La corsa di Daniele


Ho conosciuto Daniele Bonacini al telefono. Raccogliendo la sua storia per poi raccontarla su Runner's World, sulle cui pagine è uscita in questi giorni. E' un racconto di carattere e determinazione. Di uno che non si è fatto cadere addosso la vita, ma continua a cavalcarla con sicurezza. In mezzo alla sua carriera di atleta, Daniele ha trovato un crocevia. E una data: 1993. Prima era un appassionato praticante di calcio, tennis, surf. Dopo, ha vestito la maglia azzurra alle Paralimpiadi di Atene, a tre Mondiali e altrettanti Europei. Specialista di 200 metri e salto in lungo. Con una protesi alla gamba destra, amputata sotto al ginocchio dopo un incidente stradale.
Se l'è costruita lui. Perché da allora Daniele ha coltivato la sua vita parallela. Atletica e studi di ingegneria meccanica. Con un'idea fissa in testa: inventarsi qualcosa che servisse non solo a limare i suoi record, ma a rendere la vita più facile a chi si fosse trovato nella sua situazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, adesso. Si chiama Roadrunnerfoot Engineering ed è un'azienda che produce protesi a basso costo. Il mestiere costruito sulla propria pelle.
“La mission è semplice: rendere la tecnologia più accessibile agli utenti. Oggi, se una persona vive il dramma di aver perso un arto, si trova di fronte anche a problemi economici. Paga 2000 euro per un piede in carbonio, e dietro quella cifra c'è un ricarico enorme, che può sfiorare il 70%. Ci sono troppi passaggi di mano: una protesi arriva dall'estero a un'azienda italiana, poi approda a un'ortopedia, infine all'utente. Io ho messo in piedi la mia azienda cercando di far saltare alcuni di questi passaggi. Voglio fare utile, si capisce, ma non a scapito dell'utente. Anche un imprenditore deve avere un'etica. Io voglio guadagnare scommettendo sull'innovazione, sulla tecnolgoia”.
Così, l'ingegner Bonacini va sul mercato con prezzi più che dimezzati. E rilancia. Con un'associazione, la “Disabili No Limits”, che porterà protesi a bassissimo costo nei paesi africani che convivono con il problema delle mine antiuomo “che hanno decimato centinaia di migliaia di persone, e tanti bambini. I numeri sono spaventosi, e non danno nemmeno un'idea esatta della gravità del problema”.
Si fa anche domande, Daniele. Ha proposto a tante organizzazioni umanitarie le sue protesi, che costano meno di quelle assemblate in modo obsoleto e rudimentale. Sarebbe interessante elencare i nomi di tutti quelli che nemmeno gli hanno risposto (“anche solo per dirmi che la mia idea non interessava...”). Meglio citare chi ha creduto nel progetto: il CCM, Comitato Collaborazione Medica, organizzazione non governativa di cooperazione internazionale. Insieme cercheranno di portare le prime protesi in Etiopia. Sperando di allargare il raggio d'azione a Mozambico, Zimbabwe, Angola.
Daniele Bonacini è immerso nei suoi progetti. Probabilmente non parteciperà alla Paralimpiade di Pechino. Ma sta correndo verso un traguardo infinitamente più importante.

Commenti

Anonimo ha detto…
Traguardi importanti. C'è un'altra bella (?) storia cari lettori che dovrebbe appassionarvi. E la lotta di sopravvivenza del Domani di Bologna, il giornale per il quale Marco lavora e del quale è responsabile della redazione sportiva. Sul sito lastumpa si parla tanto del Domani, servono attestati di solidarietà e incoraggiamenti. Forza.
Marco ha tirato fuori questa storia, per pudore non parla della sua. Diamogli una mano. Il Domani non può chiudere
Anonimo ha detto…
Possibile che nessuno solidarizzi con l'amico Marco e con le difficoltà del Domani? Ma come siete messi?
marco tarozzi ha detto…
Beh, witness, grazie della solidarietà. Hai ragione, potrebbe essere una bella storia. Non edificante, ma esemplare. Per ora, la tengo per me. Non è detto che presto non ne parli, senza piangermi addosso. Cose da dire ce ne sarebbero...

Post popolari in questo blog

Bonatti, un grande italiano

Lacedelli, antieroe nella leggenda

Tempo di risorgere