Una parola


Ho fatto un gioco oggi.
Scrivevo una parola
e la cancellavo
subito
per non lasciarla uscire
perché restasse nascosta
tra le pieghe
della mente.
Scrivevo una parola
senza vergogna
ma non l’ho fatta uscire
perché a questo mondo
non c’è solo la vergogna
con cui misurarsi.
Scrivevo una parola
e dentro c’erano occhi diversi
qualcuno che capiva
anche senza che uscisse
Così è stato facile
tenerla lì
scriverla e cancellarla
altro che le x e le y
delle vecchie Olivetti
che se guardavi in controluce
saltava fuori tutto.
Ho fatto un gioco oggi
Scrivevo una parola
e mi sentivo speciale
a tenerla dentro
per un minuto
per un’ora
per una vita o chissà.
Un gioco complicato
- piuttosto stupido -
di quelli che ti prendono
e quando smetti
ti resta addosso
(o dentro)
una specie di affanno
una voglia
di dimenticarla lì
sotto gli occhi di tutti.

(MT, 2018)

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