Piccoli passi

 


Poi, una volta a casa ha ripensato
alle parole del dottore.
Non creda, gli ha detto,
non creda sia facile, non lo è davvero
nemmeno per me, non ci ho ancora
fatto l’abitudine.
E ha ripensato che poi
si sono guardati in silenzio e niente,
non c’era verso di far uscire un suono,
si sentiva solo la voce metallica
della sala d’aspetto, là fuori,
che chiamava le persone per numero.

Dopo si è seduto alla scrivania, ha guardato
tutti quei libri pensando che è inutile
correre contro il tempo, quella promessa
di leggerli quasi tutti è persa, non c’è verso
di venirne a capo. E poi quelle mille cose
da riordinare, e il tempo passato
a rimandare. Che buffo, adesso si è messo
a correre veloce sto cazzo di tempo,
e accidenti da che parte comincio,
si è chiesto.

Allora si è alzato, è andato in cucina,
ha sbucciato una mela
molto meglio del solito
e l’ha assaporata, stavolta,
perché suo nonno glielo diceva sempre,
le golden non si buttano giù
senza pensare, vanno assaporate.
Adesso, si è detto, do un’occhiata alle previsioni,
che se domani c’è il sole vado a cercare
una panchina nel parco, e poi il tempo
lo prendo proprio per me, allungo le gambe,
magari mi fumo un ammezzato, sto lì
ad ascoltare il respiro degli alberi.

Tanto
quello che è fatto è fatto.

(mt)


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