Nelle terre di Felix Pedro
L’America a un’ora e mezzo da casa. Senza attraversare l’oceano, semplicemente seguendo la cadenza di qualche tornante d’Appennino. Da Rocca Corneta, spaziando con lo sguardo verso i Monti della Riva, il Cimone e il Corno alle Scale, scendi lungo i sentieri che portano sulla riva del Dardagna. Risali lungo questi boschi di frontiera tra due provincie, Bologna e Modena, e improvvisamente sei nel cuore dell’America. Quella dei pionieri, della leggenda. Alaska. Il paese si chiama Trignano, poche case sparse e la strada principale che si chiama via Fairbanks. Non a caso.
Questa è la terra di Felix Pedro. Che in realtà si chiamava Felice Pedroni, e qui era nato in località Le Teggie, ultimo di sei fratelli, nel 1858. La sua è una storia di avventura, di viaggio. Intrapresi per bisogno, in tempi in cui si partiva verso "la ‘Mmerica" immaginandola come in un sogno. C’era da sudare, laggiù. Ma Felice conosceva la voce della fatica. In questa terra così bella e selvatica, e allora così povera di occasioni e sostanza, la gente provava a tenersi stretta alle radici, ma alla fine doveva volare via. Felice se ne andò. Fece il bracciante, fece il minatore. Prima in Francia, da quando aveva ventitré anni. Poi nella Terra Promessa. Arrivò in Canada nel 1894, e un anno dopo si trasferì nello Yukon. Gli avevano parlato dell’oro facile. Ma lui sapeva che non c’è niente di facile, se non te lo guadagni. Sapeva soffrire, perché era un uomo dei monti e conosceva la miseria.
Visse solitario e analfabeta in quelle terre selvagge, proprio quelle che quasi un secolo dopo scatenarono la visionaria e creativa follia di Chris McCandless (o Alex Supertramp). Lavorò come sapeva: senza risparmio. E nel 1902 trovò quel che cercava: un filone d’oro nel fondo di un torrente ancora oggi inesaurito. Lo chiamarono Pedro Creek, in suo onore.
Visse solitario e analfabeta in quelle terre selvagge, proprio quelle che quasi un secolo dopo scatenarono la visionaria e creativa follia di Chris McCandless (o Alex Supertramp). Lavorò come sapeva: senza risparmio. E nel 1902 trovò quel che cercava: un filone d’oro nel fondo di un torrente ancora oggi inesaurito. Lo chiamarono Pedro Creek, in suo onore.
Felice diventò presidente del Distretto minerario di Fairbanks: la sede era la sua baracca, intorno nacque un villaggio che poco a poco divenne città, e poi città chiave di quell’Alaska che ancora oggi, in tempi di mondo a due passi, sembra una terra così lontana. Laggiù in America ne hanno fatto una leggenda, lo hanno raccontato nei libri di storia. Qui, l’abbiamo scoperto più tardi.
Anche il resto della sua storia è un romanzo. La nostalgia e l’amore lo riportarono, ricchissimo, alle radici. Nel 1906 si innamorò di Egle Zanetti, maestra di Lizzano che tutti chiamavano Adelina. Lei lo rifiutò, non senza esitazioni. Tornato in Alaska, Felix Pedro sposò Mary Ellen Doran, irlandese, donna da saloon. Incontentabile. Le regalò un ranch a Tacoma, stato di Washington. Lei non gli regalò tranquillità. Nel 1910, a 52 anni, Felix morì all’ospedale di Fairbanks e fu sepolto a Colma, nei pressi di San Francisco. Nel 1972 i suoi resti tornarono a casa. Oggi Felice Pedroni riposa nel cimitero di Fanano, dietro una modesta lapide. A Fairbanks, durante i "Golden Days", lo ricordano ogni anno. Da un po’ di tempo lo fanno anche qui, a Trignano. Sulla strada che entra in paese, c’è un monumento che avrebbe bisogno di una risistemata. Su una stele, il cappello a larghe falde di Felix Pedro, l’uomo che partì inseguendo un sogno. Che avvicinò l’Alaska all’Appennino.
Commenti
Altra notizia, se interessa a qualcuno: domenica 13 c'è il Felix Pedro Day a Trignano. Occasione per saperne di più
Ti preferivo quando eri più pane al pane e vino al vino. Anzi, citando Guccini, vin santo al vin santo. Come posso fare per seguirti?
Non commenti più?
Non è bello.
Ti informo che ho creato nu sito internet storico-turistico su Felice Pedroni
www.felicepedroni.it
A presto e un caro saluto
Massimo Turchi
Marco