Le tastiere del Civ
Nel secondo che pubblicai, fece di più. Siccome parlava di tanti campioni bolognesi del passato, pensai che una sua prefazione sarebbe stata perfetta. Me la regalò, fu un grande regalo. Me la consegnò alla nostra maniera: edicola all’angolo di piazza Azzarita, foglio scritto a mano. Anzi, due. Dentro, parole di stima che mi commossero.
Il Civ le ha passate tutte. Persino la “rivoluzione” dei computer, quando da Roma ci rifilarono il sistema Atex, già obsoleto sul nascere, i cui pezzi di ricambio si trovavano probabilmente solo a Porta Portese. Il Civ picchiava sui tasti che lo sentivo da tre stanze più in là, come se quelle macchinette fossero vecchie Olivetti, e infatti ogni due settimane mi portava una tastiera da rispedire a Roma, finché laggiù non decisero che poteva bastare, lui e solo lui poteva rimettersi a scrivere a macchina, che poi qualcuno avrebbe riscritto ma intanto quel giro di computer da rappezzare si sarebbe fermato. Mi resta ancora il dubbio che se la fosse studiata…
Il Civ mi ha regalato molte cose. La voglia di scrivere, prima di tutto, una roba che fai per te stesso, certo, ma se mentre la fai pensi anche al piacere di chi deve poi leggerla, hai già raggiunto un bell’obiettivo. Mi ha insegnato a coltivare la memoria, che è il bene più prezioso di cui fare tesoro. Mi ha insegnato che dietro a un carattere burbero, a volte scostante, fondamentalmente solitario e malinconico, si può nascondere una persona generosa e leale, sincera e poco incline ai compromessi. Mi ha trasmesso, insieme ad altri fantastici maestri, il piacere di stendere le parole in fila, cercando di dar loro una brillantezza, un guizzo, una fiammata capace di renderle diverse ogni volta, anche quando capita che si ripetano. Perché il vocabolario è limitato, ma la creatività non ha confini.
Il Civ lo chiamavamo tutti “maestro”, e lui sapeva che non era un modo per tagliare corto e allontanarsi. Era spigoloso da vivere, dicono, ma era un generoso per chi non si ferma alla superficie. Ed era bello, magnifico da leggere. Mai banale, sempre nuovo ogni giorno. Mi mancano da tempo quelle botte che tirava sulla tastiera del computer. Fino a ieri pensavo fosse solo perché mi ricordavano la mia gioventù. E’ altro: mi ricordano il posto dove ho imparato un mestiere, accanto a giornalisti veri. Giornalisti dentro, cercatori di storie. Gente come il Civ. Che stavolta ha staccato le medaglie davvero, non ci sorprenderà più. Ma intanto, ci resta addosso per sempre.
Commenti
Uber
Che bella cosa ritrovare un vecchio amico. E per giunta qui, su un piccolo diario che è pubblico soltanto perché i tempi sono cambiati, e in qualche modo ti succede di mettere in vetrina anche la tua quotidianità.
E' proprio per questo che mi accorgo solo ora del tuo commento. Perché qui sopra, in fondo, scrivo non tanto con la speranza di essere letto, ma per liberare tutto quello che sta chiuso dentro, farne una specie di barchetta di carta e liberarlo nell'oceano delle parole, delle notizie, dei sogni e dei bisogni del mondo.
Poi, capita che qualcuno ci finisca sopra, a queste righe. Magari un vecchio amico che non sentivi da una vita. Allora pensi che sì, da oggi quando scriverai due righe penserai anche a lui, a raccontargli qualcosa, un modo per sentirsi ancora vicini. Come quando, dicevano i nonni, "saltavamo i fossi per la lunga"...
Spero di incontrarti, magari non solo qui, anche da qualche parte in giro per questo nostro paesone così cambiato, così maledettamente uguale a sé stesso.
Ti abbraccio, buon anno e lunga vita.
Marco