Cose che succedono. Da queste parti...



Ho avuto un tumore. Endocrino. Cioè di quelli, come mi hanno spiegato poi, che non sono “maligni” o “benigni”, che di massima possono essere risolti, purché cose come la glicemia sotto i livelli di guardia o certi black-out spaziotemporali non provochino danni collaterali.

Ho avuto un tumore, me lo hanno rimosso nel novembre 2017, e anche lì mi è andata bene. La bestiola, che intanto si era allungata fino a due centimetri, stava appoggiata sopra il pancreas. Strapparla via avrebbe potuto far danno allo stesso pancreas, alla milza, a tutto quello che le stava intorno. Ma ho trovato un grande professionista, il professor Riccardo Casadei, che ha risolto tutto con una laparoscopia. Oggi ho tre buchetti sulla pelle, che nemmeno si notano più, e insomma, se mai mi rimettessi in forma sarei sempre in lizza, almeno per un premio di categoria.

E ne ho trovati altri, di uomini e donne speciali. Il professor Uberto Pagotto, direttore di Endocrinologia e Diabetologia, ha seguito l’evoluzione di questa roba rara che mi sono trovato addosso, organizzando l’assalto finale mentre mi parlava di basket, lui tifoso di Treviso che “adesso vedrai che torniamo su”, preveggente anche in questo. Veniva a trovarmi quasi ogni giorno, e quando non poteva venivano i suoi collaboratori, prima e dopo, sempre con una provvista di parole giuste, lassù a Chirurgia Generale, dal professor Francesco Minni.

Ho avuto un tumore, e una fortuna. Quella di essere nato a due chilometri da una struttura come il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, e di abitare oggi a poco più di tre. Per chi non lo conoscesse, è un posto che sta aperto anche di notte, e anche nei giorni festivi: non c’è bisogno di cambiare le cose, funzionano già così. E’ pieno di eccellenze che continuano a spendersi perché credono nel loro mestiere, un genere che ultimamente va poco di moda. Io sono contento, di vivere qui. Mi hanno curato al meglio, senza nemmeno chiedersi chi diavolo fossi. Mi hanno subito trasmesso la sensazione che le cose stessero funzionando, ed era proprio così.

Ho avuto un tumore, e su questa cosa parlo a segno, purtroppo. In tempi in cui tutti si sentono autorizzati a dire tutto, io dico solo quello che ho provato. A cominciare da quella strana sensazione di stupore che ti prende quando ti rendi conto che sì, è toccato anche a te, spiacente deluderti se ti immaginavi immortale. E poi sentimenti mescolati tra loro: un po’ d’angoscia, la paura del viaggio verso la sala, la tenerezza che non affiorava da tempo, l’impazienza, la solidarietà verso chiunque avesse la solitudine stampata in viso, proprio come te, le risate di speranza con compagni che si sono persi, la rabbia di certe notti, il sollievo, la frenesia ad ogni quasi impercettibile passo avanti.

Le ho provate qui, queste cose. Nella mia regione, che certamente ha problemi, che sono problemi di tutto il Paese e di come (male) gira il mondo, ma ha anche diversi ingranaggi che funzionano davvero bene, e persone che si battono perché sia così.

E adesso ascoltate pure tutte le campane che volete. Frullatele dentro la testa. Andate dove vi porta il cuore, o più probabilmente la pancia. Quella è roba per chi fa politica, e chi fa politica spesso non può permettersi di parlare al cuore, non gli tornerebbero i conti. Soprattutto, se adesso la politica si fa coi social network.

Io non sto mica cercando consensi. Io ho avuto soltanto un tumore, in questa terra che è la mia terra. Dove ho avuto la fortuna di crescere. Cose che succedono. Cose vere, certificate.


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