Fuori tempo massimo
Insomma, fu così che un giorno il tipo arrivò, legò al volo la sua bici e arrivò sul binario. Ma il treno non c’era più. Era partito regolare, non lo aveva aspettato. Coincidenza, era proprio il giorno che in città lo aspettavano con una proposta nuova, un progetto che – così aveva raccontato per una settimana al bar, offrendo giri di bianco a tutti per la felicità – gli avrebbe cambiato la vita. Ed è vero che lo avevano aspettato, perché volevano proprio lui. Ma in riunione uno dei dirigenti perse la pazienza, e disse “insomma, signori, il mondo va avanti… capisco che questa è la persona giusta, ma mi sembra che lui stesso non abbia poi molta voglia di esserlo”. Non tutti erano di questo avviso, s’intende. Molti pensavano che lui ci tenesse, a quel ruolo e a quel progetto. Ma non era arrivato proprio nella mattina più importante, questo era un dato di fatto. Così, alla fine, decisero di lasciar perdere, che in fondo l’azienda era sempre andata avanti anche senza una figura del genere, eccetera eccetera.
Mentre prendevano le loro decisioni, lui se ne stava seduto su quella panchina nel giardino fuori dalla stazione, a maledire il tempo che corre troppo in fretta. E quella sua abitudine di rimandare sempre tutto. A maledire le abitudini, in generale.
Il treno era arrivato perfettamente puntuale, quel giorno.
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