Chicco
Domani sera
avremo l’ennesima dimostrazione di cosa significhi lasciare il segno. Restare
nel cuore della gente, nonostante il tempo che scorre, e troppo spesso corre.
Perché sono sedici anni che Chicco Ravaglia se ne è andato, in una notte
assurda che doveva essere di festa e si trasformò in tragedia dopo
quell’incontro maledetto col destino. Sedici anni, eppure Chicco è qui, nei
nostri cuori e nei nostri pensieri, perché nei suoi ventitré splendidi anni di
vita aveva saputo dispensare affetto, serenità, amicizia, passione, gioia,
entusiasmo. E chi lo ha conosciuto, chi lo ha amato, chi lo ha semplicemente
incrociato in quelle giornate di basket e di vita, si è tenuto dentro un po’
del suo sorriso.
Sedici anni dopo, il calendario ha messo insieme una partita che è ricordo e coincidenza: la sua Virtus contro Cantù, la sua ultima squadra, quella dell’ultima recita, e un luogo in cui, ancora una volta, Enrico aveva saputo conquistare l’affetto della gente. Domani sera sarà il 23 dicembre, e Chicco è volato via nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, sedici anni fa.
Forse anche il destino, che gli fece lo scherzo più atroce, si sente in colpa e si muove per perpetrarne il ricordo, aggiungendo suggestione coi suoi incroci imprevedibili. Per scusarsi di quel Natale che Chicco non fece in tempo a festeggiare, di tutto il tempo rubato dopo, di tutto il vuoto a cui ha costretto chi gli voleva e ancora gli vuole bene.
Domani sera mamma Morena e papà Bob saranno alla Unipol Arena, vicini alla Virtus come sempre. E a loro andrà l’applauso e l’abbraccio di due tifoserie che nel suo nome, per un tempo breve che sembrerà infinito, lasceranno da parte la rivalità sportiva. I Forever Boys e gli Eagles si stringeranno intorno alla famiglia Ravaglia, come tutto il popolo bianconero, come tutta la Virtus, la casa sportiva dove era cresciuto e sbocciato. E insieme, ognuno a suo modo, urleranno il suo nome. Come un richiamo.
Sedici anni dopo, il calendario ha messo insieme una partita che è ricordo e coincidenza: la sua Virtus contro Cantù, la sua ultima squadra, quella dell’ultima recita, e un luogo in cui, ancora una volta, Enrico aveva saputo conquistare l’affetto della gente. Domani sera sarà il 23 dicembre, e Chicco è volato via nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, sedici anni fa.
Forse anche il destino, che gli fece lo scherzo più atroce, si sente in colpa e si muove per perpetrarne il ricordo, aggiungendo suggestione coi suoi incroci imprevedibili. Per scusarsi di quel Natale che Chicco non fece in tempo a festeggiare, di tutto il tempo rubato dopo, di tutto il vuoto a cui ha costretto chi gli voleva e ancora gli vuole bene.
Domani sera mamma Morena e papà Bob saranno alla Unipol Arena, vicini alla Virtus come sempre. E a loro andrà l’applauso e l’abbraccio di due tifoserie che nel suo nome, per un tempo breve che sembrerà infinito, lasceranno da parte la rivalità sportiva. I Forever Boys e gli Eagles si stringeranno intorno alla famiglia Ravaglia, come tutto il popolo bianconero, come tutta la Virtus, la casa sportiva dove era cresciuto e sbocciato. E insieme, ognuno a suo modo, urleranno il suo nome. Come un richiamo.
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