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Visualizzazione dei post da febbraio, 2009

Rifugi

Faccio fatica, lo ammetto. Cerco rifugi. Cammino in mezzo a gente che mi spiega la vita, che mi spiega il mestiere, con cialtronesca semplicità. Sono stanco di Powerpoint, di ricerche di mercato, di consulenze esterne, di aree comunicazione che comunicano cazzate, di splendide cornici, di seguirà buffet, di eventi straordinari, di partecipazioni straordinarie, di interverrà l'assessore alle Delicate Incombenze, di noti cantautori, di bonomia petroniana, di candidati e convitati. Scaletta delle news: crisi economica, pensionati che faticano a tirare a fine mese, moda italiana che non sente la crisi, famiglia disgraziata, attrice incapace che spiega perché sceglie solo film "di un cièrto spessooore", giustiziere della notte ripreso di spalle, moda italiana che adesso un po' la crisi la sente, sport e doping, sport e medaglie, sport e fanfare, sport e sdegno, bullismo, pupismo, servilismo. Cerco rifugi. Leggo una poesia, per dire. Ne pubblicano ancora, udite udite. Ecco,

Ricordando Massimo

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Massimo avrebbe 56 anni oggi. Mi manca, e mi domando come si troverebbe uno come lui, capace di guardare con distacco e ironia al suo stesso mondo, dentro questa realtà di Isole dei famosi e Grandi Fratelli, di format che viaggiano trasversali sulle nostre teste, livellando i pensieri. Come si smarcherebbe da questa vita plastificata che ci costruiscono addosso. Massimo si è fermato a quarantuno. Nel ’94. Aveva terminato il giorno prima le riprese de "Il Postino" , il film che aveva voluto a tutti i costi, affidandone la regia all’amico Michael Radford perché sapeva di non farcela più, da solo. Prima dell’inizio delle riprese, in America gli avevano detto che il suo cuore malandato avrebbe avuto bisogno di un nuovo intervento, e anche urgente. Ma quel film, quella storia erano qualcosa di speciale. Qualcosa che sentiva sottopelle. La sua vita, in quel momento. Così, Massimo andò avanti. Arrivò fino in fondo, prima di addormentarsi. E se a volte ci chiediamo cosa sia l’amore,

Ciao e grazie, onorevole Giacomino

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Sarà un centenario più povero e più vuoto, quello del Bologna. Il destino si è portato via, proprio a pochi mesi dall’appuntamento, l’ultima bandiera. Di questa società, dei suoi anni d’oro, di un calcio che non esiste più e di cui sentiamo la mancanza. Si è preso l’onorevole Giacomino, portandolo lassù dove deve pur esserci, da qualche parte, un campo in cui far giocare i campioni che hanno arricchito le nostre giovinezze e i nostri sogni. Giacomo Bulgarelli. Arrivò al Bologna da Portonovo di Medicina, un ragazzino dai modi gentili che studiava al San Luigi e avrebbe anche continuato gli studi avviati a Giurisprudenza, se il mondo del calcio non lo avesse rapito come sempre fa con i talenti purissimi. Era magro, apparentemente gracile, ma tra i giovani rossoblù si faceva subito notare perché aveva una marcia in più. A diciott'anni frequentava già la prima squadra, e Alfredo Foni lo fece debuttare il 19 aprile del ‘59, non ancora diciannovenne. Nel ‘60 era nella Nazionale Olimpica

Zatopek. Semplicemente "Courir"

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Ne avevo parlato lo scorso 23 novembre, otto anni e un giorno dopo il suo addio al mondo. "Canto per Zatopek" , si chiamava quel post. L'amico Giorgio, rilanciando dopo aver letto la storia di Arpad Weisz, mi ha segnalato l'uscita molto prossima di un Adelphi dedicato a lui. A Emil Zatopek . E' già uscito in Francia, l'ha scritto Jean Echenoz e si chiama semplicemente "Courir". Correre. Pensare che Zatopek nemmeno ne aveva voglia, all'inizio. Lo tirarono per la giacca. Lo convinsero, quasi costrinsero. Poi, non smise più. Dentro quel libro, immagino, c'è molto altro. La storia di un eroe buttato giù dal piedistallo poco dopo l'addio alle corse. La sua colpa fu il suo coraggio. La sua voglia di democrazia, di libertà. Non correva più, nel buio di una miniera. Resisteva. Uscì da quel buco nero, tornò monumento. Esempio per i giovani, non solo per chi vive di sport. Uomo vero, con una parola, un credo, una dignità. Aspetto l'edizione i

L'inverno? Fa il suo mestiere

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Vista anche questa. Due centimetri di neve e si rimanda una partita di Serie A. Ieri non si è giocata Bologna-Fiorentina, al Dall’Ara. Contemporaneamente, si giocava su quasi tutti i campi della provincia. In Serie D, in Eccellenza (problemi solo sul campo di Calderara), in Promozione (rinviata la partita di Medicina, giocate tutte le altre). Al di là delle responsabilità, di cui si è parlato e scritto in queste ore, mentre la partita si gioca oggi, ventiquattr’ore dopo, davanti a un pubblico per forza di cose decimato, un pubblico "da lunedì", giorno feriale e dunque lavorativo, la storia della gara rinviata "per (poca) neve" fa pensare. Da un mese ci stupiamo perché nevica, proprio come negli anni passati ci stupivamo perché la neve non scendeva dal cielo. La Protezione Civile lancia stati di allerta ogni volta che una perturbazione attraversa la nostra penisola. I metereologi da tubo catodico raccontano di "nevicate previste anche sulla pianura Padana, a qu