Ancora in viaggio
Ci pensavo l’altra mattina, mentre passeggiavamo tra i
murales del Dumbo. Lo sai che l’anno prossimo è una specie di anniversario?
Mezzo secolo che ci conosciamo, pensa te. Roba importante.
Ma non è solo questione di conoscersi. Quelli là erano gli anni della nostra meraviglia,
della conoscenza e dello stupore. Le scorribande ragionate, che alla fine tu
tornavi all’ultimo piano di Mascarella, tornavi ogni volta a casa, come Jack;
io andavo a perdermi nel silenzio di via Manfredi, dove mi aspettava Boranga,
il funambolico gatto nero, e forse dei due ero Neal. Quegli anni coloratissimi
li abbiamo attraversati insieme, eravamo lì quando qualcuno li ha coperti con
qualche secchiata di vernice grigia. Spararono a Francesco proprio a venti
metri dal portone di casa tua, e poi divennero anni di una strana
rassegnazione.
Non è solo questione di conoscersi. E’ un cine d’essai in via del Pratello, col
film in ungherese sottotitolato in tedesco, con un disperato in mezzo alla sala
che corre dietro alle frasi cercando di tradurle, ma ogni tanto allarga le
braccia sconsolato. E’ la piazza bella piazza con i suoi gradoni, le chitarre,
l’armonica di Andy J, la voglia di cambiare il mondo senza sapere da dove si
parte, né se ci sia un punto di arrivo. E’ una lambretta assassina in
Garfagnana, che taglia la strada distratta e noi siamo lì, mentre il vetro va
in mille pezzi, a chiederci cosa succederà. E’ un domino di concerti e sale di
lettura, di nuovi creativi che adesso, guardali lì, sono diventati vecchi
tromboni. La maggior parte, almeno. E’ una commedia di Pinter nel teatro in San
Vitale, che quando si accende la luce non è mica tanto chiaro se era un atto
unico o ci sarà il secondo. E’ la tua chitarra e la mia armonica. E’ tutta la
fila dei nostri vecchi compagni di strada: Ti-Jean, Hank, Jack London, Brendan
Behan, e ancora Evtushenko che stava giù a Castelporziano con Allen, e Gregory
che invece sbucò dal portone di fronte a casa mia e non ci volevamo credere. E’
la mia Underwood mescolata alla tua Olivetti. E’ “Il corpo a me simile”,
ricordi? E’ la vecchia gag di Paul Newman e Robert Redford: chissà perché, che
non sono nemmeno biondo.
Amico, pare che il tempo sia passato veloce. Ma i ricordi sono ancora tutti
qua. E basta qualche ora passata insieme per ripartire da dove eravamo rimasti,
tenendo stretto quel filo che ci unisce. Sempre.
Tra un anno faremo una festa memorabile. Intanto resistiamo. Abbiamo sempre un
nostro perché, in fondo.
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