L'eredità di Giovannino


Molti dei cappotti russi distribuiti ai meno abbienti hanno una piccola toppa sul petto o sulla schiena. Una piccola toppa rotonda che chiude il buco attraverso il quale entrò una pallottola e uscì un’anima. Il mio cappotto ha una piccola toppa proprio in corrispondenza del cuore. Ed è ben cucita e di passo spesso, ma – dal forellino che copre – entra un sottile soffio d’aria gelida anche quando non c’è il vento e il sole è tiepido. E il cuore duole, trafitto da quello spillone di ghiaccio.
Diario Clandestino


Quei libri sono ancora tutti lì. Quelli grandi della Rizzoli, con la sovracopertina plasticata e i disegni colorati del Mondo Piccolo. Erano di mio padre, a fine anni Sessanta furono tra le mie prime letture. Dopo, alle medie, arrivò l’infatuazione per John Steinbeck e i suoi emarginati dell’America più polverosa, più ancora che per Hemingway. E per Cesare Pavese, e Gadda, e Pasolini (così lontano, così vicino…). E al liceo Kerouac, maestro di vedute e memoria, e Ferlinghetti, Corso che venne a Bologna a dormire di fronte alla mia tana (via Manfredi) e le lucide follie di Dino Campana e Emanuel Carnevali, Boris Vian e Dylan Thomas e James Joyce. Ancora, strada facendo. John Fante, Thom Jones ("Voglio vivere", così perfetto), Joe Lansdale, Cormac McCarthy. Tutto Simenon, d’accordo. E gli irlandesi, da Brendan Behan a William Trevor. Elenco incompleto, tutt’altro che organizzato.
Cresco, diciamo pure invecchio. E quei libri sono ancora tutti lì. Quando pà li portò con sé, avevo già comunque tutte le edizioni Bur con le storie del prete e del sindaco della Bassa, ma anche le cronache del diario clandestino, e il destino che si chiama Clotilde, e le storie di vita in famiglia. Quando pà ha voluto che li tenessi di nuovo, poco tempo fa, li ho messi tutti vicini: prime edizioni ed economici, in fila indiana.
Sono un mondo (piccolo?) che mi ricorda molte cose. Tempi mai vissuti ma più vicini, sentimentalmente, ai miei. Mio padre che arrivava sempre tardi la sera, mia madre che aspettava insieme a me. Una casa a Cervia dove andavo da piccolo, così piccolo da non capire che in quella lì accanto viveva uno scrittore-giornalista che aveva lasciato un segno tanto indelebile che tutti quelli (tanti) che avevano provato a cancellarlo non c’erano riusciti. Le sue parole, in un racconto, che ricordano una mamma vociante che ovviamente, in quel vicolo nascosto di mare, anch’io sentivo vociare. Una targa che è splendido ricordo, perché per tirare fuori qualche racconto dal cassetto ci voleva un "Premio Guareschi", nient’altro, e quando mi dissero che toccava a me fu un’emozione. Le immagini ancora nitide nella memoria della consegna del premio, con mio padre molto contenuto, come sempre, molto srammatizzante, come sempre, ma anche molto orgoglioso. Qualche carteggio con Albertino e Carlotta, che in quei giorni uscirono dalla carta dei libri per rivelarsi persone vere, di profondi sentimenti. Un amico con cui condividere la passione, in un mestiere dove avere amici veri sembrerebbe impossibile.

Quei libri sono ancora tutti lì. In fila. E dentro c’è un uomo che ogni giorno che passa viene riconosciuto un po’ di più nella sua grandezza. Al di là delle ideologie che incasellano, che appiccicano etichette, che sminuiscono perché quasi sempre fanno dimenticare i valori assoluti. Superato lo scoglio, si vede tutto con sguardo più sereno. Così, lui ora probabilmente sorride, da lassù, di quelli che l’avevano dimenticato in fretta.
Giovannino Guareschi nacque esattamente cent’anni fa. Domani saranno quarant’anni che se ne è andato. Ancora muove la nostalgia e il ricordo di tanti, che parlandone e pensandolo lo rendono immortale.
Ricordandolo, ricordo mio padre, mia madre, la mia infanzia, le mie prime curiosità. Lo ringrazio per questo regalo.

Commenti

Anonimo ha detto…
Era ora
Anonimo ha detto…
Che regalo, prima di andare in vacanza
Anonimo ha detto…
Il Tarozzi formato Mondo Piccolo. Quello che preferiamo. E adesso sotto con le storie di Sgummo
Anonimo ha detto…
Commenti a raffica, vedo. Segno che il Tarocci ancora una volta ha colto nel segno. Bravo. Altro che le Caronnate
Anonimo ha detto…
A proposito, tu ti sei mai iscritto al Club dei Ventitré? Il costo della tessera è praticamente irrisorio, 26 euro (per tutto l'anno).
Potresti regalarla a Sgummo e fare di lui il guareschiano più giovane d'Italia
Anonimo ha detto…
I ricordi sono belli e sacrosanti. Ma è giusto che tu trasmetta un po' di tutto questo, tanto alla signora, donna Elisa, quanto all'erede, il prode Sgummo
Anonimo ha detto…
Suggerisco, a chi ama Guareschi e non è particolarmente aggiornato, l'uscita degli ultime tre volumi.
Il primo è di Alessandro Gnocchi (ha già scritto almeno un paio di volumi su GG ed è preparatissimo, ancorché tifoso interista) e Mario Palmaro: Giovannino Guareschi, c'era una volta il padre di Don Camillo e Peppone, scritto appunto a quattro mani per Piemme. Il secondo è una corposa opera di Guido Conti: Giovannino Guareschi, biografia di uno scrittore, di Rizzoli.
Se volete il Giovannino in prima persona, ecco, invece Guareschi, il grande diario Giovannino Guareschi del Lager 1943-1945, di Rizzoli con introduzione di Giampaolo Pansa. Se avete un po' di tempo e la voglia di fare una scampagnata, invece, c'è la sede dell'Archivio Guareschi a Roncole Verdi, a dieci metri dalla casa natale di Giuseppe Verdi. A luglio è chiuso, ma dall'inizio di agosto Albertino e la Pasionaria (Carlotta) riprenderanno il loro posto di combattimento per assistere studenti (impegnati con tesi di laurea) e semplici appassionati. Sono gentili e disponibili, anche se uno non ha vinto il premio Guareschi (Tarozzi ha dimenticato di dire che oltre a vincerlo, nel 1997, s'era piazzato sul podio l'anno prima)

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