E Coppi parla ancora


Coppi è un ricordo in bianco e nero. Un libro, e un arrivo del Giro dell'Emilia visto col nonno. Nonno Mario. E l'autografo del mio primo campione da figurina.

Coppi non l'ho nemmeno incrociato, da ragazzino. Se ne è andato a gennaio, nello stesso anno in cui sono nato ad agosto. Ma come tanti l'ho vissuto nei racconti di chi c'era, ancora più colorati perché c'era da lavorare di immaginazione, con quei pochi filmati della tv dei due canali, e basta.

Avevo quasi dodici anni quando Mario mi portò a vedere l'arrivo del Giro dell'Emilia. Quell'anno era in via Stalingrado, alla Fiera. Fu quando Eddy Merckx arrivò insieme allo spagnolo Santiago Lazcano, e non ebbe pietà. Perché Merckx era così, correva per vincere e la sua filosofia non prevedeva sconti, per nessuno. Gimondi regolò gli inseguitori, arrivando sul traguardo poco più di un minuto dopo. E io andai a casa felice, perché ovviamente Merckx era uno dei miei idoli di ragazzino.

Che c'entra Coppi? C'entra perché ai margini della corsa c'era un furgoncino dove il business era semplice: foto di Merckx più libro "Parla Coppi", scritto da Rino Negri, che tra i giornalisti era forse l'amico più intimo del Campionissimo. C'entra perché quel binomio, Coppi il passato e Merckx il presente, mi affascinava, e convinsi mio nonno a concludere "l'affare".

Poco oltre, orgoglioso del mio acquisto, incrociai Giordano Turrini ancora affaticato dopo il traguardo. Era uno dei pochi bolognesi che sfogliavo tra le figurine dell'album "Campioni dello Sport" della Panini. Lo avvicinai con timidezza, e l'ultima pagina, bianca, di quel libro, mi sembrò perfetta per farci entrare l'autografo del mio campione di casa.

Quel libro mi è tornato tra le mani qualche giorno fa. Con la foto di Fausto in copertina, in testa uno di quei baschetti che portava d'inverno anche mio nonno. E quella firma vergata con mano quasi infantile: Turrini Giordano. Il campione che poi è entrato nelle venticinque storie del mio libro sullo sport bolognese, raccontandomi una carriera sportiva di sacrificio e volontà.

"Parla Coppi", girato e rigirato, consumato dall'uso. Quella storia che mi incuriosiva, quella storia di sport immensa e luminosissima. Quella vita da campione che forse ha indirizzato le mie scelte, insieme ai tanti quaderni pieni di cifre e statistiche di campionati immaginari, di calcio, di ciclismo, di automobilismo, che riempivano i miei pomeriggi di bambino.

"Parla Coppi", Fausto, il nonno e quel pomeriggio in via Stalingrado a guardare i campioni del ciclismo. E il bello è che cinquant'anni dopo Fausto parla ancora, come fosse tra noi. Con quelle gesta in bianco e nero che ognuno di noi ha colorato come meglio ha creduto e voluto, perché ancora non era arrivato nessuno a spiegarci come colorarle.

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