Medici. E altri medici
Ero rimasto a quelli che ti salvano la vita. Il primo, con
un’intuizione che risolve anche il caso clinico che sei diventato; il secondo,
con un’operazione delicata da cui ti fa uscire senza danni. Insomma: quelli che
salvano la mia, di vita.
Poi, negli stessi ambienti, negli stessi ospedali, ci sono anche gli altri.
Quelli che ti visitano, ti prospettano un futuro da incubo, e poi ti spiegano
che sì, comunque c’è l’operazione ma le liste d’attesa, uh, le liste d’attesa…
due, tre anni. Però, pensandoci: ma lei, ce l’ha un’assicurazione? No, perché…
E tu ti guardi attorno, perché è normale che l’esperto sia quello che hai
davanti, e tu il coglione. Sei smarrito, l’infermiera ti ha appena parlato di
una situazione drammatica. L’infermiera, prima ancora del medico. Qualcosa non
torna. Sei smarrito, perché sei dentro una struttura pubblica, anche se hai
appena fatto due esami in libera professione, belli invasivi anche. Ma una
domanda te la fai: come, qui mi parlate di urgenza, di rischi, e però mi dite
che c’è da aspettare in fila, comodi comodi, per tre anni? E che se ho
l’assicurazione, okay, ci vediamo su per i colli tra due settimane, massimo?
Dunque, tutta quell’urgenza? Dunque, la mia sopravvivenza?
Poi, la comica finale. Ti chiedono informazioni, alla voce “professione”
rispondi “giornalista” ed ecco che subito il clima si fa confidenziale
(“possiamo darci anche del tu…”). E no, tranquillo, nessuna intenzione di sparare
questa pantomima sul giornale, vedi che mi limito a fare un post su Facebook e
non scrivo nemmeno come ti chiami?
Dopo torni a casa, e rifletti. E ti viene in mente il gioco delle tre carte. E
ti incazzi un po’, perché alla tua pelle ci tieni, e ti è sembrato che qualcuno
ci volesse giocare. Perché tra l’altro te l’ho detto, che sono già in lista
nell’altra struttura pubblica, non è che hai solo cercato di portare a casa il
risultato?
Allora pensi a quelli là, quelli che ti hanno sistemato le cose. Sono quattro
anni esatti. Guardavo dalla finestra dell’ultimo piano, scancheravo per quel
CVC piantato nel collo, ma l’avevo sfangata. Grazie a loro, a quei due là, che
il loro mestiere lo fanno ancora per passione come me, e infatti ci siamo
piaciuti subito.
Allora pensi che è semplicemente l’aria che tira, sono i famosi tempi che
corrono... Ci sono persone belle e altre così così. Ci sono quelli che fanno le
cose con passione e quelli che attraversano la vita cercando semplicemente di
non sporcarsi. Il vestito, o il camice. Dell’anima, nemmeno si preoccupano.
Amen, funziona così, e non ho più l’età, non sono più in tempo per cambiare il
mondo come credevo di poter fare a vent’anni.
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