L'ultimo porto
Iniziò a farsi domande, e le domande sono maledette. Si chiedeva se davvero quello dovesse essere il prezzo da pagare, se la felicità fosse un percorso davvero così complicato. Non avrebbe dovuto pensarci tanto, ma a lui sembrava tutto così chiaro. Si sentiva finalmente a casa, avrebbe dato l’anima per avere quello che gli sembrava di meritare. E la dava, l’anima. Mettendoci energia, in ogni istante.
Fu così che una notte uscì, guardò ancora quel piccolo mondo dove avrebbe voluto passare il resto della sua vita, poi prese la strada del porto. Liberò la vecchia barca dagli ormeggi e riprese il mare. Piangeva mentre vedeva la banchina allontanarsi, ma lo faceva piano, senza far rumore, perché non voleva farsi sentire. Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima uscita. Che in mezzo all’oceano, stavolta, non avrebbe più trovato la forza di cercare approdi. Si lasciò portare al largo, e presto le luci del paese, del porto, della terra laggiù svanirono. L’ultima fu quella della casa dove lo avevano accolto. Pensò a quelle luci, a quel calore che aveva provato nell’incrociarle, a quei pochi momenti in cui aveva sentito che tutto filava via serenamente, naturalmente. Si sentì solo. Lo era stato tante volte, e gli era sempre piaciuto, in fondo. Stavolta, era una solitudine diversa. Non l’aveva cercata. Pensava di non doverci più fare i conti.
Provò a masticare un po’ di tabacco, ma era umido da buttar via. Provò a governare meglio la barca, ma il timone era più pesante del solito. O forse era il suo cuore, adesso. Troppo gonfio per non esplodere. Abbracciò il timone cercando di governare la rotta. Ma quale, poi? Non sapeva neppure dove andare. Né se era davvero un buon marinaio. Probabilmente si addormentò. Sì, forse era soltanto stanchezza. O forse no. Lasciò che comunque ci pensassero loro. La barca, l'oceano, la notte. Era stata un'onda a portarlo fin lì. Un'onda lo avrebbe portato via.
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