Buon compleanno, paleontologo
Almeno, è quello che dici di voler fare da grande, ma poi
lo sappiamo davvero quello che vogliamo fare da grandi? Io, di preciso, non
ancora.
Non è che ti abbia scritto spesso, qui sopra, e nemmeno mi piace buttare nel
tritacarne le tue foto. Ma stasera mi andava di dirti che tutto sommato un po’
di fortuna ce l’hai.
Vedi, il problema di tanti tuoi coetanei (guai chiamarvi bambini, ragazzi è un
po’ troppo serioso, ometti mi fa venire in mente il calciobalilla…) è quello di
dover fare i conti col passato di altri. Magari, con l’ombra di genitori
ingombranti, che hanno fatto mille cose magiche, hanno saltato fossi anche per
la lunga quando era il tempo loro, sanno tutto su come si sta al mondo e
accidenti, sono qui per spiegarlo. E lo fanno, in mille modi diversi: chi
ammiccando e facendo l’amicone a tutti i costi; chi assumendo un atteggiamento “rigoroso
e propositivo”, che poi devi vederli, fuori da quelle quattro mura, che razza
di cagasotto sono; chi cercando di fare dei figli quello che non sono riusciti
a fare di sé stessi: grandi musicisti, grandi calciatori, grandi professori,
grandi che più grandi non si può.
Ecco, in questo senso sei abbastanza fortunato, dico. Perché puoi scommetterci,
e io sono già pronto a scommetterci, che nella vita te la caverai meglio di tuo
padre. Lo dico perché lo so, perché ti vedo e rivedo me alla tua età. Lo dico
perché tu pesi sulle spalle non ne porterai, sotto questo aspetto. Promesso.
Poi, la fortuna finisce qui. Il resto dovrai costruirtelo, e spero sia roba
solida, di quella che regge agli urti e alle intemperie. Di sicuro, io ho fiducia.
Secondo me ce la farai. Anche senza che io debba insegnarti una vita che, te lo
confesso, ancora non ho capito del tutto. L’unica cosa che posso consigliarti è
di cercare sempre di essere libero, di divertirti a parlare sapendo fermarti
quando c’è da ascoltare, di leggere molti libri e chiederti sempre quale sarà
il prossimo, di coltivare la coscienza e quel cuore grande che hai. Perché lo
vedo ogni giorno, che lo hai.
Siamo diversi come possono esserlo due che a dividerli c’è quasi mezzo secolo.
E ho una bella voglia a dire che ascoltavo i Genesis, i Led Zeppelin e tutto
quel blues, che certi dischi credo di averli comprati solo io in Italia. E ho
una bella voglia a parlare del ’77, del festival di poesia di Castelporziano,
dell’illuminazione di Kerouac, di tutti quegli anni di corsa, dei reading di
poesia o della piazza bella piazza dove ci sembrava di poter cambiar colore al
mondo.
Sai che c’è? Che la differenza sta nel ritmo del tempo. Il mio si è messo a
correre a velocità doppia. Già, ma come faccio a spiegartelo, adesso che il tuo
è tutto da vivere?
Siamo diversi eppure ogni tanto ti guardo e mi assomigli. Non esagerare, però.
Che alla fine tuo padre resta uno che ha fatto e disfatto, che se ha avuto
qualche talento lo ha sapientemente disperso. Se vuoi prendere qualcosa da lui
fa pure, io non te lo vieto, ma cerca di prendere quel po’ di buono che trovi,
e lascia giù i materiali non biodegradabili.
Posso dirti una cosa, quella sì: pensa come sai, coltivati, e tieni sempre
aperta la valvola del cuore.
Vabbè, non mi pare il caso di farla troppo lunga. Dicono che la soglia di
attenzione si è abbassata, vai a sapere se qualcuno legge ancora “Guerra e pace”
o “Ulisse”. O magari “Viaggio al termine della notte”, che invece bisognerebbe.
La chiudo qui: è solo che scrivo sempre di tutto e tutti, spesso a sproposito,
e stasera mi andava di scrivere a te.
Che ne fai tredici, come vola il tempo. E il mio a velocità doppia.
Buon compleanno, paleontologo.
Se poi cambi idea, vedi tu. Mi trovi sempre qui.
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