea, lo so da tempo. Ma nemmeno si dice un grazie, se un’idea ha acceso un’emozione. Va così, è la fottuta fretta. E’ la condivisione in tempo di social network. E’ la dannata miseria. E le ferite si sommano alle ferite.