Il solito angolo



“Mi dispiace, non essermi fermata”
“Vuoi fartene una colpa?”
“Non so. In fondo era una questione di pochi secondi”
“Non avevi tempo. Dovevi correre”
“Correre da qualcuno che non ha capito niente di me”
“Qualunque cosa sia. Sono scelte, va così”
“Non dovrebbe”
“A chi vuoi dirlo? Dipendono da te”
“Lo so”
“Non hai motivo di dispiacerti”
“Invece sì. Perché non sapevo…”
“Non si può mai sapere, prima”
“Potevo fermarmi”
“Non sarebbe cambiato niente, il destino non si decide prima”
“Avrei potuto salutare, abbracciare”
“Pensi ne avesse bisogno?”
“Penso di sì”
“Magari lo ritroverai, in qualche modo”
“Sono quasi arrabbiata con lui. Non doveva finire così”
“Credo che non ne sia troppo contento. Anche lui aveva ancora mille cose da fare…”
“Vorrei che servisse a qualcosa”
“Serve. Serve a capire…”
“Capire cosa?”
“Che bisogna prendersi le occasioni”
“Tutto qui?”
“Che per essere liberi, bisogna avere coraggio. Come i bambini, hai presente?”
“Come i bambini…”
“Sì. Che imparano lasciandosi andare. Gettandosi…”
“Imparano la vita”
“Già. Hai presente quando iniziano a nuotare? Chi glielo dice, di staccarsi dal bordo? O meglio, puoi anche dirglielo, ma quando devi staccarti, ti butti. Non sai bene cosa succederà…”
“Bisogna imparare a nuotare, sempre”
“Sì, non bisogna mai smettere. Come fosse la prima volta”
“Dici che mi ha lasciato questo?”
“Forse. Ti ha spiegato che la libertà è un dono che non va buttato via”
“Ci sarà sempre?”
“In qualche modo sì. Ma dovrai dimostrargli qualcosa”
“Che cosa?”
“Che ti vuoi bene. Non cercava altro”
“Potevo fermarmi…”
“E’ andata così. Prova a non fermarti più, adesso”


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