La solitudine del maratoneta
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Nove racconti che colpiscono, anche dopo cinquant’anni. Come la "Solitudine del maratoneta", quello che dà il titolo alla raccolta, il più lungo e uno dei più intensi, ambientato in un riformatorio dove Smith, il protagonista, trova nella corsa la propria libertà, la propria dignità. Lo lasciano uscire, molto presto di mattina, perché vogliono farne un campione, il maratoneta più forte di tutti gli istituti di pena giovanili. Vogliono redimerlo. Ma è una battaglia persa. Smith è il prodotto del mondo in cui è nato e cresciuto, ha una sua onestà di fondo e la gabbia del riformatorio lo ha evoluto nella sua personalissima guerra. Lui, lo sconfitto della società, contro la "gente perbene". Non ci sarà tregua. Ma c’è, nella corsa, l’impulso vitale che non fa perdere di vista l’anelito di libertà. Corro, dunque vivo. Ecco il messaggio. Non vincerò per il "nemico" che me lo impone, concedendomi di allenarmi tutti i giorni. Ho già vinto dentro.
Ma ora silenzio. Parla Sillitoe, che poteva essere davvero Smith, non fosse stato per la passione per lettura e scrittura.
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"… Questa è l’unica maniera in cui possono fermarci, me e qualche milione di amici miei. Perché ho riflettuto molto da quando sono arrivato qui. Possono spiarci tutto il giorno per vedere se ci tiriamo una sega e se lavoriamo bene o se ci esercitiamo con la nostra "atletica", ma non possono farci una radiografia delle budella per scoprire cosa stiamo dicendo dentro di noi. Mi sono rivolto domande di ogni genere, e ho riflettuto silla vita che ho fatto fino a oggi. E mi piace fare queste cose. Una pacchia. Serve a passare il tempo, e così il riformatorio non ti sembra brutto come dicevano i ragazzi della nostra strada. E questo spasso della maratona è il migliore di tutti, perché mi permette di pensare, tanto bene che imparo le cose anche meglio di quando sono a letto durante la notte. E a parte questo, con tutto questo ragionare mentre corro sto diventando uno dei migliori podisti del riformatorio".
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