Professione poeta. Da social
Eccolo qui, il poeta da social. Proprio lui: quello che ha
preso il posto degli scrittori di romanzi rosa.
Stacci attenta. Intanto, è un uomo che ti parla come se ti avesse profondamente
capito. Ne ha la certezza. E pensaci bene, in fondo sei la prima che dice che
non può essere così: non hai sempre detto di essere un mondo intraducibile?
Poi, andiamo, prova a smascherarlo: è lì per piazzare il libro. Uno che scrive cinque
poesie al giorno, beh, non è un poeta. E’ un produttore seriale di aforismi per
carta da cioccolatini.
Gli va bene, perché non paga nulla per i danni che
produce. Nei cuori semplici, dico.
Ti dice “okay, decidi e cambia,
impazzisci”. Ma non te la racconta tutta.
Manca l’ultima frase, quella dopo “non pensare, vola via”.
Quella che dice “e sii pronta, ricordati
sempre che se ti sei buttata nella storia sbagliata, poi devi ripartire dal via”.
Niente da dire: il poeta da social è un eroe dei nostri
tempi. Sogna di stare su un palco, bersagliato dalle mutandine delle “groupies”.
Si chiude in bagno con le sue creazioni, un occhio ai “likes” e uno ai
cuoricini. Tutto sommato, anche se con la poesia “incontra”, gli è rimasto addosso
quel suo vecchio spirito onanista.
Ma accidenti, facci caso: le sue poesie sono tutte stramaledettamente uguali.
Sono tutte la stessa poesia.
Sono tutte la stessa banalissima cantilena.
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