L'inverno? Fa il suo mestiere

Vista anche questa. Due centimetri di neve e si rimanda una partita di Serie A. Ieri non si è giocata Bologna-Fiorentina, al Dall’Ara. Contemporaneamente, si giocava su quasi tutti i campi della provincia. In Serie D, in Eccellenza (problemi solo sul campo di Calderara), in Promozione (rinviata la partita di Medicina, giocate tutte le altre).
Al di là delle responsabilità, di cui si è parlato e scritto in queste ore, mentre la partita si gioca oggi, ventiquattr’ore dopo, davanti a un pubblico per forza di cose decimato, un pubblico "da lunedì", giorno feriale e dunque lavorativo, la storia della gara rinviata "per (poca) neve" fa pensare.


Da un mese ci stupiamo perché nevica, proprio come negli anni passati ci stupivamo perché la neve non scendeva dal cielo. La Protezione Civile lancia stati di allerta ogni volta che una perturbazione attraversa la nostra penisola. I metereologi da tubo catodico raccontano di "nevicate previste anche sulla pianura Padana, a quote basse" come se raccontassero di uno sbarco di alieni arrabbiati col mondo (il nostro). La notizia è allarme, sempre e comunque. Non nevica? Sarà il riscaldamento globale del pianeta. Nevica? Contrordine, magari i ghiacciai polari riprendono ad avanzare. Dicono che nel prossimo fine settimana arriverà lo scirocco, e porterà le temperature a livelli da primavera inoltrata. Oddio, la neve che si scioglie, il clima che si surriscalda, la Terra che non è più quella di una volta.
In mezzo a questa frenesia, a questi sbalzi di umore e di lune, ci dimentichiamo la questione più semplice. E’ inverno. Nevica. D’inverno succede.

C’è una splendida fotografia di Walter Breveglieri, artista-fotografo che ha raccontato la vita e i cambiamenti di Bologna per mezzo secolo, nello splendido libro a lui dedicato da Minerva Edizioni. Ci hanno fatto la copertina. Primi anni Cinquanta, un carbonaio spinge il suo carretto sotto un’abbondante nevicata in via Castiglione. Ma di "nevoni" ho ricordi anche più recenti. Ho ancora in mente un ritorno a casa da un concerto (se non sbaglio c’erano Vecchioni, l’Assemblea Musicale Teatrale e Piero Marras) dal Palasport (non ancora PalaDozza) a via Cellini, in San Vitale. A piedi perché la neve aveva inchiodato la città. E più indietro, avrò avuto sette, otto anni, la neve che cadde il giorno del mio onomastico e della Liberazione (viceversa, è meglio…) il 25 aprile.
Non sappiamo più capire la natura. Ci spaventiamo di tutto, e prima che sia il momento. Non abbiamo risposte. Ci aspettiamo che qualcuno risolva i nostri problemi, sempre e comunque. Vorremmo comode stagioni asettiche. Senza colori, odori, dissapori, malumori. L’idea di avere un contrattempo ci turba. Non sappiamo più aggiustarci la vita, mettendoci le mani.


Sorpresa. E' inverno e nevica.

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