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Delle tue brame

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  E alla fine, guardati. Ti commuovi ascoltando canzoni scritte male da altri, ti affascina un poeta da social che ruba frasi ad effetto dagli involucri dei cioccolatini e si nasconde dietro a un soprannome che qualcuno ha portato addosso molto meglio di lui. Ma basta che ti dica che sei unica e speciale, che spacci per sensibilità tutti i tuoi fallimenti. Ma sì, continua a guardarti. Che cancelli senza rimorsi e non   conosci più gesti civili come un saluto, un sorriso. Che sei madre senza merito e ancora non hai imparato il mestiere, e consegni pacchi come figlie, figlie come pacchi, abbagliata dalla luce gelida di un cellulare. Ecco lo specchio, guardati. Prima o poi doveva succedere di incrociarne uno, che ti sbattesse in faccia tutta quella arrogante inadeguatezza.

Ciao, runner

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  Un bel paradosso. Ci sarebbe da festeggiare il mezzo secolo di corsa. Era il 1975, mi attaccai il numero per gioco alla gara su strada del “Grattacielo”, a due passi da casa mia. Riuscii a correre tredici chilometri, senza nemmeno un metro di passo, e la cosa mi sorprese. Fu la scintilla. Da lì, sono venuti gli anni migliori: cinque anni dopo, quella gara la vincevo e il premio era una “crosta” spacciata per quadro d’autore, ma l’orgoglio era poter uscire finalmente di casa senza essere considerato “quel pazzo che corre tutti i giorni”. Erano altri tempi, “fitness” e “wellness” erano parole piuttosto sconosciute. C’è stato il tempo dei primati personali, il “muro dei quindici” nei 5000 metri, le trasferte per capire un po’ della vita fuori. E poi le altre ipotesi di me: il triathleta, l’amatore evoluto, quello semplicemente soddisfatto di correre per sentirsi libero, senza più cronometri, cardiofrequenzimetri, tabelle e schede. Adesso finisce tutto. In un anno, i nodi sono ...

Demoni

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  Mettili tutti in fila. Sfidali. Falli ballare. Falli ridere. Offrigli qualcosa di forte da condividere. Fatteli amici per quanto possibile. Aspettali. Prova a comprenderli, in fondo recitano una parte, proprio come te. Pensa alla fatica, tirarsi su ogni notte per riempire di contenuti i tuoi incubi. Scacciali. Dimenticali. Schiodali dal muro Prendili a calci. E poi aspettali, tanto dovresti saperlo che il loro mestiere è ritornare. Allora sii accogliente, lasciati travolgere, tanto lo sai che vinceranno loro, che hanno già vinto. Devi solo decidere quando fermare il gioco. Puoi tirarla lunga, un po' come adesso. Puoi riportarti a casa il pallone. Solito risultato. Ma in fondo che ti frega? Resti sempre un adorabile perdente. (mt)

Remake

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  Credimi a volte ripenso al tuo vivere di fretta a quell’avvinghiarsi a storie che non sono le tue. Come una farfalla cieca che sbatte le ali rinchiusa in una scatola di latta e persino il rumore è una pena. Uno ti ha fatto sentire meno sola e straniera in quel buco di periferia a due passi dal ponte. Uno ti ha dato certezza di ciò che non sei, ricchezze che forse non meriti, figli da trasportare per la città, pacchi da consegnare in fretta a una scuola, a un’altra casa, a un’idea di amore. Uno ti ha liberata dalle catene della mente prima che decidessi di trovarne di nuove. E amavi tanto quel sogno che l’hai buttato senza dolore. Uno chissà, ti ha ascoltata ti ascolta e un giorno si stancherà di ascoltare. Come dice chi è saggio, sai, il tempo rimette sempre le cose a posto. Credimi a volte ripenso che non hai fatto gran che per essere te, per non essere la sceneggiatura banale di un film visto mille volte e forse meglio di così.

Terreno sdrucciolevole

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  Ma non mi riuscirà più una corsa così perfetta e allora, che senso ha invischiarsi nei ricordi? Le foto a colori sono una ogni cinque in bianconero, e questo dovrebbe pur dire qualcosa. Il futuro è passi trascinati, un bastone possibilmente figo - il dandy si crede trendy ma è poi solo più vecchio - un motore che tossisce, un percorso facilitato e la monotonia dei diecimila passi quotidiani che tolgono il medico di torno quasi più delle mele. Non ho tempo di voltarmi, di contare i caduti, di perdere storia e radici. Mi stanca stare in piedi a sentire omelìe e quando sarà voglio il ritmo di zio Marvin, un po’ di eleganza, magari le parole di Nino e il cuore di Ti Jean e niente applausi, che non sarà una fottuta festa, credete che non mi roderà il culo? Piuttosto allontanatevi in silenzio, date un paio di tirate di sigaro, fermatevi alla prima osteria -se ancora ce ne saranno - respirate profondamente e quando arrivate a casa date una carezza ...

Quanto ai poeti

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  Quanto ai poeti, i poeti della Terra che scrivono poesie brevi, non hanno bisogno dell'aiuto dell'uomo. I poeti dell'Aria mettono in scena le bufere più veloci e a volte ciondolano nei vortici. Poesia dopo poesia, arrotolandosi nella loro stessa forza. A meno cinquanta gradi il carburante non scorre e il propano rimane all'interno del serbatoio. I poeti del Fuoco si incendiano allo zero assoluto, amore fossile che torna a scaturire. Il primo poeta dell'Acqua è rimasto sommerso per sei anni. Coperto di alghe. La vita nella sua poesia ha lasciato milioni di impronte minuscole e diverse, tracce incrociate nel fango. Con il Sole e la Luna nel suo grembo, il poeta dello Spazio dorme. Il cielo non ha fine ma le sue poesie, volano oltre il limite come oche selvatiche. Un poeta della Mente resta a casa. La casa è vuota e non ha muri. La poesia si vede da ogni parte in qualunque posto, immediatamente. Gary Snyder “Turtle Island”, 1974

Verso dove

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  A salvarmi dal dolore. A salvarmi dalle voragini. A salvarmi dal niente intorno. A salvarmi dalle diagnosi. A salvarmi dalle recidive. A salvarmi dai luminari e dalle loro parcelle. A salvarmi dalla fottuta paura. A salvarmi dalla guerra. A salvarmi dagli opinionisti. A salvarmi dalle immagini della tv. A salvarmi da chi non ha rimorsi. A salvarmi da chi dimentica. A salvarmi dalla gente brutta. A salvarmi da quella appena appena accettabile. A salvarmi da chi finge di sorprendersi. A salvarmi da chi finge di spaventarsi. A salvarmi da chi affonda il coltello. A salvarmi da chi lo fa a tradimento. A salvarmi dagli psicolabili. A salvarmi dagli irrisolti. A salvarmi dal tempo buttato via. A salvarmi da ogni tipo di anestetico. A salvarmi da chi legge poeti improponibili. A salvarmi da chi li frequenta. A salvarmi da chi scrive undici poesie al giorno. A salvarmi da chi misura la poesia in likes. A salvarmi dalla brutta musica. A salvarmi soprattutto dalla mia. A salvarmi dal pross...

Ubriacatevi

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  Bisogna essere sempre ubriachi. Tutto sta in questo: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del tempo. Del tempo che vi spezza la schiena vi inclina verso la terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. Ma ubriacatevi. E se qualche volta sui gradini di un palazzo, sull’erba verde del fossato, nella mesta solitudine della vostra camera, vi risvegliate con l’ubriachezza diminuita o scomparsa, domandate al vento all’onda alla stella all’uccello all’orologio a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, domandate che ora è Il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno “Ora di ubriacarsi!" Per non essere gli schiavi martirizzati del tempo ubriacatevi. Ubriacatevi senza smettere! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. (Charles Baudelaire)

Anno nuovo

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  Un poeta vive sotto i ponti vive sotto le bombe vive a stento e di stenti e viaggia ogni giorno e quasi ogni notte e lo fa a piedi se proprio non ha in tasca biglietti per il flixbus, né soldi per comprarli e quando i piedi si gonfiano si ferma su un prato e viaggia aprendo la scatola dei sogni ed è così che impara le vite degli altri, divorando chilometri. Un poeta ha la sua isola del cuore il suo lampione preferito i suoi benedetti angoli di noia e alza la voce quando vede un barcone che naufraga un bambino che trema di freddo nell’inferno della guerra un vecchio che ha dimenticato il nome dei figli E alza la voce anche quando quella voce è sussurro tra mille sguardi che sfiorano senza fermarsi Ma poi a volte succede quello che ci piace chiamare magìa - un’anima che frena, accosta e allora nasce un poeta da un vecchio poeta, e il mondo è appena appena meno povero - E forse è tutto qui il senso di questo trascinare la vita di questo fret...

Natale e poi

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  Mi arrivano messaggi su messaggi e foto di famiglie sorridenti e dicono okay, lo sappiamo che anno di merda abbiamo passato ma tutto sarà migliore, e usano quella parola, “resilienza”, che vorrei tapparmi in casa ogni volta che la sento, ma mi insegue, mi raggiungerebbe anche nel caveau della banca centrale. E sono tutti felici e contenti azzannano panettoni, sputano canditi attenti a non farsi notare, hanno vite monotone e ne parlano per ore e ore e ore con orgoglio e si arrampicano su mille specchi per dimostrare tutto quel senso di vuoto, mentre a me basterebbe qualche frase, un sorriso, basterebbero gesti semplici, un silenzio da riempire, un porto nascosto, il mare sempre a portata di sguardo, per regalarmi la festa che va più in là miglia e miglia più in là di qualunque Natale.

Le ragioni di Jack

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  E sì, aveva mille ragioni il vecchio Ti Jean, barcollando e gridando che tutto è vanità, che il dolore che prende ossa cuore cervello ben oltre il giro di boa della vita è più vasto di ogni speranza, ogni scelta politica, ogni sogno di cambiamento -e poi anche Allen aveva capito ma troppo tardi, troppo distante, più nulla da fare- Aveva ragione come sempre il santo bevitore soffocato dal fumo e da strani compagni di sbronze, dozzinali anime di periferia, sparando cazzate e palle da biliardo in quel bar puzzolente, in quel posto in culo al mondo, a meno di un miglio di cammino da spiagge bianche sull'oceano che non brillavano più, perso nel buio della notte nel vuoto paradosso di una San Pietroburgo americana È così, sacrificando tutte le parole, tutta quell'arte, amando la vita gettandola via, che il vecchio Ti Jean ha fissato l'ultima vera verità. Che tutto corre troppo in fretta, allora ogni volta, proprio sull'uscio di casa, con...

Inutilmente

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Che non c’è tempo che cancelli un male senza ragione un male dato di fretta un male sporco Che non c’è volto capace di nascondersi anche se ha gettato il pugnale nel buco più profondo nel cuore della notte nel fango del suo vivere Che non c’è tempo che cancelli i gesti perfidi le labbra sottili che non hanno parole da condividere gli occhi che fingono le mani che rubano Che non c’è vita in certe anime morte anche quando credono di essere uscite indenni dallo scampato pericolo di mostrarsi sincere di avere ancora occasioni da spendere  

B'Day

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  Dice il motivatore che essere felice non significa che tutto intorno è perfetto, che semplicemente hai deciso di non soffermarti sulle imperfezioni. Ora, si sa come la penso sui motivatori in genere, ma in fondo anche io ho speso la vita a scrivere e insomma, ci sono tanti modi per sbarcare il lunario. Ma questo, accidenti, devo dire che quasi mi trova d’accordo. Quell’atteggiamento, voglio dire, personalmente mi terrorizza, preferirei vedere una scintilla di onestà in certi occhi sfuggenti. Ma riconosco che aiuta a sopravvivere alla meno peggio. Prendi te, per esempio. Cosa c’è mai da festeggiare, oggi? Il tempo che passa, che ti invecchia, ti rende più goffa nell’incedere, più falsa che mai nei sorrisi. Galleggi nella tua banalità, però convinta di avere dentro qualcosa, un talento forse, quanto meno un’anima speciale. Insomma, spegni altre candele della festa su tutto questo mentire agli altri, a te stessa. Farà forse bene anestetizzare i sentimenti, spegnersi con l...

Solitudine beata

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  Un poeta è un cieco ottimista. Il mondo è contro di lui per molte ragioni. Ma il poeta persiste. Lui crede di essere sulla strada giusta, non importa cosa dicono i suoi simili. Nella sua eterna ricerca della verità, il poeta è solo. Cerca di essere senza tempo in una società costruita sul tempo. Jack Kerouac