Cassin, splendido centenario
Arrivo in ritardo (il giorno del compleanno era il 2 gennaio), ma ogni tanto succede che il mondo giri per il verso giusto, e vale la pena ricordarlo. Ha fatto il suo dovere facendo arrivare al traguardo dei cent'anni Riccardo Cassin, e permettendogli di scollinare questa montagna di vita ed esperienza guardando ancora avanti. Perché Cassin è un uomo vero, che ha insegnato e continua a insegnare. Un ragazzo nell'anima, che ha instradato centinaia di ragazzi innamorati della montagna, della natura, della vita, e migliaia e migliaia che anche senza salire verso l'alto hanno imparato tanto dal suo modo di vivere e rapportarsi al prossimo. Maestro, padre, guida insostituibile. Di quelli che non ti fanno pesare il loro ruolo, che ti proteggono quasi nascondendoti il loro valore immenso e assoluto.
Riccardo Cassin è stato un signore della montagna. Negli anni Trenta rivoluzionò il mondo dell'alpinismo con le sue grandi “prime”. Il “traverso” della Nord della Cima di Lavaredo, conquistato nel 1935 dopo ventisette tentativi di grandi specialisti andati a vuoto, la Nord Est del Pizzo Badile nel '37. Il capolavoro assoluto, la Nord delle Grandes Jorasses, “ultimo problema irrisolto prima della guerra” secondo Messner, a cui lui trovò soluzione insieme a Ginetto Esposito e Ugo Tizzoni. Nel '53 fu lui a portare Ardito Desio in perlustrazione ai piedi del K2, e a individuare la via di salita. Ma un anno più tardi Desio, in partenza per “l'impresa italiana”, decise di lasciare a casa il più famoso e capace alpinista italiano, ufficialmente per “problemi cardiaci” insorti durante le visite mediche. Ben strano malato di cuore, quello che quattro anni dopo avrebbe guidato la spedizione Cai al Gasherbrum IV, mandando in cima Walter Bonatti (altro talento assoluto sacrificato all'epica dell' “italica conquista” sul K2) e Carlo Mauri.
Ancora: la prima sulla Sud del McKinley, il gigante alaskano, la Ovest dell'Jirishanca a sessant'anni compiuti. E a settantotto il fantastico “remake” del Badile, due volte in sette giorni. Riccardo Cassin è salito verso l'alto fino al 2002. Ha ispirato uomini come Messner e Bonatti, che per rendergli onore in questi giorni hanno messo definitivamente una pietra sopra antiche ruggini, rispolverando quel rispetto reciproco che si meritano e si devono. E' stato un “primo di cordata”, come si dice. Ovvero grande maestro, uomo di assoluto carisma. Di quelli a cui ci si può affidare con fiducia. Mai prevaricatore, però, mai protagonista a forza. Defilato, piuttosto. E schivo: di ritorno in treno dal capolavoro della Walker, vide la folla che lo aspettava sulla banchina della stazione di Lecco e pensò che in qualche carrozza ci fosse “un pezzo grosso”. “Meglio se scendiamo dal fondo”, consigliò ai suoi compagni.
Riccardo Cassin ha usato poche, rare, preziose parole nella sua vita. Non l'ha sprecata. Per lui è stata, ed è, un tesoro da scoprire con quotidiana curiosità. Anche oggi, superati i suoi primi splendidi cent'anni.
Riccardo Cassin è stato un signore della montagna. Negli anni Trenta rivoluzionò il mondo dell'alpinismo con le sue grandi “prime”. Il “traverso” della Nord della Cima di Lavaredo, conquistato nel 1935 dopo ventisette tentativi di grandi specialisti andati a vuoto, la Nord Est del Pizzo Badile nel '37. Il capolavoro assoluto, la Nord delle Grandes Jorasses, “ultimo problema irrisolto prima della guerra” secondo Messner, a cui lui trovò soluzione insieme a Ginetto Esposito e Ugo Tizzoni. Nel '53 fu lui a portare Ardito Desio in perlustrazione ai piedi del K2, e a individuare la via di salita. Ma un anno più tardi Desio, in partenza per “l'impresa italiana”, decise di lasciare a casa il più famoso e capace alpinista italiano, ufficialmente per “problemi cardiaci” insorti durante le visite mediche. Ben strano malato di cuore, quello che quattro anni dopo avrebbe guidato la spedizione Cai al Gasherbrum IV, mandando in cima Walter Bonatti (altro talento assoluto sacrificato all'epica dell' “italica conquista” sul K2) e Carlo Mauri.
Ancora: la prima sulla Sud del McKinley, il gigante alaskano, la Ovest dell'Jirishanca a sessant'anni compiuti. E a settantotto il fantastico “remake” del Badile, due volte in sette giorni. Riccardo Cassin è salito verso l'alto fino al 2002. Ha ispirato uomini come Messner e Bonatti, che per rendergli onore in questi giorni hanno messo definitivamente una pietra sopra antiche ruggini, rispolverando quel rispetto reciproco che si meritano e si devono. E' stato un “primo di cordata”, come si dice. Ovvero grande maestro, uomo di assoluto carisma. Di quelli a cui ci si può affidare con fiducia. Mai prevaricatore, però, mai protagonista a forza. Defilato, piuttosto. E schivo: di ritorno in treno dal capolavoro della Walker, vide la folla che lo aspettava sulla banchina della stazione di Lecco e pensò che in qualche carrozza ci fosse “un pezzo grosso”. “Meglio se scendiamo dal fondo”, consigliò ai suoi compagni.
Riccardo Cassin ha usato poche, rare, preziose parole nella sua vita. Non l'ha sprecata. Per lui è stata, ed è, un tesoro da scoprire con quotidiana curiosità. Anche oggi, superati i suoi primi splendidi cent'anni.
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