"Sei della famiglia?"
“Sei
della famiglia?”
Il
ristorante è murato, del resto si mangia bene il pesce e il prezzo è onesto.
Poi, chissenefrega pensa lui, è il giorno dedicato alla scampagnata festiva,
mica si sta lì a fare i contabili per una manciata di euro. Anche se a lui fare
i conti non dispiace: la casa più grande, le spese da dividere, il futuro da
scrivere prima che sia arrivato. Tutto sotto controllo. Insomma, bisogna
trattarsi bene ogni tanto, e poi c’è anche il sole.
“Sei della famiglia?”
Niente, lei non sta proprio ascoltando, non è in sintonia. E’ da un po’ di
tempo, che non è in sintonia. Lui lo sa che quei messaggi che arrivano in
continuazione la portano altrove. Cioè, non è che ne abbia certezza, ma lo sa.
Lo percepisce. Lei è lì e vorrebbe essere in quel mondo, quello che spunta da
whatsapp. Tra quelle braccia, dentro quegli occhi. Si guarda intorno, le
bambine non smettono di ridere, non c’è un tavolo intorno dove non ci sia
qualcuno che sta ridendo. Del resto, sono tutti lì per lo stesso motivo. Una
giornata al mare, una mangiata di pesce e poi la passeggiata sul molo, lungo il
canale. E poi c’è anche il sole.
“Sei della famiglia?”
Domanda inutile, lui lo ha già capito ma finge di non saperlo. Finge anche con sé
stesso. Si racconta che serve, quella domanda, che in fondo lei è soltanto
distratta, chissà a cosa sta pensando, magari alla prossima estate quando
saranno tutti insieme, nella casetta presa in affitto o magari si vedrà, un villaggio
turistico, quello giù dalle sue parti, dove c’è il ristorantino elegante, dove
poi anche gli amici possono venire a salutare. Tutta quella normalità che
rassicura. Come adesso, per dire, che è ancora inverno ma sembra già primavera.
Sì, esattamente come adesso, che poi c’è anche il sole.
“Sei della famiglia?”
Che fastidio, buttato in faccia così. Ma in fondo a lei ormai non va più bene
niente, nessuna frase può essere quella giusta. Si cammina affiancati, si
spinge un passeggino che fa pensare, perché forse la crepa si era già aperta,
ma a volte si immagina che il cerotto sia un figlio, una pausa di riflessione,
una ripartenza. Forse si immagina che l’amore sia altro, senza sapere davvero
cosa sia. Né dove sia. Di sicuro, non in fondo al canale. Lì c’è solo mare
aperto, e dall’altra parte la costa è troppo lontana per poterla vedere. E
allora perché, perché ogni volta si finisce qui? Forse perché è il mare di
casa, e nella casa si cerca sempre sicurezza. Solo che la casa adesso è vuota,
e sembra un brutto scherzo. Proprio oggi, che c’è anche il sole.
“Sei della famiglia?”
Finisce che si discute, ci si arrampica sulla rabbia, ci si getta addosso tutto
il rancore che covava dentro. Finisce che lei aspetta soltanto che il telefono
scarichi un altro messaggio. Lì c’è tutta l’anima, tutto il cuore. Lì c’è
quello che vorrebbe essere, adesso. In questo momento. E non sa, lei, non
immagina che anche quei messaggi diventeranno qualcosa da rimuovere, un giorno.
Quando non saprà più distinguere il significato delle parole, le leggerà in
lunghezza e non in profondità. Allora, saranno un altro treno da guardare
mentre se ne va via, lontano. Non servirà nemmeno più scrivere “a domani”. Ma
adesso, adesso bisogna tornare alla macchina, ributtarsi in autostrada,
benedire il tramonto che si porta via questa festa senza più emozioni. E anche
il sole, sì, si porta via anche il sole.
Commenti