Stazioni




 

Io non li ho mai capiti, i treni.
Ti portano via lontano, attraversano la campagna di notte, guardi dal finestrino  e non riesci mai a capire dove sei.
Ne ho presi tanti, di treni. Credevo anche di sapere la destinazione, quando salivo. Poi arrivavo e le stazioni erano tutte uguali. E la vita era sempre da un’altra parte.
Ho lasciato tante finestre aperte. Cose da fare, cose fatte male, cose rimandate. Ma una cosa l’ho capita: nessuna stazione ti aspetta per davvero. Cerchi un approdo, lo senti vicino, proprio dietro l’angolo; arrivi, ti fermi, ti guardi intorno e capisci che era un miraggio. Ed è già il momento di ripartire. Perché l’approdo non c’è, non ci sarà mai. E se ti sei portato dietro tutto quello che hai, i sentimenti e le passioni, la sincerità e quella strana cosa chiamata amore, ti ritrovi a rimettere tutto insieme alla rinfusa perché è già ora di rimettersi in viaggio. Non aspettano, i treni, e non hanno compassione. Così, in quei momenti di confusione, di dolore che spiazza, lasci ogni volta qualcosa in giro, qualcosa che hai perso per sempre.
Io non li ho mai capiti, i treni. Forse perché ho sbagliato nel cercare di capirli.
Loro fanno il loro mestiere. Sono lì per portarti via e basta.


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