Lingua straniera
Davvero vorrei staccare le medaglie.
Fare piazza pulita di tutti questi piccoli,
inutili trofei. Che so, riciclarli,
farci carta da pacchi, da cesso
- se non è troppo ruvida -,
sai, tipo
“diciottorotolisolomillelire”,
se sei della generazione
a cui passava il furgoncino sotto casa
alle otto di mattina.
Sbagli se pensi che sia invidia,
non so vivere di likes e a dirla tutta
nemmeno di calcoli o conti in banca.
Mi fa soltanto rabbia questo spreco
di parole sputate controvento,
questa banalità che si traveste
da emozione. Tutti questi poeti
che raddrizzano vite irrisolte
- tu puoi, tu sei, tu tu tu,
nella tua unicità -.
E ci credono, eccome,
loro e chi li idolatra,
e si specchiano leggendo
frasi appena appena passabili
per le veline dei cioccolatini.
Tutti a scrivere e recitare,
i poeti della Pensione Sorriso.
Intanto la poesia appassisce
nel ripostiglio più buio. Aspetta
che anche le nostre vite, i nostri
entusiasmi da apericena,
le nostre emozioni usa-e-getta
finiscano lì dentro. Allora potremo
riprendere ad ascoltarla,
la cosa chiamata poesia,
ma senza più nessuna chiave
per aprire la porta.
Insomma, nessuna occasione
per capirla.
(mt)
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