Fotografia

 


Ho sempre con me questa foto,
i miei su uno stradello di campagna,
la Topolino blu comprata a rate
coi primi soldi tirati su dal veterinario
girando allevamenti, a controllare
vacche gravide e brucellosi dei suini.

Lui apre la portiera controvento
e fa per scendere, faccia alla Trintignant
nel Sorpasso, per capirci,
il bravo ragazzo che ha voglia
di regalarsi un’emozione.
Lei ci prova, a sorridere,
ma non ce la fa proprio a cancellare
quell’espressione malinconica
che si è portata dietro tutta la vita.

Oh madre, come avrei voluto vederti
consumare quella tua mente accesa sui libri,
tu che mi hai regalato la memoria,
la curiosità che non hai potuto soddisfare.
Come avrei voluto che non ti spegnessi
su quella sedia di legno, i gomiti
appoggiati sul tavolo della cucina,
a combattere con i colpi di sonno, la televisione
accesa di parole e risate inascoltate.

Ho sempre con me questa foto,
di quando non ero che un’idea.
Invecchiamo insieme.
La tenevo su una mensola nei giorni
del mio libero regno di via Manfredi,
ma confesso, mi ci soffermavo di rado.
Dietro ci tenevo quella bottiglia di amaro
e quando venivano Bob o il Matto
o il resto della truppa, mentre il Lesa gracchiava
- proprio come fa ancora – e discutevamo
di Jack & Neal e tutta quella libertà,
d’istinto la giravo verso il muro, la foto.
Un po’ mi vergognavo, di farmi cogliere
con le mani nel sacco, e poi avevo appena buttato
tutto quel talento della corsa, credevo proprio
di andare dritto verso una vita
senza troppi scossoni.

Ero stupido, lo so. Quei due erano già impegnati
a prendere ognuno la sua strada,
già così diversi, che a volte non capisco, davvero,
come posso assomigliare a entrambi.
Ma insomma, alla fine
è andata come è andata,
mi sta bene non essere diventato grande,
e comunque la foto non la giro più,
non ho paura di farmi beccare, che tanto
faccio i miei sbagli, come quelli della Topolino.
Che poi, anche se non ci si incontra più
ci si vuol sempre bene, nonostante.

(mt)


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