Tragitti
Il dottore gli aveva parlato chiaro.
Quell’affare era partito
dentro la testa, poi
ci aveva messo niente
a farsi strada. Le solite
rassicurazioni, si capisce,
perché certe bestie
bisogna combatterle, così
gli aveva detto.
Allora Antonio ha passato
quei pochi mesi sugli autobus.
Partiva dalla fermata sotto casa
e tirava dritto al capolinea,
guardando quel piccolo mondo
dal finestrino, e se pioveva
gli piaceva anche di più, la gente
aveva addosso l’odore del bagnato
e le strade luccicavano
come stelle di seconda mano.
Arrivava in fondo e prendeva
un’altra linea, e poi un’altra.
Ci passava interi pomeriggi,
tornava a casa che era già buio.
Quando gli ho chiesto perché
non ha trovato risposte, ma credo
che stesse buttando dentro
tutti gli attimi e gli angoli
così, alla rinfusa, cercando
di non perdere più niente
lungo la strada. Non era più tempo
di smarrire qualcosa per sempre.
Ed erano facce incazzate, facce tristi
sorrisi sghembi, occhi perduti
dentro pensieri da niente.
Poi Antonio ha smesso di viaggiare,
o almeno non l’ho più incrociato.
A quanto ne so si è portato tutto dietro.
Là dove andava il peso consentito
era illimitato. Adesso forse
starà catalogando tutta quella vita,
per trovarci qualche pezzo pregiato.
(mt)
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