"…nella polemica con Bonatti e Compagnoni ha sempre guardato dall’alto, con un sorriso. I due mordevano, lui sorrideva. Compagnoni si spartiva la gloria... Gli altri erano giganti della montagna e però bonsai della vita. Lacedelli invece si scrollava di dosso le polemiche come il cane si scrolla l’acqua dal pelo". Mauro Corona ama le frasi a effetto, ama, come dice spesso , "togliere anziché aggiungere, come si fa nella scultura e come si dovrebbe fare nella poesia" . Ricordando Lino Lacedelli , ha detto dell’uomo e dell’alpinista cose molto belle, e giuste. Ma non ha fatto altrettanto su Walter Bonatti . Che non mi pare un "bonsai della vita", ma un uomo di grande rigore morale, di scelte coraggiose che spesso lo hanno isolato, perché il "sentire comune" non sempre sposa gli uomini scomodi. La storia è vecchia, di cinquantacinque anni. Ma è questa, ora lo hanno riconosciuto anche le autirtà della montagna, anche se dopo più di mezzo secolo. Sul
"Noi dovevamo essere preparati all’ignoto. Nessuno ci aveva preceduti" Lino Lacedelli In questo 2009 infausto per la gente di montagna (il Broad Peak si è preso Cristina Castagna , il Langtang Lirung lo sloveno Tomaz Humar , per non dire dei tanti nomi sconosciuti ai più), se ne vanno anche le antiche leggende. Riccardo Cassin si è spento in una serena vecchiaia, a cent’anni compiuti, Achille Compagnoni ne aveva 94 quando se ne è andato per sempre, nel maggio scorso. Ora lassù lo ha raggiunto Lino Lacedelli , che con lui fu il primo a raggiungere la cima del K2, nel 1954. Un "eroe italiano", non per scelta, col suo carattere schivo e mai incline al protagonismo. Per necessità, semmai, di un’Italia che aveva bisogno di eroi. Che, uscita malconcia da una brutta guerra, ancora cercava grandi gesta e grandi uomini a cui aggrapparsi per uscire dal dolore, dai ricordi. Per lasciarsi tutto alle spalle. La televisione era arrivata il 3 gennaio di quell’anno, Lacedelli e C
Perché vivo, Perché vivo. Per la gamba ambrata di una donna bionda appoggiata al muro in pieno sole, per la vela gonfia di un battello del porto, per l’ombra delle tende, il caffè ghiacciato che si beve con la cannuccia, per toccare la sabbia, vedere il fondo dell’acqua che diventa così azzurro, che scende tanto in basso, con i pesci, i pesci tranquilli che pascolano sul fondo, che si librano sopra i capelli delle alghe come uccelli lenti, come uccelli azzurri. Perché vivo. Perché è bello Boris Vian
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