Ricordando il professor Pausch
Un anno (e due giorni) che se ne è andato Randy Pausch. Era nato nel 1960, come me. Ottobre 1960. Magari qualcuno se l’è dimenticato: è quel professore di informatica (insegnava all’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania) che più o meno un anno prima di morire, sapendo bene che il momento si stava avvicinando, organizzò una lezione alla Carnegie Mellon University e per circa un’ora parlò ai suoi studenti di futuro, di sogni, di prospettive. Di vita e non di morte. Meglio: del senso della vita.
Mi segnai qualcuna delle sue frasi. Le presi dai giornali che parlarono molto di lui in quei giorni. Cose come: “Quando fai qualcosa di sbagliato e nessuno si prende la briga di dirtelo, significa che è meglio cambiare aria. Chi ti critica lo fa perché ti ama e ti ha a cuore”. Di questi tempi, la sento molto mia.
E ancora: “Non perdete mai la capacità di stupirsi tipica dei bambini. È troppo importante. È quella a spingerci ad andare avanti, ad aiutare gli altri”. E la più secca, tagliente, perfetta: “Non lamentatevi. Lavorate più duramente. Non cedete. L’oro migliore è quello che giace in fondo ai barili di merda”.
Non le ho buttate, quelle frasi. So che poi nella vita c’è altro (lo vivo sulla mia pelle, ultimamente). Non sempre la fortuna aiuta gli audaci, non so se funziona sempre come disse quel giorno Pausch: “La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l’opportunità”. Ho visto troppe persone preparate lottare per ritagliarsi opportunità mai arrivate. Ma quel giorno (era il 18 settembre 2007), Pausch fu ironico, divertente, allegro, convincente. Tutto quello che non ti aspetti da uno che sta per andarsene. E non dimentico il titolo della sua “ultima lezione”: “Realizzate i vostri sogni d’infanzia”.
Oggi ho un figlio di un anno, che mi aiuta a riaccendere quei sogni, e la memoria di un’infanzia in bianco e nero. Oggi penso che comunque bisognerebbe affrontare la vita come Randy Pausch. E respirarla fino in fondo, qualunque cosa ci sia dietro l’angolo.
Mi segnai qualcuna delle sue frasi. Le presi dai giornali che parlarono molto di lui in quei giorni. Cose come: “Quando fai qualcosa di sbagliato e nessuno si prende la briga di dirtelo, significa che è meglio cambiare aria. Chi ti critica lo fa perché ti ama e ti ha a cuore”. Di questi tempi, la sento molto mia.
E ancora: “Non perdete mai la capacità di stupirsi tipica dei bambini. È troppo importante. È quella a spingerci ad andare avanti, ad aiutare gli altri”. E la più secca, tagliente, perfetta: “Non lamentatevi. Lavorate più duramente. Non cedete. L’oro migliore è quello che giace in fondo ai barili di merda”.
Non le ho buttate, quelle frasi. So che poi nella vita c’è altro (lo vivo sulla mia pelle, ultimamente). Non sempre la fortuna aiuta gli audaci, non so se funziona sempre come disse quel giorno Pausch: “La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l’opportunità”. Ho visto troppe persone preparate lottare per ritagliarsi opportunità mai arrivate. Ma quel giorno (era il 18 settembre 2007), Pausch fu ironico, divertente, allegro, convincente. Tutto quello che non ti aspetti da uno che sta per andarsene. E non dimentico il titolo della sua “ultima lezione”: “Realizzate i vostri sogni d’infanzia”.
Oggi ho un figlio di un anno, che mi aiuta a riaccendere quei sogni, e la memoria di un’infanzia in bianco e nero. Oggi penso che comunque bisognerebbe affrontare la vita come Randy Pausch. E respirarla fino in fondo, qualunque cosa ci sia dietro l’angolo.
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Ciao
FabP