Ultime dal mondo segregato
senza luna e senza sogni. La faccia, dai,
non la voglio neanche vedere,
ma la immagino, come dopo una notte
di vino cattivo e paure. Invece niente,
qui non c’è neanche un bar aperto,
non c’è nemmeno una luce, girano spettri
peggiori di quelli che fanno baldoria
nella mia mente.
La coperta è una sciarpa arrotolata male,
la finestra non serve, qui è tutto un vetro,
e domattina almeno avrò un’alba gratis.
E avrò tempo per pensare a te chiusa,
blindata, bendata, annichilita
dalle consuetudini, che non puoi nemmeno
allungarmi una mano, sposteresti i mobili,
gli usi, i costumi. Ma almeno
ti penso addormentata, senza sogni è meglio,
serve a riprendere fiato.
Qui di sera i fari illuminavano il diamante,
si sentiva il colpo secco della mazza
e la gente del baseball che ritmava
la corsa a casabase. Smetterò
di pensare ogni occasione come unica,
e a quelle perse come uniche e perse.
Verrà altro, non so, verrà il sole,
forse l’aria fresca del mattino,
a ricordarmi che un domani ci aspetta,
anche se saranno ancora strade vuote,
occhi nascosti, passi veloci,
aspettando che torni la vita.
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