Il secolo di Dorando



"Io non sono il vincitore della maratona. Invece, come dicono gli inglesi, io sono colui che ha vinto ed ha perso la vittoria"



Poco altro da aggiungere a una storia che è entrata nell'immaginario collettivo. Se non che davanti a quelle ottantamila persone Dorando, il garzone di pasticceria che aveva osato sfidare Pericle Pagliani qualche anno prima nella piazza di Carpi, aprì i cancelli della leggenda. E le si consegnò.
Se non che quel giorno, 24 luglio 1908, trascinandosi, cadendo, rialzandosi, Dorando Pietri cambiò le regole della corsa di lunga lena italiana, facendola brillare agli occhi del mondo.
Quello che fece dopo quella vittoria-non vittoria fu altrettanto epico. Le maratone al chiuso del Madison Square Garden e di altri palazzi d'America, vere imprese atletiche dipinte con i colori del circo, che incantavano le folle e che accelerarono il declino del suo cuore provato dagli sforzi.
Dorando, e poi Gelindo, giusto ottant'anni dopo. Maratoneti col gerundio. Dorando, Gelindo. Correndo.
E ancora Stefano, famiglia numerosa e di terra come la sua, così vicina alla sua, quasi un secolo dopo.
Pietri, Bordin, Baldini. 1908, 1988, 2004. Tre ori olimpici, meno uno. Quello che Dorando dovette restituire per la pietà di uno speaker e un giudice di gara che lo sollevarono appena verso il targuardo. Avendone in cambio una coppa d'oro dalla regina d'Inghilterra.
Oggi sono cent'anni da quella leggendaria corsa, da quell'entrata barcollante allo stadio di White City, da quell'epilogo drammatico.Oggi Carpi festeggia il suo figlio corridore, con una mostra di foto e documenti preziosi per la memoria e dedicandolgi, finalmente, un monumento tutto suo.
C'è anche un sito per il Centenario, http://www.dorandopietri.it/, e lì c'è tutto, storia e presente, emozioni e dettagli.
Oggi sono cent'anni giusti che Dorando vinse, perdendo, la sua sfida con la storia.

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