Commiato
(da
un figlio venuto su strano)
Prima ti hanno tolto l’orologio.
Ma ormai non ti importava del tempo.
Poi ti hanno spento il cellulare.
Non dovevi più chiamare nessuno.
Poi hanno abbassato le tapparelle.
Dicevano che entrava troppa luce,
che era giugno, era troppo caldo,
ma chissà
forse avevi ancora voglia
di immaginare il sole fuori.
Era tutto lì, dentro al cassetto.
Pensavo che poco alla volta
ti avrei rimesso l’orologio
ti avrei riacceso il cellulare
ti avrei riportato al mare.
Non avevo fatto i calcoli
con la stanchezza:
Che ormai avevi visto tutto
e niente avrebbe più avuto
lo stesso profumo
lo stesso sapore
i colori che volevi.
Ricordo che ho pensato
è così che ci si spegne, cazzo.
In silenzio, con le giornate
che si allungano
e non capisci più che ora è
e nessuno ti fa una chiamata
e tutto diventa
interminabile.
E ricordo che ho capito
che andarsene è una faccenda
semplice e complicata.
O forse
non l’ho capito in quei momenti
ma mi torna in mente adesso
e tutto si spiega
senza troppe parole.
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