Caduta e rinascita del saltatore ebbro


Dovrei essere più tecnico, lo so. E naturalmente sono contento per i successi azzurri agli Euroindoor di Torino, in particolare per Elisa Cusma, per la sua tenacia premiata, per la sua storia che poteva diventare quella di tanti piccoli campioni dell’atletica, talenti sbocciati e smarriti. E invece lei ha saputo raddrizzarsi il destino, tornare dopo due anni e diventare ancora più forte. Una mezzofondista che odia gli 800 (parole sue) ma li interpreta ormai come poche altre al mondo.
Tanti spunti hanno dato questi Europei consumati nel salotto buono dell’Oval, ma non c’è niente da fare: nella testa ho lo sguardo sorridente e al tempo stesso raggomitolato in sé stesso di Ivan Ukhov. Il ragazzo che ha saltato più in alto di tutti, e che avrebbe potuto fare di più, ma ancora una volta ha preferito stupire. Entrato a quote minime, a 2.17, il russo ha rispettato ogni turno fino alle quote più alte. Ma nei salti di finale, quando ha visto che nessun altro aveva superato 2.32, ha rifatto alla rinfusa la borsa e ha detto basta. Dicono anche per volere del suo tecnico. Dicono che sia così schivo, coi media e con la gente, e così goffo nel muoversi quando non vola verso l’asticella, per insicurezza.
Di certo, questa medaglia ha spazzato via i resti di quella sera a Losanna. Meno di un anno fa, settembre 2008. C’è Bolt nei 200, c’è Powell nei 100, volano come razzi. Ivan nemmeno li vede. La sua donna lo ha appena lasciato, lui è in un agolo a prepararsi alla gara, in compagnia di una latta di Redbull e una bottiglia di vodka. Forse non è la prima a cui si attacca, quella sera. Il resto è finito su Youtube, e ci gira ancora: una preparazione sghemba, imbarazzante per chi gli sta attorno; una rincorsa goffa; un salto ridicolo, direttamente sul materasso senza nemmeno vedere l’asticella.

Eppure, anche quella sera c’era qualcosa di regale nel suo presentarsi su quella pista, in quel tempio dell’atletica, da ubriaco perso. E perso per questioni di cuore.
Ivan Ukhov adesso è tornato sul trono. Una settimana prima del titolo europero di Torino ha saltato 2.40. E’ un talento e non l’ha dimenticato. Ripensare a quella bottiglia svuotata a Losanna riporta quasi naturalmente alla memoria la figura nobile di Volodja Yashchenko, la sua storia dannata, la sua tragica fine. Da raccontare, magari domani. Adesso sarebbe ingiusto, crudele nei confronti di Ivan. Che ha ventitré anni e ha saputo raddrizzarsi la strada. Che è il campione d’Europa, alla faccia di quei parrucconi che a Losanna avevano storto il naso prevedendone la fine sportiva imminente.

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