Nel vento
Devo averne ancora uno in cantina.
Il nonno mi portava alla spiaggia grande
e io lo liberavo nel cielo. Piccolo io e piccolo anche lui,
taglio secco di plastica arancione,
un rombo squinternato,
una coda di nylon azzurro sbiadita.
Poca cosa, ma volava,
accidenti se volava, e io
davo filo e ancora filo ai sogni,
immaginavo di essere lassù
a scrutare l’orizzonte,
immaginavo che stavolta
là in fondo avrei visto arrivare
la Giulia di mio padre,
e che poi mi avrebbe portato in giro
ad ascoltare la musica buttata dentro
al mangiadischi rosso.
Deve esserci ancora, da qualche parte.
Non butto mai niente, lo so,
è un’abitudine stupida
perché poi tutto scolorisce,
e anche gli oggetti fanno la fine
delle passioni, e rivederli
non è mai un bello spettacolo.
Ma giuro, stavolta
- avesse perso anche tutto il colore -
lo faccio salire altissimo, e quando arrivo
alla fine del filo, mollo la presa,
lo lascio andare libero, e stavolta immagino
di essere là sopra, di volare sul mare
fino a chissà quale isola,
o forse lo so,
di ritrovare il ritmo e l’equilibrio
in ogni respiro
in ogni suono
in ogni momento, compresi tutti quelli
che ho lasciato in giro
negli angoli di una vita.
(mt)
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