Gli ottant'anni del "prete-alpinista"
Don Arturo Bergamaschi è un personaggio unico. Occhi di un azzurro intenso, da ragazzino curioso della vita. E lo è, un ragazzino, perché le ottanta primavere che si carica ogni giorno sulle spalle sembrano leggerissime, portate da lui. Attraversa Bologna in bicicletta pianificando il prossimo viaggio, la prossima avventura che lo porterà una volta di più verso Oriente, verso mondi e popoli che restano lontani, anche in tempi di comunità cosiddetta globale, verso le sue montagne. L'8 novembre don Arturo ha festeggiato il traguardo degli "ottanta" tra gli amici con una storia in più da raccontare. Il viaggio dello scorso ottobre, 32 giorni tra Cina, Tibet e Nepal. Il mio regalo di compleanno è stato questo articolo sul "Domani". Poca cosa, buona appena per ringraziarlo dell'esempio che dà a chi gli sta intorno.
OTTANT'ANNI AD ALTA QUOTA
di Marco Tarozzi
Guarda sempre verso l’alto, verso le sue montagne infinite, don Arturo Bergamaschi. Anche adesso che ha agguantato il traguardo dei suoi primi, fantastici ottant’anni. Li ha festeggiati sabato, per il calendario, e ieri con una grande festa con gli amici di vita e di avventura. Prima, lo aveva già fatto a modo suo. Regalandosi un mese di viaggi ad Oriente tra Cina, Tibet e Nepal, a caccia di impressioni, appunti sparsi, emozioni da incamerare con quella sua infinita, contagiosa curiosità. Storie da rivivere a colori "Sulle ali dei ricordi": così ha chiamato questa sua spedizione, che racconterà agli appassionati nel consueto appuntamento all’Antoniano, la prossima primavera. Perché questo "prete d’alta quota", classe 1928 e un fisico da eterno ragazzo, adesso ama tornare nei luoghi che ha già conosciuto. Per vedere il mondo che cambia, e in che modo
lo fa.
"La Cina, per dire. È vero, è un altro paese rispetto a quando la vidi l’ultima volta, nel 1985. Pechino, da allora, è irriconoscibile. E non è solo questione di Olimpiadi, direi piuttosto un processo inarrestabile e sempre più rapido. Da Pechino abbiamo viaggiato con il leggendario Treno Celeste fino a Lhasa, la capitale del Tibet. Su quella linea ferroviaria che viaggia ad altitudini impensabili, fino a oltre 5000 metri d’altezza, con le prese per l’ossigeno nelle cabine dei turisti ma non in quelle dei viaggiatori locali".
Proprio lì, in Tibet, don Arturo ha visto il vero cambiamento. Non nelle strutture, ma nelle anime, nella gente.
"Lhasa l’ho vista tante volte. Anche lì la logistica è stata rivoluzionata dagli anni. Ma c’è molto di più. Difficile sentirsi in pace a Jokhang, il tempio buddhista più antico del Tibet, con le squadre antisommossa che ti girano intorno continuamente. Quel paese sta cambiando radicalmente: i villaggi cinesi, grazie alle sovvenzioni governative, sono tirati a lucido, e accanto quelli tibetani danno una sensazione di grande povertà. È in atto una "cinesizzazione" del Tibet, e ha ragione il Dalai Lama quando dice che un popolo sta perdendo la sua storia, e parla di genocidio culturale. E il problema è che lui è una guida che predica nel deserto, purtroppo".
Sulle tracce di sè stesso, don Bergamaschi ha rivisto, da sotto, quegli Ottomila che ha amato con tutto sè stesso, sentendosi "più vicino a Dio" ogni volta che guadagnava metri verso le sue vette. Stavolta, l’ultima parte del viaggio è stato un trekking d’alta quota.
"Katmandu era la base di partenza. In Nepal è cambiato il governo, ma Katmandu è sempre la stessa: inquinata, disordinata, rumorosa. Unica, nel suo genere. Da lì, in una ventina, siamo risaliti verso Lukla e Tengpoche, sulla strada che porta verso l’Everest. Il tempo ci ha aiutati, abbiamo trovato giornate splendide e la vista di quelle montagne, l’Everest, il Lhotse, ci ha riconciliati con la natura e con noi stessi. Qualcosa di impareggiabile".
Qualcosa di unico, come questo prete nato nella Bassa, tra Modena e Bologna, cresciuto a pane e montagna per sessant’anni, che ad alta quota ha organizzato spedizioni importantissime dal punto di vista alpinistico e da quello scientifico. E che ancora non si stanca di camminare verso
l’alto, guardando oltre i suoi primi ottant’anni.
HA GUIDATO 35 SPEDIZIONI: TRE "PRIME" OLTRE I 7500
Don Arturo Bergamaschi è nato a Savignano sul Panaro l’8 novembre 1928. Laureato all'Università di Bologna in Matematica e Fisica, ha insegnato al Seminario Regionale di Bologna, al Liceo Classico dell'Istituto San Luigi e dal 1975 al 1995 al Liceo Scientifico e Linguistico Malpighi. Dal 1970, ha organizzato e guidato 35 spedizioni alpinistiche e scientifiche in ogni parte del mondo: le più significative nell’83, in Pakistan, con tre "prime" oltre 7500 metri, e nel ‘94 sul K2, in occasione del 40° anniversario della
conquista.
OTTANT'ANNI AD ALTA QUOTA
di Marco Tarozzi
Guarda sempre verso l’alto, verso le sue montagne infinite, don Arturo Bergamaschi. Anche adesso che ha agguantato il traguardo dei suoi primi, fantastici ottant’anni. Li ha festeggiati sabato, per il calendario, e ieri con una grande festa con gli amici di vita e di avventura. Prima, lo aveva già fatto a modo suo. Regalandosi un mese di viaggi ad Oriente tra Cina, Tibet e Nepal, a caccia di impressioni, appunti sparsi, emozioni da incamerare con quella sua infinita, contagiosa curiosità. Storie da rivivere a colori "Sulle ali dei ricordi": così ha chiamato questa sua spedizione, che racconterà agli appassionati nel consueto appuntamento all’Antoniano, la prossima primavera. Perché questo "prete d’alta quota", classe 1928 e un fisico da eterno ragazzo, adesso ama tornare nei luoghi che ha già conosciuto. Per vedere il mondo che cambia, e in che modo
lo fa.
"La Cina, per dire. È vero, è un altro paese rispetto a quando la vidi l’ultima volta, nel 1985. Pechino, da allora, è irriconoscibile. E non è solo questione di Olimpiadi, direi piuttosto un processo inarrestabile e sempre più rapido. Da Pechino abbiamo viaggiato con il leggendario Treno Celeste fino a Lhasa, la capitale del Tibet. Su quella linea ferroviaria che viaggia ad altitudini impensabili, fino a oltre 5000 metri d’altezza, con le prese per l’ossigeno nelle cabine dei turisti ma non in quelle dei viaggiatori locali".
Proprio lì, in Tibet, don Arturo ha visto il vero cambiamento. Non nelle strutture, ma nelle anime, nella gente.
"Lhasa l’ho vista tante volte. Anche lì la logistica è stata rivoluzionata dagli anni. Ma c’è molto di più. Difficile sentirsi in pace a Jokhang, il tempio buddhista più antico del Tibet, con le squadre antisommossa che ti girano intorno continuamente. Quel paese sta cambiando radicalmente: i villaggi cinesi, grazie alle sovvenzioni governative, sono tirati a lucido, e accanto quelli tibetani danno una sensazione di grande povertà. È in atto una "cinesizzazione" del Tibet, e ha ragione il Dalai Lama quando dice che un popolo sta perdendo la sua storia, e parla di genocidio culturale. E il problema è che lui è una guida che predica nel deserto, purtroppo".
Sulle tracce di sè stesso, don Bergamaschi ha rivisto, da sotto, quegli Ottomila che ha amato con tutto sè stesso, sentendosi "più vicino a Dio" ogni volta che guadagnava metri verso le sue vette. Stavolta, l’ultima parte del viaggio è stato un trekking d’alta quota.
"Katmandu era la base di partenza. In Nepal è cambiato il governo, ma Katmandu è sempre la stessa: inquinata, disordinata, rumorosa. Unica, nel suo genere. Da lì, in una ventina, siamo risaliti verso Lukla e Tengpoche, sulla strada che porta verso l’Everest. Il tempo ci ha aiutati, abbiamo trovato giornate splendide e la vista di quelle montagne, l’Everest, il Lhotse, ci ha riconciliati con la natura e con noi stessi. Qualcosa di impareggiabile".
Qualcosa di unico, come questo prete nato nella Bassa, tra Modena e Bologna, cresciuto a pane e montagna per sessant’anni, che ad alta quota ha organizzato spedizioni importantissime dal punto di vista alpinistico e da quello scientifico. E che ancora non si stanca di camminare verso
l’alto, guardando oltre i suoi primi ottant’anni.
HA GUIDATO 35 SPEDIZIONI: TRE "PRIME" OLTRE I 7500
Don Arturo Bergamaschi è nato a Savignano sul Panaro l’8 novembre 1928. Laureato all'Università di Bologna in Matematica e Fisica, ha insegnato al Seminario Regionale di Bologna, al Liceo Classico dell'Istituto San Luigi e dal 1975 al 1995 al Liceo Scientifico e Linguistico Malpighi. Dal 1970, ha organizzato e guidato 35 spedizioni alpinistiche e scientifiche in ogni parte del mondo: le più significative nell’83, in Pakistan, con tre "prime" oltre 7500 metri, e nel ‘94 sul K2, in occasione del 40° anniversario della
conquista.
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