Dai monti

 


Anna,
questa sera c’è la festa del paese.
Io già ti vedo che balli sull’aia,
con zio Alfredo che suona l’organino
e i vecchi che sono rimasti di guardia
a quelle poche cose, laggiù.
Ti vedo col vestito bianco a fiori,
che provi a sorridere
con quegli occhi neri
che mi incantano da sempre.

Anna,
qui in montagna la sera fa freddo,
ma non è tanto quello, né questo vivere
come bestie braccate. E’ la paura,
che sai, io ce l’ho addosso come tutti.
Qui nessuno si sente un eroe:
ogni folata di vento
ogni sussurro del lupo
mette un brivido, finché non siamo certi
che non ci sia dietro una trappola,
una vigliaccheria di uomini.

Anna,
giù in paese la musica è diversa,
non mi piace la gente
che sì è messa a dirigerla.
E a loro non piacciono quelli come me,
che vogliono continuare a pensare
con la loro testa. Lo sanno bene
che per imprigionare un popolo
si comincia sempre dal pensiero.

Anna,
sono quassù per questo.
Perché tu domani possa ballare nell’aia
con un altro sguardo
con un sorriso vero.
Perché nessuno
ci obbligherà alla sua musica
e domani magari al silenzio.
Io qui mi gioco la vita
perché sono innamorato della vita.
No, non sono un eroe: cerco solo
un posto migliore
in cui vivere domani.

Anna,
qui stasera arriveranno i suoni dal paese,
dalla mia terra che si finge felice,
e in qualche modo ti vedrò danzare.
Vent’anni tra un mese
e un futuro da costruire, anche per te.
Anche per chi quassù non è salito.
Per questo ascolto il vento:
ho paura della morte
ma non posso permetterle
di portarmi via, adesso.

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