Anniversario
Non ti ho fattogli auguri di buon onomastico, tre giorni
fa.
Non era da noi farceli, e infatti da “cinno” un po’ ne soffrivo. Ma come, mi
chiedevo guardando i miei compagni, questi oggi stanno a casa da scuola grazie
al mio santo protettore, grazie al mio nome, e nemmeno ringraziano? Poi mi
hanno spiegato che tutto dipendeva da cose più importanti: il mondo che tornava
a respirare, i partigiani, l’Ammerica più vicina, la libertà.
Comunque, ho aspettato oggi. E’ il giorno in cui, da sempre, ripenso alla tua
vita. Anche allo spreco di una intelligenza viva che, per timidezza o fatica,
hai deciso di sbriciolare, rinchiudendoti tra quattro mura. Alle tue
solitudini, a certe rabbie che non hai mai esternato. All’impazienza che mi
prendeva quando pensavo che così ti buttavi via, che alla fine diventava spesso
insofferenza.
Siamo stati vicini e lontani, per dirla col bravo presentatore. Ma siamo fatti
della stessa pasta, e più passa il tempo più ti assomiglio. Nei silenzi, nelle
fughe da fermo. Nelle parole usate come scudo, anche.
Non ti ho fatto gli auguri di buon onomastico perché aspettavo oggi, e del
resto lo aspettavi anche tu. Mi sembrava, mi sembra più importante. Perché sono
novantatré anni che hai visto il mondo, e sedici che la luce si è spenta.
Ma sei sempre nel solito angolo, ad anestetizzare le tue inquietudini, per non
disturbare.
Buon compleanno, Anna. Non smettere mai di vivere in questa mia testa, ti
prometto che continuerò a riempirla di sogni.
PS. Te lo ha mai detto nessuno che tuo figlio aveva una
testa esagerata, da bimbo?
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