I "dimenticati" di Steinbeck


Un ricordo di John Steinbeck, che se ne andò esattamente quarant'anni fa, il 20 dicembre 1968. Intenso, dal punto di vista personale, perché è stato il classico autore “di formazione”, come si dice, e senz'altro il primo di cui io conservi memoria piena. La lettura, breve e intensa, de “La Perla”, affrontata in seconda media grazie a un'insegnante di lettere che sapeva davvero alimentare la voglia di leggere, di approfondire, di capire (Marcella Caudarella, una delle guide insostituibili della mia vita), fu la scoperta di un mondo, di una letteratura, di una strada da seguire. Nella storia tragica di Kino, del suo tesoro sfavillante e inutile, c'era molto più di una storia. C'era un sentiero che mi indicava su quale via proseguire, da che parte stare.
John Steinbeck. Dimenticato, e per molti superato. Profondo, etico, intenso. Cantore degli spiantati, dei derelitti di “Vicolo Cannery” e dei picari senzafuturo di “Pian della Tortilla”. Il dolore dei poveri, le ferite della piccola borghesia. La forza dell'impegno sociale, che Steinbeck aveva vissuto e non semplicemente raccontato, fin da quando nel 1926 abbandonò la Stanford University per unirsi ai lavoratori che gridavano “go West”, sognando California a un passo dalla Grande Depressione. Che poi raccontò con voce profonda in “Furore”, con tutta la polvere e la speranza che sollevavano le carovane dei nuovi poveri lungo la Route 66.
Oggi, rileggendo quei romanzi che parlano di un mondo spaccato tra grandi povertà e immense ricchezze, di uomini vagabondi e selvaggi e vittime di altri uomini o del destino (“Uomini e Topi”), mi domando come si possa considerare sorpassato uno scrittore che ha saputo analizzare anche psicologicamente (“L'inverno del nostro scontento”) una realtà così simile a quella che viviamo oggi.
John Steinbeck, premio Nobel meritatissimo nel 1962. Tre anni fa, passeggiando per Cannery Row a Monterey, tra negozi per turisti, Bubba Gump e profumo di mare, ho pensato intensamente a lui. Tutto cambia, nel mondo. Tutto resta uguale. E pochi sono in grado di raccontarcelo così perfettamente.

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