As time goes by...
Sarà questo bisogno di tornare a quei giorni lì, anche
per capire quello che sono diventato. Quando uscì per la prima volta, aveva la
copertina bianca, edizioni Erba Voglio, nate sulla scia della rivista il cui
canto del cigno arrivò poco dopo i fatti di marzo ’77. Coi libri andò avanti
ancora, fino all’82.
Sfogliai queste pagine e mi ci trovai dentro. Con tutti
gli angoli di Bologna che erano teatro quotidiano delle piccole banalità della
mia vita, i posti in cui progettavamo un mondo nuovo che poi non abbiamo mai
visto. Con un amore che assomigliava tanto al mio. Con le mille domande della
mia generazione, allineate con quello stile lì, che aveva un senso anche (e
proprio) dopo Kerouac.
Letto e riletto, poi letto ancora. Infine prestato, e mai
più tornato a casa. Succede sempre così.
Oggi l’ho ritrovato tra gli scaffali di una libreria che
assomiglia sempre più ad un centro slow-food. Inspiegabilmente, ero lì a
cercare libri, non bottiglie di vino bio o pasta fatta al torchio alla maniera
antica. Bompiani, adesso, ma c’è sempre
dentro la mia vita. I gradini di San Petronio la sera, le chitarre, il
ciclostile, osterie che adesso hanno ancora lo stesso nome, ma non gli stessi
profumi. E amori complicati, intimoriti, sbruffoni, ingigantiti, perduti. Amori
che se fallivano, chissà cosa saremmo stati capaci di fare, e invece siamo
ancora qua.
Ci sono io, lì in mezzo, mi riconosco ancora, anche se
non avevo nemmeno vent’anni. Forse perché sto cercando di tornare quello che
ero. Forse perché, un po’ alla volta, torno ad assomigliarmi.
Però stavolta non lo presto più. Al massimo, posso
leggerlo ad alta voce fingendo stupore e innocenza, che allora bisognava
sembrare tutti già cresciuti e non me la sono goduta, quella bella ignoranza.
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